Il figlio di Beppe Grillo è accusato di violenza. Con tre amici avrebbe approfittato di una giovane in Costa Smeralda.

La legge non ammette ignoranza. Se non c’è un consenso esplicito allatto sessuale, dato in condizioni di lucidità, cè violenza sessuale! Partiamo dal caso di cronaca che ha come cornice la mondanità e la bellezza dell’estate in Costa Smeralda, per approfondire alcuni aspetti relativi al reato di violenza sessuale, di cui si è detto di tutto.

I fatti, intanto. Sono indagati per presunto stupro ai danni di una diciottenne milanese quattro ragazzi della Genova bene. Uno di loro è Ciro Grillo, 19 anni, figlio del comico fondatore del Movimento 5 stelle, nonché campione di savate, un’arte marziale francese. La storia inizia il 16 luglio ai tavoli della discoteca Billionaire di Porto Cervo, località dove il giovane Ciro trascorre le vacanze nella casa del padre. Quella sera, lui e i suoi tre amici – tra i 18 e i 20 anni – conoscono due ragazze nel locale e, dopo aver bevuto insieme, le convincono a seguirli a casa di Grillo per una spaghettata. Il 26 luglio, dopo dieci giorni di silenzio, a Milano la ragazza racconta ai carabinieri di essere stata violentata prima da uno dei ragazzi e poi dagli altri tre, dopo essere stata costretta a bere, mentre la sua amica dormiva ubriaca nella stanza accanto (versione giudicata assai credibile dai pm). Per la difesa, invece, il rapporto è stato consensuale e i quattro giovani accusati hanno anche parlato di un video che lo proverebbe.

Il rapporto dei carabinieri milanesi alla procura di Tempio Pausania (Sassari) ha avviato l’inchiesta. Se fosse confermato che i quattro hanno approfittato dello stato di alterazione psicofisica della vittima,
oltre al reato di violenza sessuale – un delitto contro la libertà individuale – si potrebbe profilare anche l’’aggravante di “minorata difesa”. Cos’è? Lo abbiamo chiesto a Teresa Manente, avvocato penalista, tra i massimi esperti in diritti delle donne e dei minori vittime di violenza, titolare dello Studio legale Manente.
Nel verbale dell’accusa si legge: “Erano quattro, io da sola, non potevo reagire”. Quando non c’è uso della forza fisica, ma gli accusati sono più di uno, si può configurare un reato di violenza?
«Sì, in assenza del pieno consenso della donna. Inoltre, poiché in presenza di più persone, la ragazza si trova di per sé in una situazione di inferiorità psicofìsica». Anche la giovane età della vittima può essere considerata una condizione di oggettiva debolezza?
«Dai 14 anni in su la persona ha piena capacità di autodeterminarsi sessualmente, ma la legge prevede che l’atto sessuale sia subordinato a un valido consenso, non viziato dall’assunzione di alcool o stupefacenti».
Quindi, se una ragazza ha bevuto o è sotto effetto di droghe non è in grado di dare un consenso e l’uomo dovrebbe astenersi?
«Se lei versa in una condizione di inferiorità psicofisica che le deriva dall’aver assunto dell’alcool non può certo prestare un consenso valido e pertanto non si può parlare di rapporto consenziente tra due o più persone, ma di abuso, perché chi giace con lei approfitta della sua condizione di inferiorità momentanea».
Il consenso va dato pienamente prima e anche durante Tatto, perché la donna ha anche il diritto di cambiare idea… Come definirne le modalità?
«Il consenso deve essere dato validamente. Senza pieno consenso c’è violenza sessuale,
ma le modalità di tale consenso vanno valutate caso per caso, dipendono dalla situazione soggettiva e oggettiva».
A volte le vittime di violenza si colpevolizzano e quindi non denunciano subito… «Adesso la querela può essere fatta entro un anno dai fatti di violenza e non più entro sei mesi, proprio perché questo reato presenta molte peculiarità rispetto agli altri reati. Quasi sempre, prima di decidere di sporgere denuncia, la vittima deve superare il trauma subito e la vergogna di quello che ha patito».
In questi casi, come fa la polizia giudiziaria a procedere?
«Si basa sulle dichiarazioni della donna e sulla loro coerenza e linearità. Vengono valutati i fatti compiuti nell’immediatezza della violenza, quali telefonate, visite mediche, confidenze, ma si considera anche lo stato di malessere successivo all’evento e il percorso psicologico intrapreso».