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La Juventus domina il calcio italiano dalla stagione 2011-2012, anno in cui riuscì a strappare lo scudetto dalle maglie del Milan. Otto anni di dominio assoluto senza aver mai davvero rischiato di perderlo perché la concorrenza non è stata all’altezza, nonostante le centinaia di milioni di euro spesi sul mercato.

Consideriamo soltanto le spese per gli acquisti perché se è vero che una delle abilità di un direttore sportivo è quella di tenere i conti in equilibrio, è anche vero che l’obiettivo numero 1 dovrebbe essere quello di migliorare la competitività con i soldi che si possono spendere. Per intenderci, se la Roma vende Salah, Nainggolan, Strootman, Rudiger, Alisson, Pjanic ecc. ha una quantità di denaro con cui può acquistare altri giocatori altrettanto o anche più forti. Se invece sceglie giocatori meno performanti, allora la discriminante è il “come” si acquista. Insomma, spendere tanto non significa spendere bene.

JUVENTUS: Il primo anno è quella che ha speso di più. Era una Juve che veniva dai settimi posti e che voleva rilanciarsi chiamando una bandiera come Antonio Conte alla guida. Perché non fecero altrettanto anche le altre? Il Milan era il campione in carica, l’Inter doveva reinventarsi dopo il Triplete, idem la Roma che era stata l’unica avversaria dei nerazzurri. Negli anni i bianconeri non hanno dormito sugli allori e hanno continuato a investire acquistando giocatori per oltre un miliardo di euro (è l’unica ad aver alzato il fatturato con presenze fisse in Champions e le tante vittorie), ma soprattutto comprando giocatori altrettanto forti.

NAPOLI: Dopo i primi anni ottimi con Mazzarri, De Laurentiis decise di alzare l’asticella prendendo Rafa Benitez che gli fece spendere molti soldi ma per acquistare giocatori che ancora oggi funzionano, da Callejon a Mertens. I risultati migliori però li ha ottenuti con Sarri che non ha beneficiato di grandi acquisti, anzi, ha dovuto sopperire alla partenza di Higuain. Con Ancelotti si è scelto di ripartire con le grandi spese, ma i risultati non sono arrivati e ora con Gattuso si prepara a una nuova rivoluzione.

INTER: Ha passato due cambi di proprietà e questo spiega il perché di anni di basse spese, prestiti rispediti al mittente o parametri zero. L’arrivo di Suning però ha aumentato il volume degli acquisti anche se la vera svolta è arrivata con l’ingaggio di Marotta a guidare l’area sportiva.

MILAN: Il closing infinito fra Berlusconi e Mr. Li ha fiaccato i rendimenti e gli investimenti dei rossoneri che però sono ripartiti con il primo anno della coppia Fassone-Mirabelli, poi con l’era Leonardo e infine con quella Maldini- Boban. Risultati zero, ma quasi 800 milioni di euro spesi partendo da una squadra che aveva vinto lo Scudetto…

ROMA: E’ forse quella che ha avuto i risultati peggiori nonostante la società saldamente in mano a James Pallotta che oltre alle difficoltà per lo Stadio non è riuscito a trovare un ds all’altezza. Dopo Sabatini ci ha provato con Monchi e ora con Petrachi, ma il risultato è che gli oltre 883 milioni di euro spesi hanno fruttato una finale di coppa Italia (persa con la Lazio), una semifinale di Champions League, che poteva essere una base per costruire uno squadrone e che invece è stato l’inizio di una discesa costante, e qualche secondo e terzo posto in campionato senza mai impensierire davvero la Juventus. Ha venduto tanti campioni, ma il ricambio non è stato all’altezza.

LAZIO: Il Presidente Lotito non è per le spese pazze, ma per la costruzione costante, pezzo dopo pezzo. La continuità ha pagato: Tare (nella foto) è uno dei migliori ds d’Italia, Simone Inzaghi si è rivelato un ottimo tecnico e nonostante i quasi 250 milioni spesi in nove anni ha ottenuto due vittorie in Coppa Italia (più due finali perse) e due vittorie in Supercoppa Italiana (più due finali perse). Tuttavia ha quasi sempre fallito l’accesso alla Champions, e spesso non per demeriti suoi, ma quest’anno sta facendo faville.

ATALANTA: Oggi stupisce il mondo del calcio, e fa specie pensare che nella stagione 2010-2011 giocava in serie B: arrivò prima e fu promossa. Da allora ha puntato sui giovani del vivaio e su un tecnico come Gasperini ma è giusto sottolineare il lavoro di Giovanni Sartori come ds e come direttore dell’area tecnica: Marotta è considerato un top player dei dirigenti italiani, ma Sartori non è da meno. Dal ritorno in A l’Atalanta ha speso 252,72 milioni di euro ma ne ha incassati molti di più vendendo i suoi gioielli e, soprattutto, ha ottenuto risultati fantastici con l’esperienza in Champions come ciliegina sulla torta.

Juventus-Inter, dove e come vedere la partita

Il derby d’Italia così tanto atteso sarà trasmesso in diretta TV da Sky e sarà visibile sui canali Sky Sport 1 al numero 201 del satellite e numero 472 e 483 del digitale terrestre. La partita si potrà anche guardare su sky sport Serie A numero 202 e 249 del satellite e numero 473 e 483 del digitale terrestre. Il match potrà essere seguito anche sul canale Sky Sport al numero 251 del satellite.

Ma non finisce qui perché gli abbonati potranno anche guardare il derby d’Italia Juventus Inter in diretta streaming attraverso SkyGo e potranno farlo sia sul proprio notebook che personal computer, collegandosi direttamente al sito ufficiale della piattaforma ma anche sui dispositivi mobili come smartphone e tablet. Ci sarebbe anche l’opzione Now TV che per chi non lo sapesse è il servizio di streaming live e on demand di Sky che ovviamente permette di guardare tutta la programmazione sportiva della TV satellitare una volta acquistato uno dei pacchetti.

Il carnevale è finito da una decina di giorni, ma per Paulo Dybala è tempo di rimettersi la maschera e tornare a mostrare il suo vero volto. Sembra un paradosso, ma non lo è: il vero volto della Joya è quello per metà coperto dalla mano sinistra, con il pollice e l’indice allargati e tesi davanti al naso a formare la Dybala Mask, l’esultanza ispirata all’elmo di Russel Crowe nel Gladiatore con cui l’argentino festeggia i suoi gol dall’11 gennaio del 2017, dopo aver segnato in Juventus-Atalanta 3-2 negli ottavi di Coppa Italia.

NON SI VIVE DI SOLI GOL… E’ quello il suo vero volto perché è l’emblema del Dybala decisivo, come deve essere in virtù del suo talento. E come non sempre è stato in questo inizio di 2020, in cui ha segnato un solo gol in campionato, quello su punizione con cui ha sbloccato il risultato in Juventus-Brescia del 22 febbraio. Un bottino scarno che però non può rappresentare l’unico dato su cui valutare il rendimento dell’attaccante di Laguna Larga nel nuovo anno: perché a quella rete ne vanno aggiunte due e un assist nel 4-0 sull’Udinese agli ottavi di Coppa Italia e soprattutto quattro assist e due rigori procurati in campionato. Non è stato, dunque, un brutto Dybala, quello degli ultimi due mesi. Anzi, è stato un discreto Dybala. Ma questo è il punto: il vero Dybala è molto più che discreto. …

MA I GOL CONTANO Il vero Dybala, per il quale tre gol in undici partite sono un po’ pochini anche con tanti assist, non si è visto a Napoli, non si è visto a Verona, dove la Juventus ha perso le ultime partite in campionato, e non si è visto nel primo tempo di Lione. Nei primi 45 minuti giocati al Groupama Stadium, per la verità, la Joya non si era vista proprio, né vera, né in versione più o meno appannata. Quanto avvenuto dopo l’intervallo in Francia, però, è un segnale incoraggiante. Perché nella ripresa Dybala non è riuscito a rimettersi la maschera solo per una questione di (pochi) centimetri, quelli di cui era in fuorigioco quando ha ricevuto un passaggio di Bentancur all’86’, spedendo poi il pallone alle spalle di Lopes per l’1- 1 annullato da Gil Manzano. E se in quel caso l’arbitro spagnolo e soprattutto il segnalinee avevano visto giusto, due minuti dopo a impedire al ventiseienne argentino di essere decisivo anche senza segnare era stato un errore del direttore di gara, che non aveva sanzionato con il rigore un’evidente trattenuta ai suoi danni di Bruno Guimaraes in area lionese. Se però non ha inciso sul risultato, il Dybala del secondo tempo lionese, protagonista anche di altre azioni pericolose, ha comunque ritrovato somiglianza con se stesso. Non si è messo la maschera, ma è uscito dal campo tenendola in mano.

DOPPIO DERBY E tenendola in mano tornerà in campo domani sera all’Allianz Stadium, determinato a rimetterla. Davanti, fra l’altro, avrà la squadra contro cui l’ha sfoggiata per la prima volta in questa stagione. Non aveva ancora mai segnato, infatti, il 6 ottobre quando uscì sul prato di San Siro per Inter-Juventus: gli bastarono tre minuti e 35 secondi per sbloccare il risultato, scattando in profondità sul lancio di Pjanic e battendo Handanovic con un diagonale di sinistro passato tra le gambe di Skriniar. Una Dybala Mask speciale, quella mostrata subito dopo, perché speciale era la partita, la più sentita, al netto del contesto, dai tifosi juventini.

Non potranno ammirarla dal vivo domani, ma la loro gioia nel rivedere la maschera sul volto del numero 10 sarebbe la stessa anche davanti alla televisione. La stessa sarebbe anche la gioia di Dybala, che non giocherà soltanto il derby d’Italia, ma pure un derby d’Argentina con Lautaro Martinez. Derby non solo per la comune nazionalità, ma anche perché i due sono destinati a contendersi il ruolo di centravanti della Nazionale biancoceleste nei prossimi anni, con il Kun Sergio Aguero rivale pericolosissimo ma inevitabilmente penalizzato dall’età rispetto al bianconero e al nerazzurro. Un derby in cui la Joya parte in svantaggio rispetto al connazionale, perché Lautaro è stato eletto a sua spalla preferita da Lionel Messi, tanto che, come leggete nella pagina a fianco, quasi certamente nella prossima stagione andrà a interpretare quel ruolo anche nel Barcellona. Scenario che lancerebbe ulteriormente Martinez nella corsa a un posto da protagonista nella Seleccion, mentre il bianconero sarebbe costretto a inseguire. Motivo in più per cominciare a farlo vincendo il Derby d’Italia e d’Argentina di domani sera, mostrando il vero volto di Dybala: quello con la maschera.

Spostamento di Euro 2020? Annullamento addirittura? “Semplici” porte chiuse? All’Uefa non vogliono neanche sentir parlare di eventi straordinari. «Pensiamo che si giocherà a giugno, allo stato non esistono altre ipotesi», dicono da Nyon. Comprensibilissimo.

Non fossero sufficienti le motivazioni sportive, si tratta sempre del torneo che tiene in piedi il calcio europeo (con la Champions): l’ultimo fatturato quadriennale, 15 miliardi di euro, parla da solo. Ma la realtà è che Nyon non è padrona del suo futuro. I governi decidono cosa e come. I governi chiudono ristoranti, cinema, musei e, in caso, il calcio. E allora? Equilibrio precario Tutto si regge per ora sul filo di un equilibrio precario, come un trapezista tra due grattacieli. Da un lato, il calendario internazionale intasato, per cui recuperare anche un solo turno è un grosso guaio (infatti la Coppa Italia è al momento sospesa, aspettando le italiane in Europa).

Dall’altro, la diffusione imprevedibile del virus. Se un giocatore — uno soltanto — di un club di Champions fosse contagiato, come impedire una quarantena della squadra? E quindi lo spostamento delle partite del campionato? E quindi l’impossibilità di giocare la Champions? E quindi… Calendario Fifa L’ultima volta che un grande torneo è stato rinviato risale alla seconda guerra: dopo il Mondiale 1938, quello successivo si giocò nel 1950. Un‘epoca in cui nessuno poteva prevedere il futuro. Qui si può ragionevolmente immaginare che un vaccino arrivi entro un anno, così si dice, e che intanto molte attività umane, sport compreso, debbano adattarsi.

Parliamo di calcio internazionale, non entriamo nel merito dei campionati nazionali. Il calendario è stracolmoda qui a novembre 2022, data (non ortodossa) del Mondiale al caldo del Qatar: non facile trovare uno spazio libero. Porte chiuse o peggio Soluzione uno? Le porte chiuse. Sarebbe un bel crollo economico e d’immagine: -500 milioni dalla mancata vendita dei biglietti, più l’indotto. Niente tifo. Difficile, forse impossibile, che soltanto alcune gare siano a porte aperte: non soltanto per equità sportiva, ma anche perché è facile pensare che gli Stati chiuderanno le frontiere. Soluzione tre? Annullamento del torneo, se ne riparla nel 2024 in Germania. Con perdite divise tra 12 ospitanti.

Ma lo stesso una tragedia sportiva. Manca la soluzione due: lo spostamento. Ipotesi 2021 Uno spostamento richiederebbe un “comitato d’urgenza” Uefa- Fifa, nel nomedel calcio. Con le date così compresse — vedi tabella — si potrebbe ipotizzare un Europeo posticipato di un anno, a giugno 2021. Un mese in cui, però, sono già previste: due partite di qualificazione a Qatar 2022; la “final four” di Nations League (4-8 giugno); e il Mondiale per club in Cina (17 giugno- 4 luglio).

Le qualificazioni potrebbero essere spostate a marzo 2022, trovando un “buco” per i playoff. Poi ci sarebbe il problema di collocare Nations e Mondiale club: i due tornei nuovi nati al posto di amichevoli e Confederations. Una ipotesi potrebbe essere anticipare la finale di Nations a marzo 2021 e spostare il Mondiale di Infantino al 2023 (in cambio, da parte dell’Uefa, di un’accettazione totale del torneo fin qui non amato). Ipotesi 2022 Un’altra ipotesi, l’Euro spostato nel 2022, potrebbe spingere l’Uefa a sacrificare la Nations 2022-23. In ogni caso, tutti dovrebbero fare sacrifici. E il tempo stringe. Ad aprile l’Uefa dovrà valutare la situazione e decidere. Tifiamo tutti per viaggiare da Roma a Londra. Ma nessuno può più far finta di niente. Piani B, C e D vanno pensati da subito.