Pensioni ultime notizie, Quota 100 con scivolo per nuove assunzioni: eccontutte le finestre

Sappiamo che molti italiani vogliono andare in pensione in anticipo, finalmente, dopo svariati mesi di discussione il governo prossimamente ufficializzerà la nuova riforma delle pensioni, con l’intento di agevolare moltissimi italiani che sono rimasti fuori a causa della legge Fornero.

Lasciare il mondo del lavoro in anticipo è possibile, grazie alle varie misure pensionistiche varate dal Governo Conte e di cui si attende l’ufficialità grazie al decreto che dovrebbe arrivare al massimo la prossima settimana. La riforma delle pensioni sembra dirlo chiaramente che, coloro che entro il 31 dicembre 2018 ha compiuto 62 anni ed ha versato 38 anni di contributi potranno fare domanda di pensionamento e lasciare il mondo del lavoro, usufruendo della pensione anticipata e più nello specifico di Quota 100.

La novità è contenuta nella bozza del decreto che entrerà nel Consiglio dei Ministri si spera al massimo nei prossimi giorni. Rimane il caso relativo al reddito di cittadinanza che sembra essere incluso nel Decreto legge contenente disposizioni relative all’introduzione del reddito di cittadinanza e a interventi in materia pensionistica e dove sono contenute diverse promesse tanto annunciate dal Governo e alcune novità riguardanti i tagli negli stanziamenti previsti dalla Manovra 2019.

Come poter andare in pensione in anticipo? Quota 100, come abbiamo più volte anticipato, sarà una misura a tempo determinato, nel senso che durerà circa 3 anni e poi dovrebbe essere sostituita da Quota 41 che sarà valida per tutti. Su Quota 100, nella bozza del decreto, viene spiegato che Quota 100, più che una riforma delle pensioni, è vista una sperimentazione che durerà al massimo tre anni. Quindi per i prossimi tre anni e fino al 2021, chi vorrà beneficiare di Quota 100 potrà farlo una volta maturati i requisiti anagrafici e contributivi, ovvero 62 anni di età e 38 anni di contributi. Bisogna sottolineare, anche, il fatto che Quota 100 non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo. Si possono svolgere lavori occasionali al fine di integrare il proprio reddito da pensionato, ma soltanto per un massimo di 5 mila euro lordi annui, fino alla maturazione dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia.

Quali sono le finestre pensionistiche mobili? Coloro che hanno deciso di lasciare in anticipo il mondo del lavoro in modo volontariato lo scivolo di Quota 100 senza aspettare di maturare i requisiti della pensione di vecchiaia, dovranno attendere la prima finestra utile. Per i richiedenti, stando a quelle che sono le stime del governo, sono circa 315 mila lavoratori, di cui 130 mila sono dipendenti pubblici e non basterà attendere soltanto avere i requisiti.

La prima finestra utile per i privati per poter andare in pensione è il mese di Aprile 2019. Potranno scegliere di andare in pensione soltanto coloro che hanno maturato 62 anni di età e 38 anni di contributi entro il 31 dicembre 2018. Gli altri dovranno attendere il loro turno che andrà a scattare con le finestre trimestrali. Per gli Statali, la prima finestra per poter andare in pensione si aprirà soltanto a Luglio 2019, ma per i lavoratori pubblici la decorrenza sarà semestrale.

Sistema retributivo o contributivo?

L’importo della pensione è determinato dalla somma dei pro-quota, tante quante saranno le gestioni interessate: ciascuna determinerà il trattamento in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati, secondo le regole di calcolo previste da ciascun ordinamento e sulla base delle rispettive retribuzioni. Ciò significa che, a differenza della totalizzazione, la pensione verrà liquidata con il sistema retributivo ove applicabile, fermo restando, in ogni caso, che, per i periodi successivi al 1° gennaio 2012, dovrà essere utilizzato solo il sistema contributivo.

In merito alla determinazione del sistema di calcolo in relazione dell’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1995 e quindi del sistema di calcolo da applicare (retributivo sino al 2011 o sino al 1995 a seconda della presenza o meno di almeno 18 anni di contribuzione al 31.12.1995), l’INPS ha chiarito che la contribuzione versata nella cassa professionale non può essere utilizzata per determinare l’anzianità contributiva presente al 31.12.1995, ma è valida solo ai fini dell’acquisizione del diritto a pensione.

L’avvio alla pensione in regime di cumulo è attivato a domanda dell’interessato (o dei suoi superstiti) presso l’Ente previdenziale dove risulta accreditata l’ultima contribuzione; quest’ultimo attiverà il procedimento nei confronti degli altri Enti dove il lavoratore avrà dichiarato di possedere ulteriore contribuzione. Il pagamento della pensione sarà a carico dell’INPS, che richiederà i pro-quota alle gestioni interessate. Qualora al momento della domanda di pensione in cumulo il professionista dovesse risultare iscritto a più gestioni, ha facoltà di scegliere la gestione presso cui presentare la domanda.

Ricongiunzione o cumulo?

Bisogna ricordare che chi accede al cumulo percepirà la prima rata della liquidazione del TFS/TFR decorsi 12 mesi + 90 giorni dal compimento dei 67 anni, (che è il requisito anagrafico previsto per la pensione di vecchiaia da 2019). Altra considerazione da fare è che accedendo al cumulo si rinunciano anche alle future annualità di TFS correlati agli anni di anticipo della pensione, oltre che, ovviamente, ai relativi contributi previdenziali e che, infine, il coefficiente di trasformazione sarà più basso, perché più bassa è l’età del lavoratore. Si ricorda che i coefficienti di trasformazione sono valori che concorrono al calcolo della pensione con metodo contributivo. Grazie a questi valori il montante contributivo versato dal lavoratore durante la sua vita lavorativa viene trasformato nella pensione annua. I coefficienti di trasformazione variano in base all’età anagrafica del lavoratore nel momento in cui consegue la prestazione previdenziale, a partire dall’età di 57 anni fino ai 70 anni. Maggiore è l’età del lavoratore, più elevati risulteranno anche i coefficienti di trasformazione. Altra considerazione da fare è che non sempre il cumulo pensionistico, seppur gratuito, è più vantaggioso rispetto alla ricongiunzione. Premesso e ribadito che occorre sempre valutare caso per
caso, la prima cosa da ricordare è che il cumulo non sposta la contribuzione da una cassa all’altra. Pertanto, il lavoratore otterrà una pensione unica composta da due o più quote di pensione quante sono gli ordinamenti coinvolti nel cumulo. Ciascun Ente liquiderà la propria quota con le regole e le retribuzioni di riferimento di ciascuna cassa. La ricongiunzione, invece, consente di trasferire la retribuzione nella gestione accentrante come se essa fosse stata da sempre acquisita in tale gestione. In linea generale la ricongiunzione dei contributi è conveniente quando il lavoratore abbia avuto una progressione di carriera negli ultimi anni prima del pensionamento. In questo caso il trasferimento consente al lavoratore di conseguire una pensione superiore rispetto al cumulo, in quanto i periodi contributi più bassi dell’inizio della carriera saranno valorizzati sulla base della retribuzione degli ultimi anni maturata nella cassa accentrante. Se la ricongiunzione viene effettuata però al momento del pensionamento rischia di risultare molto costosa per via dell’alto costo della riserva matematica.
Se, invece, il lavoratore ha una carriera con retribuzioni decrescenti negli ultimi anni di lavoro a causa di disoccupazioni, integrazioni salariali o lavori precari il cumulo può risultare più conveniente della ricongiunzione. In questo caso, infatti, l’assicurato può salvaguardare il sistema di calcolo della gestione in cui ha contribuito quando aveva retribuzioni migliori.