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Stefano Pioli perde anche Rebic. Non è un infortunio muscolare, quindi Verona potrebbe anche essere l’unica partita saltata dal croato,ma intanto il Milan deve andare a giocarsi una partita fondamentale in chiave campionato senza i suoi attaccanti migliori. Di Ibrahimovic, infortunatosi a Roma domenica scorsa, si sapeva; ora è arrivata anche la tegola Rebic, lui pure uscito prematuramente dall’Olimpico, sette giorni fa, sempre per un problema all’anca. Mercoledì contro l’Udinese ha giocato, peraltro sottotono come un po’ tutta la squadra, ma ieri è arrivata la notizia che non ce l’avrebbe fatta per Verona.

Pioli ha preferito non soffermarsi sulle problematiche singole, ma certamente non è passato inosservato il fatto che le assenze stiano condizionando pesantemente il cammino del Milan: «Stiamo lavorando sugli infortuni, siamo molto attenti ai carichi di lavoro, purtroppo i tanti impegni ci hanno messo in difficoltà. E’ la prima volta che abbiamo questi numeri, stiamo lavorando per diminuirli».

Tra le assenze più pesanti, sicuramente quella di Bennacer, sul quale Pioli si sofferma: «Ha avuto due infortuni, cerchiamo di rimetterlo in campo nella miglior condizione possibile, ci sta che il ragazzo abbia timore, sta lavorando tanto per tornare al meglio. Tutti quelli che mancano sono importanti, dobbiamo credere nelle nostre qualità, abbiamo già dimostrato di giocare un ottimo calcio in situazioni difficili>. Intanto per oggi a Verona ne mancheranno ben sette. Ma non Tonali, che per fortuna del Milan ha recuperato: «Sandro sta bene, sta crescendo. Ha avuto solo un affaticamento, sta bene sia mentalmente che fisicamente.

La differenza tra il Milan vincitore all’Olimpico contro la Roma e quello balbettante contro l’Udinese è parsa palese a tutti. Ancora il tecnico rossonero: «E’ importante analizzare due cose. Per giocare certe partite bisogna avere la possibilità di attaccare gli spazi, aspettarsi la stessa prestazione con l’Udinese, un avversario più bravo a chiudersi, rispetto a Roma non era possibile per motivi di ritmo e intensità. E’ sbagliato parlare di atteggiamento, la squadra ha dato tutto anche contro l’Udinese, ma a livello di qualità non siamo stati quelli di Roma».

La classifica continua a non essere guardata, ora che il Milan è secondo, così come non lo era quando stava davanti a tutti: «Daremo il massimo fino alla fine. Io continuo a ripetere che ci sono sette squadre molto forti, noi vogliamo andare in Champions. Se non ci riusciremo saremo delusi, quello che conta è andare avanti con fiducia e positività, poi vedremo cosa riusciremo a fare». L’ultimo pensiero è per due giocatori entrambi in crisi, seppure per motivi diversi: «Romagnoli ha accettato la mia scelta, non con soddisfazione, ma ha accettato la scelta con professionalità e poi si è fatto trovare pronto con l’Udinese. Quanto a Leao, deve dare il massimo in ogni singola partita, è quello che sta facendo. Con l’Udinese non ha trovato la giocata vincente, i difensori dell’Udinese hanno sempre avuto la meglio su di noi. Leao sa che deve ancora lavorare su queste situazioni, per trovare una continuità di rendimento che serve a lui e alla squadra».

Nessuno se lo sarebbe mai aspettato: Zlatan Ibrahimovic è il vero vincitore di questo 71° Festival di Sanremo. Lo ha vinto con le sue regole. Quelle che tutti hanno dovuto rispettare. Prima di tutto Amadeus. Regole semplici di un calciatore padrone anche di un mondo che non gli appartiene. Un mondo che l’ha voluto fortemente e che lui ha conquistato serata dopo serata a modo suo: da protagonista assoluto, anche nelle conferenze, da Supereroe come lo ha definito Amadeus sottovalutandolo.

Ci è riuscito essendo se stesso, non recitando nessuna parte se non quella che gli riesce meglio: quello del duro. Un duro che sa sorridere e far sorridere. Che sa mettersi in gioco ma anche emozionarsi soprattutto all’esordio, la sua prima serata da conduttore. “Perché questo è il Festival di Zlatan non di Amadeus”. Una gag studiata dall’inizio, portata avanti fino alla fine senza mai indietreggiare di un metro: “Sono contento, ho fatto proprio un bel lavoro. Anche se forse ho fatto un errore. Non ho deciso io il colore della tua giacca. Perché l’hai messa nerazzurra?”. Il palcoscenico di Sanremo è diventato presto il suo San Siro.

Ma Ibra ha saputo giocare anche di squadra con Amadeus, poi con Fiorello. Ha parlato di calcio, lo ha fatto solo con Mihajlovic ricordando come è nata la loro amicizia, i tempi dell’Inter. Ha scambiato due passaggi a pallone con Donato Grande, lo ha invitato a venire al Milan: “Fai i passaggi meglio di qualcuno della mia squadra”. Poi ha portato la formazione del Festival: “In attacco Zlatan. Al suo fianco c’è anche Ibra. A centrocampo Fiorello: il calcio senza fantasia non è bello. In difesa l’orchestra che ha difeso con i denti la forza della musica. Tu Amadeus fai il portiere. Se non ti va bene vai in panchina”. Naturalmente ha cantato. Microfono in mano, mazzo di fiori rosa pure, Zlatan ha intonato Io Vagabondo dei Nomadi. Una canzone che racconta la sua vita. Peccato per la voce. Per fortuna c’era Amadeus, c’erano anche Fiorello e sempre Sinisa a dargli una mano. E’ stato protagonista sul palco del Teatro Ariston come in conferenza stampa. Lo è stato anche quando ha preso in giro Achille Lauro. Il cantante di Rolls Royce non ci è rimasto benissimo. Pazienza. Ibra è questo e si è pure ripetuto in finale: “Volevo scambiare la maglia con lui ma è sempre nudo, non si può”. E’ quello che è arrivato in moto al Teatro Ariston chiedendo un passaggio a uno sconosciuto rischiando la vita, vivendo un film irripetibile. Ma non poteva arrivare in ritardo, non sarebbe stato da professionista. Applausi tanti, anche se virtuali. Bravissimo e anche elegantissimo. Sui social ha conquistato anche le donne. Dopo lo smoking firmato Dsquared2 con il nome stampato sul petto nella prima serata, il calciatore svedese ha indossato gli abiti sartoriali di Brunello Cucinelli. Un modello perfetto grazie al suo fisico perfetto, un gigante di quasi due metri d’altezza perfetto per la passerella di Sanremo. Ibrahimovic sempre con il papillon ha mostrato un altro lato di sé, certamente poco conosciuto. Finito Sanremo e aspettando il cinema, Zlatan ora è pronto a tornare nel suo mondo, quello del pallone. Deve completare la sua missione con il Milan, portarlo in Champions League. Poi tornerà a vestire anche la maglia della sua Svezia. Troppo forte il richiamo, il desiderio di essere ancora decisivo per il suo Paese. L’indiscrezione arriva da FotbollDirekt convinto che l’attaccante rossonero sarà convocato dal ct Andersson per le tre partite di marzo: il 25 contro la Georgia, il 28 contro il Kosovo e il 31 contro l’Estonia dopo il chiarimento che i due hanno avuto a Milano. Un test per gli Europei di giugno? Probabilmente sì. Oggi intanto, a meno di controindicazioni e problemi dell’ultim’ora, dovrebbe raggiungere i compagni a Verona. Non giocherà, ma la sua presenza può aiutare Pioli…

Un altro ko, seppur lieve, quello di Rebic, va a colpire ancora di più la formazione di Stefano Pioli che oggi a Verona dovrà inventarsi qualcosa per schierare un attacco che provi a fare male alla squadra di Juric. Il tutto considerando che in panchina non ci saranno molte soluzioni per cambiare l’eventuale andamento del match: Pioli ha infatti convocato il 17enne attaccante svedese Emil Roback, ieri rimasto in panchina per tutto il match della Primavera a Firenze, che andrà a unirsi a chi rimarrà fuori dalla formazione fra Brahim Diaz, Castillejo e Hauge. Oggi dunque, ancora tanti assenti, così come nell’intero arco della stagione. Il Milan – come la Juventus, per esempio – è fra le squadre che più di altre è stata tartassata dagli infortuni (oltre che dal Covid). Pioli ha dovuto rinunciare spessissimo a uno o due titolari del suo undici tipo. Basti pensare che Bennacer, il regista con cui il tecnico ha costruito il suo Milan delle meraviglie nel 2020, ha giocato da titolare solamente 8 partite sulle 25 disputate in campionato. L’algerino è solamente la punta di un iceberg altissimo, visto che, prendendo in esame i giocatori del Milan disegnato in estate dalla società – Donnarumma in porta; Calabria, Kjaer, Romagnoli e Theo Hernandez in difesa; Bennacer e Kessie in mezzo; Saelemaekers, Calhanoglu e Rebic dietro a Ibrahimovic -, sono ben 77 le partite saltate dal primo minuto sulle 275 giocate in A (25 giornate per 11 giocatori), quasi il 30%. Dietro Bennacer, ecco Ibra con le sue 12 partite perse – nove per infortunio, due per Covid e una per scelta tecnica (subentrato a cinque minuti dalla fine) – e proprio Rebic, che per il problema all’anca oggi non scenderà in campo a Verona, è fermo a quota undici. Hanno dovuto dare forfait anche Kjaer (7) e Romagnoli (6), mentre Calhanoglu ha giocato da titolare 18 volte su 25. Il turco oggi sarà un altro degli assenti insieme all’ala croata, Ibra, Mandzukic, Daniel Maldini e Bennacer. In tutto sei indisponibili, quattro dei quali avrebbero giocato da titolare in situazioni di normalità. Attacco condizionato, in difesa invece Pioli potrà scegliere, tant’è che Tomori, dopo la buona prova di Roma, dovrebbe tornare dall’inizio, questa volta al fianco di Romagnoli, dando così un turno di riposo al danese Kjaer, spesso alle prese con il mal di schiena.

Vento cambiato? Facile dirlo, pensando a infortuni, accidenti e altri incidenti. L’infermeria di Milanello resta un luogo molto frequentato e ieri, a sorpresa, è tornato a visitarla Ante Rebic, protagonista a Roma, comprimario slavato contro l’Udinese dopo un guaio muscolare, di nuovo fermo alla vigilia della partita con il Verona per un problema all’anca, che però Pioli spera si risolva in fretta, diciamo in tempo per la trasferta di Manchester. Perché la lista di quelli che restano fuori dai giochi è ancora lunga e a questo punto Pioli deve affidarsi a un altro attacco. probabilmente con Saelemaekers spostato a sinistra e Castillejo ancora a destra. Chance per Hauge, che dovrebbe partire dalla panchina ed essere in fondo l’unica vera alternativa in attacco, in una squadra tormentata dagli infortuni.

«Vorrei avere trent’anni di meno e scendere in campo con i miei giocatori», dice Pioli, l’alchimista delle formazioni. Che può contare sulle ultime colonne, i pochi intoccabili, quelli che mai sono rimasti fuori per scelta tecnica: Gigio Donnarumma, Theo Hernan-dez e Franck Kessie. Un certo quantitativo di qualità, temperamento e corsa è assicurato. Ma l’attacco è praticamente inedito e crea qualche apprensione, così come il numero di infortuni: Pioli non lo nasconde: «Troppi infortuni, non siamo contenti, ci stiamo lavorando». Gli obiettivi però non cambiano. «Ci sono sette squadre forti, noi vogliamo andare in Champions. Se non ci riusciremo saremo delusi, conta è andare avanti con fiducia, poi vedremo che cosa saremo riusciti a fare».

Freschezza è quella che può dare Hauge a partita in corso, continuità è ciò che Rafael Le-ao deve sforzarsi di raggiungere. Da quando è arrivato al Mi-lan, il norvegese ha messo insieme 21 presenze e 4 gol. Deve fare il suo apprendistato e nessuno poteva immaginare che nel frattempo Mandzukic sarebbe rimasto quasi sempre fermo ai box, che Ibrahimovic avrebbe avuto tanti fastidi e Rebic una serie di inconvenienti. Il croato è stato l’uomo del post-lockdown, uscito dal bozzolo in tempo per far diventare il Milan la squadra rivelazione d’Europa. Poi, un guaio dietro l’altro, e anche a Verona Pioli è costretto a rimodellare la squadra, affidandosi a un quartetto anomalo, con Saelemaekers spostato a sinistra. Ma più che mai gli occhi saranno puntati sul talentuoso Leao: la sua educazione al calcio italiano procede a strappi, ma senza i giocatori più esperti Pioli ha assolutamente bisogno di lui. Lo scudetto, è vero, non era negli obiettivi, del club, ma restare fuori dalla Champions League sarebbe un grosso problema, anche dal
Florentia-San Marino 0-0. Oggi ore 12.30 Inter-Napoli, Juventus-Milan (anche Sky Sport); ore 14.30 Empoli-Bari, Sassuolo-Fiorentina. Classifica Juventus 42; Milan 39; Sassuolo 31; Roma* 25; Florentia*, Fiorentina 23; Empoli 20; Inter 17; Verona* 13; San Marino* 9; Napoli 4; Bari 3. *Una partita in più
punto di vista del budget. La campagna dei rinnovi e dei riscatti passa anche dagli introiti che soltanto il ritorno nel torneo europeo più importante può assicurare.

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