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Tra emergenza infortuni e voglia di dare seguito alle tre vittorie consecutive in Serie A, il Milan tornerà in campo domani sera, dopo il pareggio europeo a Siviglia, nel big match contro la Juventus. Gennaro Gattuso non potrà permettersi il lusso di scegliere i propri uomini a causa dei numerosi forfait che hanno decimato il numero di giocatori a disposizione del tecnico milanista. Non arrivano, però, solo brutte notizie dall’infermeria di Milanello. Per la partita contro la formazione di Allegri, infatti, il Milan dovrebbe recuperare Higuain che, seppur non al meglio come ha sottolineato Gattuso in conferenza stampa, tornerà ad essere il terminale offensivo della squadra.

RITORNO AL 4-4-2 – Dopo la difesa a tre schierata da Gattuso giovedì in Europa League, il Milan tornerà al 4-4-2 per la sfida contro la Juventus. Obbligate le scelte in difesa per il tecnico milanista, soprattutto per la coppia di centrali. Cristian Zapata partirà di nuovo titolare, al posto di Mateo Musacchio, di fianco ad Alessio Romagnoli. Sulle fasce giocheranno Rodriguez e uno tra Abate e Calabria, con il secondo in vantaggio al rientro dall’infortunio. Poche alternative anche per quanto riguarda il centrocampo dove Bakayoko e Kessie comporranno il cuore della mediana rossonera coadiuvati sugli esterni da Suso, appena diventato papà, e Laxalt, in ballottaggio con Calhanoglu, ancora alle prese con il problema fisico che lo ha costretto ad abbandonare il campo a Siviglia prima del tempo.

IL PIPITA C’È – Il terminale offensivo del Milan contro la Juventus dovrebbe essere composto dal grande ex del match Gonzalo Higuain, affiancato da Castillejo, assente contro il Betis per squalifica. Patrick Cutrone, infatti, non dovrebbe essere della partita, almeno dal primo minuto, per il riacutizzarsi di un fastidio alla caviglia sinistra, con cui il classe ’98 convive da inizio stagione.

Questa dunque la probabile formazione del Milan (4-4-2): Donnarumma; Calabria/Abate, Zapata, Romagnoli, Rodriguez; Suso, Kessie, Bakayoko, Laxalt/Calhanoglu; Higuain, Castillejo.

La partita Milan-Juventus in Diretta Tv è possibile vederla su Sky Sport 1 HD del satellite di proprietà di Murdoch.

Milan-Juventus su Dazn non sarà visibile: Dazn offre la possibilità di vedere tre partite per ogni turno di campionato. Questa volta non è toccato agli emiliani, la cui partita sarà visibile in tv solo su Sky. Il calcio d’inizio è fissato per le ore 20.30 di domenica.

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La partita della Milan-Juventus in Streaming Live sarà trasmesso su Sky Go e Now Tv. Ovviamente questa è un’ opportunità importante che viene data soprattutto a quegli interessati che, sprovvisti di televisore, volessero seguire la diretta della propria squadra del cuore su pc, smartphone o tablet.

Non tutti infatti hanno a disposizione un televisore provvisto di piattaforma Sky, e poter seguire i propri beniamini a portata di click è un enorme vantaggio.

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Ci saranno sicuramente molti appassionati che tenteranno di seguire la partita di campionato in maniera del tutto gratuita. Nonostante questa pratica sia assolutamente vietata e sconsigliata, c’ è un gran numero di siti che lo consente.

Le decisioni prese d’impulso o dettate dalla rabbia sono le peggiori». In questa frase di Leonardo Bonucci, pronunciata la scorsa estate nella prima conferenza stampa da cavallo di ritorno alla Juventus, c’è molto dell’anno che il difensore di Viterbo ha trascorso al Milan.

RIMPIANTI Probabilmente Leo ha iniziato a rimpiangere la Juventus appena ha svuotato l’armadietto a Vinovo. Il Milan lo ha fatto sentire importante da subito, rendendolo il giocatore più pagato della Serie A pre-Cristiano e facendone il volto di punta, dal vendere abbonamenti all’in bocca al lupo ai bimbi rossoneri il giorno prima dell’inizio dell’anno scolastico. Intendiamoci, Bonucci si è comportato da professionista scrupoloso anche a Mila- nello, ha costruito un eccellente rapporto con Rino Gattuso con cui si sente al telefono ancora oggi. «Spostare gli equilibri», però, si è rivelato impossibile da subito in una squadra nemmeno paragonabile alla Juventus. Ed è un dato di fatto che Leo e la sua famiglia non si siano mai ambientati a Milano. Appena arrivato, Bonucci ha preso casa in centro e ha deciso di portare con lui la moglie Martina e i figli Lorenzo e Matteo. I bambini sono stati iscritti al prestigioso Collegio San Carlo, nel cuore della città, proprio di fronte alla chiesa di Santa Maria delle Grazie. A volte alla mattina accompagnava i bimbi a scuola e scambiava due chiacchiere con Marco Storari e signora. Ma l’esperimento milanese dei Bonucci è durato poco: ai novembre i bambini sono stati ritirati dal Collegio per poi tornare alla Internazionale di Torino. Anche la casa è stata disdetta: Bonucci appena riusciva tornava a Torino. E quando non poteva fare a meno di pernottare a Milano, restava in albergo o dormiva direttamente a Milanello. A testimonianza di un feeling mai nato con la città, che considerava troppo dispersiva e meno a misura d’uomo rispetto alla «sua» Torino.

VA MEGLIO I tifosi della Juve hanno vissuto il suo passaggio al Milan come una moglie innamorata e tradita. E anche se l’amore non può svanire per una scappatella, hai voglia poi a ricostruire la fiducia. Bonucci ha scelto il basso profilo, chiedendo ufficialmente scusa alla prima partita allo Stadium, il 2-0 alla Lazio. Ritrovare quella complicità che gli permetteva di andare a vedere le partite in curva quando era squalificato non sarà semplice, ma rispetto ai fischi iniziali le cose vanno molto meglio. «Spero che la Curva Scirea torni presto a cantare il mio nome», aveva detto dopo la vittoria con lo Young Boys. Ancora non siamo a questo, ma l’anno in rossonero inizia a essere metabolizzato.

A SAN SIRO Non ci sono dubbi sull’accoglienza che riceverà domani sera Bonucci, che è il primo ad aspettarsi fischi e magari qualche coro contro. L’anno scorso non aveva giocato la partita di San Siro, quella della doppietta di Higuain. Al ritorno era stato protagonista di un gol iconico: un perfetto stacco di testa tra Barzagli e Chiellini per battere Buffon. E aveva risposto ai fischi e agli insulti sciacquandosi la bocca con l’esultanza che è un marchio di fabbrica. Apriti cielo. Domani a San Siro sarà la stessa storia: i tifosi del Milan non gli perdoneranno l’aver considerato la maglia rossonera un piano B. Bonucci ritroverà gli amici Hakan Calhanoglu e Franck Kessie, oltre a quell’Alessio Romagnoli che ne ha raccolto l’eredità come leader della difesa. Anche se quello che vedrà più da vicino è Gonzalo Higuain, con cui andava d’accordo nell’anno insieme a Vinovo e che domani sarà il primo pericolo per la Juve.

Lo Scottie Pippen della Juventus è entusiasta del suo Michael Jordan, ovvero Cristiano Ro- naldo. I primi scatti insieme nel forno della Continassa, a fine luglio mentre i compagni erano in tournee negli Usa, testimoniavano un feeling naturale tra Paulo Dybala e CR7, che poco più tre mesi di lavoro insieme hanno rafforzato. Il dieci della Juve è rimasto impressionato soprattutto dal Cristiano extra-campo, come ha confermato a Sky. «Ero incuriosito da Ronaldo, da come si sarebbe posto all’interno dello spogliatoio: ha dimostrato di essere una grandissima persona. Lo dimostra ogni giorno quando ci alleniamo e in ogni partita. Poi ha un buon rapporto  con tutti, ed è questo che mi incuriosiva di più. In campo sta più a sinistra però si muove tanto, ma anche Mandzukic è un punto di riferimento. Il mister sicuramente trova delle difficoltà a metterci tutti in campo, perché stiamo facendo delle grandi partite e c’è un livello molto alto in questa squadra».

VERSO IL MILAN Dybala ha trascorso una settimana tranquilla, guastata dalla sconfitta in Champions con lo United. Accanto a lui c’e sempre la fidanzata Oriana, pronta a ripartire per l’Argentina dopo Milan-Juve con Paulo, che deve rispondere alla chiamata della Selecciòn. «Arriviamo bene a questa partita nonostante la beffa di mercoledì. Mourinho? Non gli ho detto nulla di particolare, solo che non c’era bisogno di fare quel gesto per non aumentare la tensione. Capita anche a noi giocatori di prendere degli insulti e di certo non fa mai piacere, però non si deve creare più tensione di quella che c’è. Comunque non l’ho insultato come ho letto da qualche parte».

SFIDA AL PIPITA «È sempre Milan-Juventus – prosegue Dybala – speriamo di fare una grande gara e portare punti a casa. Higuain? Ci siamo sentiti un paio di giorni fa, non abbiamo parlato del suo infortunio. Ma io e Douglas Costa gli abbiamo inviato un video e ora aspettiamo la sua risposta. Sarà una sensazione strana trovarlo come avversario, lo avevo già affrontato ma poi abbiamo giocato e vinto insieme alla Juve».

Domani divideranno di nuovo lo stesso cielo e sarà meglio non farsi ingannare: undici anni dopo quei due diavoli sono diversi, ma solo in apparenza. Gennaro Gattuso si è fatto canuto, rotondo, non corre più con gli occhi spiritati: provate ad accendere la miccia, però, e vedrete se è cambiato di un’unghia. Cristiano Ronaldo passa meno gel sui capelli, ha una casa piena di figli (4) e Palloni d’oro (5), ma conserva intatto l’atavico appetito, la voglia di mangiare il mondo intero. A San Siro sarà ancora Gattuso contro Ronaldo, ma dentro alla cornice più italiana che esista: Milan vs Juventus. Uno ora ringhia dalla panchina di casa, l’altro ha recentemente traslocato per la terza volta. In ogni caso, il pensiero correrà al 2 maggio 2007, data impressa sulla pelle di tanti milanisti. Non è una partita, ma un’opera di drammaturgia rossonera: semifinale di ritorno della Champions, United annichilito 3-0 prima di completare la vendetta sul Liverpool, una mattanza che impressionò perfino uno che ne aveva viste tante come Ferguson. Semplice- mente, la «partita perfetta» secondo copyright di Ancelotti. Anni dopo Cadetto avrebbe visto da vicino cosa significa possedere in squadra un’arma atomica di fabbricazione portoghese, eppure quella notte trovò a centrocampo uno scudo anti-missile.

CORAGGIO E BELLEZZA In quel match che ha fatto storia, ecco la sfida tra gli opposti: il calabrese orgogliosamente «terrone» contro il portoghese smaccatamente guascone. Coraggio di qua, bellezza di là. Per una sera, vinse il primo: Cristiano sbattè per la prima volta il muso a un passo dalla gloria. Resta una delle disfatte più grosse della carriera, ma chi lo conosce racconta che non l’ha mai scordata: imparò più che in tante altre occasioni, anche perché vide il Pallone d’oro avvicinarsi al piede caldissimo di Kakà. Da allora si è «gattusizzato» più di quanto già non lo fosse: ha moltiplicato energia e applicazione ogni santo giorno perché il talento, anche il più puro, va sempre annaffiato. In campo, però, la serata fu piuttosto complicata: le pagelle dell’epoca della Gazzetta sono lì a certificarlo, nero su rosa. Gattuso giocò due volte meglio di Cristiano. Il milanista, voto 8: «Stritola Ronaldo con personalità e raddoppi». Il portoghese, voto 4: «Conigliesco davanti alle fauci di Gattuso». Fu così: una preda davanti a un leone. Cristiano, re della foresta, era già allora abituato a sbranare i nemici: undici anni fa, con quei capelli rasati da marine, Gattuso ha ringhiato anche contro le leggi della giungla.

LA SCINTILLA II segreto di Rino è sempre stato l’umiltà: «Come l’ho fermato? D’istinto, non serve studiarlo», disse il giorno dopo l’impresa. Gli si allungò il naso: l’aveva studiato, eccome, anche perché il Cristiano 2007 era un prodigio limitato solo dall’esuberanza dei 22 anni.

Mentre Ringhio a 29, fresco di Mun- dial, sembrava un uomo in missione. Nel 4-3-3 di Ferguson il portoghese iniziava come ala sinistra, mentre Gattuso stava nella solita trincea, mezz’ala destra nell’albero di Natale. Da un lato, colpi di tacco sbagliati e qualche leziosismo; dall’altro, il 100% di contrasti vinti. Poco prima del 10’ si capì vagamente l’andazzo: Gattuso allargò il braccio per bullizzare Cristiano ed entrambi finirono a terra. Niente fischio del belga De Blee- ckere e sul proseguimento Kakà di testa segnò il primo: via ufficiale alla rimonta dopo il 3-2 di Old Trafford. Un copione ripetuto per tutta la sera, a parte rari casi: quando Cristiano sterzava, Rino si avventava; se Cristiano scattava, Rino lo inseguiva. Unclimax di palle rubate fino alla giocata più iconica, lo scalpo preso a fine primo tempo: ricorsa sulla fascia, speronamento ad alta velocità e palla appoggiata a Nesta. In quell’occasione l’urlo di San Siro fu, forse, superiore al 2-0 di Seedorf e al 3-0 di Giardino. Siccome Cristiano non poteva essere cancellato del tutto, nel secondo tempo le cronache ricordano pure un tunnel ronal- diano al nemico. Un fuoco di paglia, fino al parapiglia finale: al- l’82′ una palla non restituita al Milan fece scattare Gattuso contro CR7 perfino con più foga. Le immagini dell’epoca raccontano che arrivò un ciuffo biondo a portare la pace. Massimo Am- brosini, il migliore tra i giganti, separò i duellanti e oggi ricorda col sorriso: «In serate così Rino era capace di trascinare tutti, era la scintilla, un condottiero: quello che ha fatto il Milan è storia, ma anche quello che ha fatto Gattuso va ricordato. Ronaldo era già Ronaldo, un castigo di Dio». Il calabrese e il portoghese finirono con un giallo, ma la partita del primo durò meno: al 84’ lasciò il posto a Cafu e, uscendo, tese le braccia verso il suo popolo in estasi. Questa Juve, però, ha ben altre fondamenta rispetto a quel giovane United e negli anni anche Ronaldo ha cambiato pelle. Il perché l’ha spiegato una volta proprio Ringhio: il Cristiano arrivato a Torino «pensa meno ai numeri e più ai gol». Un Sos per il suo Milan. Eppure se potesse, domani lancerebbe via la giacca come Allegri: proverebbe a correre ancora per spiegare a Kessie come giocare una «partita perfetta».

In uscita è anche Aaron Ramsey, che non rinnoverà dopo undici stagioni di Arsenal. A chi lo prende, il gallese assicura solidità e idee in mezzo al campo, con una buona propensione a farsi trovare puntuale in zona gol. Anche in questo caso il Milan mette sul campo un rapporto personale, quello con Ivan Gazidis, che si appresta a diventare ad rossonero dopo quasi dieci anni da ceo dei Gunners. La Juventus, rispetto a Rabiot, appare più defilata, ma pronta a entrare in gioco. Lo scoglio, al momento, sono le richieste economiche di Ramsey.
Un ulteriore fronte vede invece il Milan defilato. È quello di Federico Chiesa, su cui la Juventus sta confrontandosi con l’Inter: i bianconeri vantano i rapporti riallacciati con la Fiorentina, i nerazzurri quello tra Luciano Spalletti ed Enrico, papà di Federico. Milan defilato perché Chiesa costa e si attendono le decisioni dell’Uefa per capire come poter muoversi. Un problema che non si pone per Medhi Benatia. Se il marocchino chiederà a gennaio di andare via dalla Juventus per poter giocare, il Milan è pronto a un prestito con eventuale obbligo di riscatto. Un tema reso ancor più attuale dal fresco (e serio) infortunio di Mateo Musacchio.

In nome, due giocatori. Il nome è quello di Mino Raiola, agente di Paul Pogba e Matthijs De Ligt, obiettivi dichiarati della Juventus. È questa la chiave delle mosse più attese da parte dei bianconeri al mercato, sia quello di gennaio sia quello estivo: fare forza sul rapporto con l’agente per arrivare ai giocatori che gestisce. Pogba è segnalato come l’obiettivo immediato, quello che potrebbe rafforzare il centrocampo bianconero alla ripresa del campionato nel 2019. Non solo il settore appare bisognoso di un rinforzo, ma il francese campione del mondo era un nome su cui si ragionava già nell’ultima estate. Lui non aveva mai nascosto l’amore per la Juventus come, allo stesso modo, non aveva mai nascosto l’insofferenza verso José Mourinho.

La vittoria di mercoledì sera a Torino in Champions League ha confermato la pace armata tra i due e l’affetto di cui gode Pogba allo Stadium: lo si è visto dal modo in cui i tifosi lo hanno esaltato prima del match e lo hanno salutato alla fine. La situazione è molto fluida, perché tanto dipenderà da quali saranno gli obiettivi stagionali del Manchester United. In Premier il distacco da chi guida è già pesante e il meno 9 dai cugini del City potrebbe essere ulteriormente dilatata dal derby in programma domani all’Etihad Stadium. E in Champions il passaggio agli ottavi è più vicino, ma non certo. Uno United estromesso dalla corsa dai due obiettivi stagionali più importanti potrebbe convincere Pogba al passo d’addio.
Differente il discorso riguardante De Ligt. Il 19enne centrale dell’Ajax è uno dei talenti emergenti del calcio olandese. La richiesta del club di Amsterdam è conseguente: 50 milioni, una cifra importante ma che potrebbe comunque non scalfire le certezze della Juventus, che fin da giugno ha avuto modo di far vedere al ragazzo in che contesto andrebbe a finire. Difesa che resta uno dei settori che il club bianconero monitora con maggiore attenzione. Vuoi per il vicino congedo di Andrea Barzagli dal calcio giocato, vuoi per le voglie di trovare maggiori spazi di Medhi Benatia (e proprio il Milan si è messo in corsa con United, Arsenal e Marsiglia per averlo a gennaio), vuoi perché Giorgio Chiellini avrà un anno in più. De Ligt, ma non solo (occhio soprattutto al doriano Joachim Andersen), è tra le alterniva giuste.

Fosse per Leonardo e Maldini, il mercato dovrebbe aprire oggi. Il Milan in corsa Champions si trova in piena emergenza con infortuni lunghi che toglieranno a Gattuso titolari in posizioni nevralgiche del campo. Il problema per il Milan è che il mercato aprirà a inizio gennaio e nel frattempo il club conoscerà il verdetto della Camera Giudicante dell’Uefa, che potrebbe limitare il raggio d’azione nelle prossime finestre. Il 20 novembre il Milan avrà udienza a Nyon, poi dovrà attendere i primi giorni di dicembre per la decisione. Il club ha messo in conto di ricevere una multa per il triennio 2014-17 (potrebbe aggirarsi sui 20 milioni, alcuni condizionali), ma bisognerà capire se arriveranno ulteriori sanzioni che potrebbero condizionare i movimenti di gennaio – e successivi -, visto che il Milan dovrà rientrare nei paletti del Fair Play Finanziario e rispettare determinati parametri nel monte ingaggi e ammortamenti.
Leonardo, intanto, ha già comprato Lucas Paquetà, ma il suo innesto, trattandosi di un giovane in arrivo dal Brasile, difficilmente potrà bastare per rinforzare nell’immediato il Milan. Serviranno rinforzi in tutti i reparti e il dg punterà anche su prestiti (con diritto di riscatto) e affari possibilmente low-cost ,non potendo sfruttare appieno la forza economica di Elliott. In difesa il sogno è Benatia, ma occhio a Rodrigo Caio del San Paolo (è comunitario) e Bailly del Manchester United (extracomunitario, il Milan ha ancora un posto libero). In mezzo al campo servirà un regista in virtù del lungo stop di Biglia: il preferito è Paredes dello Zenit, ma il club russo lo valutano almeno 30 milioni e difficilmente acconsentirà a prestiti senza obbligo (che per la Uefa equivalgono ad acquisti a titolo definitivo). Alternative? Intriga Lobotka del Celta, ma costa tanto, mentre Ramsey rimane un’idea per giugno a parametro zero.
Il focus in attacco al momento è su due ex rossoneri ovvero Ibrahimovic (che ieri a “L’Equipe” ha dichiarato: «Penso che sia più probabile che torni io al Milan rispetto a Wenger. Non ce lo vedo proprio a intraprendere questa sfida») e Pato: entrambi, però, per risposare il rossonero dovranno liberarsi rispettivamente da Los Angeles Galaxy e Tianjin Quanjian.

Qualcosa si era rotto o quantomeno incrinato fra la Juventus e Higuain ben prima che il club mettesse in piedi l’affare del secolo, acquistando CristianoRonaldo. Nella notte della finale di Coppa Italia, con Higuain che rimuginava in panchina e Allegri che scherzava a fine partita («Effettivamente, non l’ha presa bene»), il divorzio era stato già deciso. Ma cos’era successo? Niente di particolare, ovvero non c’era stato un episodio particolarmente grave o una causa scatenante, più un logorio fra il centravanti e il club, inteso come unita monolitica di dirigenti e allenatore. Qualcosa non convinceva del tutto i vertici bianconeri che, probabilmente, si aspettavano da Gonzalo Higuain un rendimento più efficace e decisivo nelle partite più importanti. Non che il Pipita non avesse segnato gol fondamentali per la vittoria dei due scudetti conquistati in bianconero (uno su tutti: la zampata di San Siro che ha fatto svoltare l’ultimo campionato), ma a livello internazionale erano poche le prestazioni eccellenti e, soprattutto, trascinanti. Il fatto che, oggi, al suo posto c’è un certo Cristiano Ronaldo può dare un’idea chiara di cosa volesse la Juventus. In più, l’età di Higuain spingeva a una riflessione: questa era l’ultima estate in cui provare a venderlo senza registrare minusvalenze, se si faceva passare l’occasione, il Pipita (considerato anche il maxi ingaggio) poteva diventare un peso per il bilancio in vista di nuovi investimenti sul mercato.

 Così, quando si decidono i destini del campagna acquisti estiva, fra marzo e aprile, Higuain era finito nella lista dei partenti con varie soluzioni. Fra queste spiccava l’idea di scambiarlo con Mauro Icardi, che faceva le bizze per il rinnovo e aveva (e ha tuttora) una clausola valida solo per l’estero che faceva tremare l’Inter. Alla clamorosa operazione c’è chi ha lavorato per un mese, senza riuscire a chiudere per tre ragioni: l’Inter tentennava timorosa della reazione dei tifosi, Icardi non voleva assumersi reponsabilità personali ma voleva che l’Inter facesse la prima mossa e, fondamentalmente, l’operazione Ronaldo stava piano piano prendendo corpo e la Juventus pregustava un boccone decisamente più appetitoso e importante.
A quel punto Higuain è diventato un problema di mercato da risolvere per la Juventus. Quando l’arrivo di Ronaldo era uno scenario solo ai supervertici bianconeri, questi sapevano che la convivenza con Higuain non era possibile né dal punto di vista tecnico, né sotto il profilo economico. Si cerca un acquirente e spunta l’ipotesi Chelsea, dove MaurizioSarri era convinto di avere più potere d’acquisto: ne nasce una lunga e infruttuosa attesa che sfocia nell’operazione Milan. Uno scambio di – per così dire – problemi: i rossoneri avevano quello di Bonucci (che voleva tornare alla Juventus) e i bianconeri vedevano il tempo scorrere senza aver ceduto il Pipita. E così nasce una delle operazioni più contestate dai tifosi (ora però pienamente soddisfatti del ritorno del difensore, per quanto sempre affezionati al centravanti) che comporta il prestito oneroso di Higuain al Milan per 18 milioni di euro con l’opzione di riscatto fissata a 36 milioni. E se il Milan non la esercitasse? Higuain tornerebbe alla Juventus, che tuttavia non potrebbe certamente tenerlo e tornerebbe il problema di trovare una squadra. Scenario possibile? Al momento poco probabile visto il feeling fra il Milan e Higuain, ma proprio l’assenza di obblighi nel contratto era stato un particolare assai poco gradito al Pipita in estate.

Gonzalo Higuain si è regolarmente allenato in gruppo senza avvertire problemi. Un raggio di sole sotto il cielo plumbeo di Milanello. Ieri è finito in bacino di carenaggio pure Musacchio che ha dato ufficialmente l’arrivederci all’anno che verrà. Un problema in più per il povero Gattuso che in questi giorni vede i suoi cadere come foglie. Per fortuna c’è una quercia a cui aggrapparsi stretti nella Grande Notte di San Siro. Una quercia chiamata Pipita. «Lo reputo in assoluto tra i primi cinque goleador più bravi che ci siano nel mondo in questo momento», la sentenza di Fabio Capello, l’allenatore che lo volle a Madrid, nel suo intervento a “L’uomo della domenica” in onda oggi e domani su Sky. Teoria che poggia saldamente sull’aritmetica: a Milano l’argentino ha segnato 7 gol in 12 partite a cui va aggiunto l’assist da tre punti a Patrick Cutrone nella gara con la Roma. Dovesse Gattuso decidere di proseguire sulla strada del 4-4-2, sarebbe quest’ultimo il partner di Gonzalo che – non poteva essere altrimenti – nonostante gli acciacchi alla schiena che l’hanno costretto ad alzare bandiera bianca a Udine, resta stella polare di ogni soluzione d’attacco da proporre contro la Juve. Perché Gattuso potrebbe anche decidere di tenersi Cutrone come jolly per dare una scossa alla gara in corso d’opera e, in quel caso, si spalancherebbero due ulteriori opzioni: il ritorno al 4-3-3 con Suso e uno tra Castillejo e Calhanoglu (pure lui ammaccato) in qualità di scudieri di Higuain, oppure si potrebbe vedere un Milan con un 4-4-1-1 con Suso ancorato ai centrocampisti e il solo Castillejo a muoversi alle spalle del centravanti. Questo perché, viste le oggettive difficoltà che presenta la gara (al di là del valore dell’avversario, vanno gestite le scorie accumulate nel match di Europa League a Siviglia) il primo obiettivo del Milan deve essere quello di rimanere saldamente dentro la partita, anche perché se hai Higuain al centro dell’attacco, una gara bloccata (basta andarsi a rivedere il match con la Roma) può anche essere decisa con una giocata.

La visita di André Silva nell’hotel della squadra a Siviglia ha rivitalizzato i fantasmi dell’ultima stagione, quando il Milan è stato azzoppato dal fatto di non avere un centravanti degno di tal nome. L’impatto di Higuain in tal senso è stato fondamentale. I suoi gol infatti sono stati tutti decisivi: ha pareggiato la partita a Cagliari, ha messo il piede nel 2-2 con l’Atalanta, ha matato il Chievo con una doppietta (3-1 il finale) e ha ripreso la Sampdoria prima che Suso firmasse il definitivo 3-2. Il Milan però non ha trovato solo gol, ma un leader a cui appoggiarsi: un centravanti in grado di far giocare meglio la squadra e di capire le varie fasi all’interno della partita. In più – fattore per nulla secondario – il fatto che Higuain per ora non rientri nei piani della Nazionale argentina, permette allo staff tecnico di utilizzare ogni sosta di campionato per ricaricare le batterie a un giocatore che il 10 dicembre taglierà il traguardo dei 31 anni ma che, soprattutto, in carriera – sin dai tempi del River, ha sempre vissuto ogni partita come una battaglia. La prossima, sarà contro la Juventus che l’ha sedotto e abbandonato per far posto a Cristiano Ronaldo senza dissanguare il bilancio. E dire che i due avevano giocato cento partite in coppia a Madrid. Dove però il fair play finanziario non è mai stato di casa.

Non c’è pace per il Milan. Nel giorno in cui Higuain rientra in gruppo dando così la sua disponibilità al big match contro la Juventus, ecco arrivare una pessima notizia su Mateo Musacchio, uscito anzitempo giovedì sera a Siviglia per un colpo preso in uno scontro fortuito con Kessie. Inizialmente si pensava che il problema del difensore argentino fosse alla testa (trauma cranico, esito negativo), ma gli accertamenti svolti ieri hanno evidenziato un «trauma al ginocchio destro che ha comportato la lesione del legamento crociato posteriore, infortunio – si legge nel comunicato del club rossonero – che richiederà un trattamento conservativo di 6-8 settimane». Una mazzata vera e propria per il giocatore, che dovrà rimanere fermo un paio di mesi senza avere poi la certezza di tornare subito in campo (non è da escludere l’intervento se la terapia non sarà efficace), ma un durissimo colpo anche per Gattuso alle prese già con il lungo stop di Caldara che il 27 ottobre ha riportato una lesione parziale del tendine achilleo ed una lesione della giunzione mio-tendinea del muscolo gemello mediale del polpaccio destro per uno stop valutato in almeno tre mesi. Di fatto al tecnico rossonero per i dieci impegni fra campionato ed Europa League che lo attendo da domani al 29 dicembre avrà a disposizione i soli Zapata e Romagnoli come difensori centrali di ruolo più l’adattabile Rodriguez (ma più in una linea a tre) e il 23enne ceco Simic, in questa stagione mai impiegato. Un’emergenza totale che si allarga anche al reparto di centrocampo visto che domani sera il tecnico non potrà contare su Bonaventura (fermo per un’infiammazione al ginocchio) e Biglia che giovedì è stato operato in Finlandia per ricostruire una lesione della giunzione miotendinea del gemello mediale del polpaccio destro e che ne avrà per almeno quattro mesi. Non al top Kessie (giocherà), Calhanoglu (in dubbio) e pure Cutrone.

Non è più infortunato Andrea Conti, squalificato per tre giornate per le proteste animate nel post partita di Milan-Chievo Primavera dello scorso weekend. Il Milan ha fatto ricorso, ma è stato rigettato e Conti così non potrà ritrovare la condizione in Primavera (ma potrà essere convocato da Gattuso). Ieri sera però il club rossonero ha pubblicato un comunicato «per fare chiarezza» e prendere le difese di Conti. Il Milan chiede «che i fatti vengano accertati con particolare riferimento alla condotta del direttore di gara. Vogliamo evitare che questo caso venga chiuso attraverso una semplice sentenza».

«Milan-Juventus? Sarà un partitone». Gli occhi di Paolo Scaroni si illuminano quando, dopo le domande di finanza, si inizia a parlare di calcio. Il presidente del Milan, ospite ieri pomeriggio nella sede di Confindustria Vicenza a un dibattito su temi economici promosso da Banca Intesa San Paolo, è un grande appassionato e grande tifoso sia della squadra rossonera sia del Vicenza, città dove è nato e di cui è stato presidente per un anno alla fine degli Anni Novanta con la proprietà Enic e Francesco Guidolin in panchina. Flash lontani, ricordati con nostalgia, ma è il presente ad elettrizzarlo e gasarlo. Il “countdown” è già iniziato e lui non nasconde l’attesa che cresce di ora in ora.

Presidente, che partita si aspetta?  «Un formidabile match, ma sono convinto anche un super evento sportivo, tra due squadre che hanno scritto e fatto la storia del calcio italiano e mondiale».

Come si immagina la sfida?  «Una grande partita, tra due squadre che scenderanno in campo per vincere, prevedo spettacolo in campo. Match aperto a tutti i risultati».  Lei come lo vivrà?

«Con emozione ma anche con un grande peso sullo stomaco. Io dico sempre una cosa: è bello fare il presidente di una squadra di calcio, peccato ci siano le partite. Uno soffre talmente tanto, ed è il mio caso, che praticamente quasi non non ci diverte soprattutto nelle grandi sfide. Sa che cosa arrivo a dirle?».  Dica pure … «Che se rinviassero Milan-Juventus quasi lo preferirei. Scherzi a parte, contro la Juve sarà una sfida difficile, ma sono convinto che i nostri giocatori, in uno stadio pieno, daranno il massimo e anche di più, come successo nelle ultime partite».

Milan-Juventus è anche Higuain contro CR7… «Mi auguro che Gonzalo sia della sfida: si è allenato in gruppo, speriamo bene. Sono due campioni, entrambi vivono di gol».  Che momento sta vivendo la sua squadra?  «Un periodo non facile, visto che sono quasi più i giocatori infortunati che quelli disponibili, bisogna stringere i denti. Ma nelle ultime partite i ragazzi hanno mostrato grande cuore e voglia di vincere, i successi arrivati nel finale conferma che ci credono sempre».

Come vede Gattuso?  «Bene. Lui è un uomo tutto Milan, anche in virtù della lunga militanza come giocatore. E’ un tecnico molto determinato, mi pare che il Milan di oggi abbia preso la sua grinta». Gli obiettivi della squadra restano gli stessi?

«Diciamo che siamo fiduciosi». Presidente Scaroni, cosa ci può dire del L.R. Vicenza, di cui lei è grande tifoso? «Ero allo stadio Menti per la sfida contro il Monza, sicuramente la partita più bella della stagione: mi sono divertito come un matto, il Vicenza sembrava il Real Madrid. E Giacomelli ha segnato un gol che si vede di solito solo in serie A, una rete strepitosa al volo».

Il progetto di patron Renzo Rosso come lo vede?  «Non è stato facile fondere due club come Bassano e Vicenza, ma alla fine ce l’ha fatta e credo sia contento di come vanno le cose. Di certo la tifoseria biancorossa (oltre novemila al Menti per Vicenza-Monza, ndr.) non è da serie C1, merita categorie superiori».

Proprio Rosso ha detto che sogna di vedere affrontarsi un giorno Milan e Vicenza… «E’ un sogno di tutti, anche il mio: sul Vicenza abbiamo grandi ambizioni, oltre alla proprietà c’è un asset formidabile rappresentato per l’appunto dal pubblico. Per quanto riguarda lo stadio Meazza, è più facile che venga a giocare il Monza, vedremo cosa succederà».

Tre cambi, uno per reparto: è questo il turnover che Massimiliano Allegri sta pensando di varare per la trasferta di San Siro contro il Milan rispetto alla sfida di Champions League. Joao Cancelo al posto di Matteo De Sciglio, a sorpresa schierato mercoledì sera contro il Manchester United proprio per far rifiatare il portoghese, non al top dopo un leggero affaticamento; Blaise Matuidi a centrocampo per Sami Khedira o Rodrigo Bentancur, che si giocano una maglia da titolare; Mario Mandzukic al posto di Juan Cuadrado dovrebbe invece guidare l’attacco bianconero con Paulo Dybala e Cristiano Ronaldo ai lati del tridente.
Non saranno le uniche novità perché dovrebbero ritornare tra i convocati anche Federico Bernardeschi e Douglas Costa, entrambi reduci da problemi muscolari (all’addome per l’azzurro, agli adduttori della coscia sinistra per il brasiliano) che li hanno costretti a seguire la Champions League dalla tribuna. Per loro non sarebbe pronto un posto da titolare, ma l’idea potrebbe essere quella di lanciarli eventualmente a partita in corso con il solito ruolo di spaccapartite: nel caso la sfida non si sblocchi garantiscono quel mix di tecnica e forza in grado di spostare gli equilibri. Al pari di Cuadrado, anche lui destinato alla panchina ma assai utile da subentrante, come ha dimostrato in questi anni.

Se Cancelo è chiamato a giocare terzino destro completando così la linea a quattro della difesa insieme con la coppia di centrali Leonardo Bonucci-Giorgio Chiellini e l’altro terzino Alex Sandro (Allegri punta sui titolarissimi della retroguardia per fermare la furia di Gonzalo Higuain e la costanza di Suso), a centrocampo il dilemma è semmai su chi tenere fuori con il ritorno di Matuidi.
Bentancur sta infatti vivendo un momento di grande spolvero visto che anche contro lo United ha mostrato il suo crescendo in termini di personalità, sicurezza e giocate. Quindi sarebbe un peccato escluderlo, sebbene l’uruguaiano abbia giocato da titolare le ultime sei partite tra campionato e Champions e probabilmente ha bisogno di rifiatare. D’altro canto, il rientro di Khedira (mercoledì è stato in campo un’ora) è un’ottima notizia per Allegri, che stravede per il tedesco e lo considera un intoccabile quando sta bene. In questo momento va però gestito perché è reduce da un infortunio che lo ha tenuto fermo più di un mese: se il giocatore se la sente, sarà lui il titolare, tanto più che potrà riposare perché anche stavolta non andrà in Nazionale, escluso dal ct della Germania Joachim Loew.

È ovvio che non vi si possa attribuire un significato politico, ma è anche altrettanto pacifico che non si può dimenticare come queste siano le prime convocazioni diramate da Roberto Mancini con il nuovo presidente federale in carica. Quelle, insomma, che avviano l’era post-commissariale e dei dirigenti che lo hanno scelto e voluto alla guida della Nazionale. Gabriele Gravina, l’uomo che ha riportato il calcio alla guida della Figc, si è espresso a favore del ct con un appoggio un poco… forzato («Non l’ho scelto io, ma devo difenderlo: è il mio allenatore e un ottimo tecnico») che comunque permette a Mancini di lavorare in prospettiva Europei 2020. Nel frattempo, Gravina va avanti nel progetto di dare vita al “Club Italia” e, verificata l’impossibilità di affidarne la responsabilità a Beppe Marotta, ora la scelta potrebbe cadere su Rinaldo Sagramola, 64 anni, dg di lungo corso tra Vicenza, Palermo e Brescia.
Quanto alle convocazioni, Mancini continua nel suo progetto di “mini stage” accanto ai giocatori più di attuale concretezza, favorito anche dalla vittoria contro la Polonia che ha escluso qualsiasi rischio di retrocessione nella serie B della Nations League. A far discutere, però, sono più gli esclusi che i convocati soprattutto riguardo alle reiterate rinunce a Mario Balotelli e ad Andrea Belotti. Al loro posto arriva la prima chiamata per Leonardo Pavoletti, l’attaccante livornese del Cagliari protagonista di un buon inizio di stagione e, in questo fase, tatticamente adatto al nuovo modulo con gli esterni che si inseriscono e con la seconda punta che gira” intorno alla prima. Ancora attacco per segnalare la conferma di Kevin Lasagna (l’uomo assist nel gol vittoria contro la Polonia) e Ciro Immobile che pure ha vissuto un’ultima parentesi azzurra assai tesa con tanto di messaggio social infuriato contro il mondo che non comprende il suo valore. Quanto alle novità, ecco Sandro Tonali, promettente centrocampista del Brescia, dopo Pellegri del 2001 un altro classe 2000 dell’Italia (definito “nuovo Pirlo” per una certa somiglianza nella capigliatura, più che nel tipo di gioco); Stefano Sensi del Sassuolo e Vincenzo Grifo, esterno d’attacco dell’Hoffenheim. A proposito di Grifo, già il mese scorso segnalammo come gli osservatori azzurri avessero cominciato a setacciare i campionati europei alla ricerca di giocatori figli di italiani di seconda generazione che potessero ampliare l’area di reclutamento azzurra: prima risposta.

La bomba di Empoli e la perla assoluta contro lo United. Nel giro di dieci giorni. Cristiano Ronaldo ha messo i sigilli che più gli piacciono sulla sua conquista della Juve. Perché questa è la sua Juve. Sarà cambiata, avrà difetti, dovrà correggere qualche tratto, ma non c’è dubbio sul fatto che si tratti della squadra di CR7. E’ lui che l’ha resa ancora più forte, che ne incarna il temperamento, che se non ci fosse stata l’ingiusta espulsione a Valencia sarebbe l’unico ad averle giocate tutte e tutte intere. Un leader vero, anche con i comportamenti. Uomo squadra con gol e assist (oggi siamo a quota 8 e 6), con professionalità e disponibilità. Significa, aggiungendo 100.000 follower in più al giorno sui profili del club – media pazzesca dal suo arrivo! – che l’affare torna in tutte le sue forme.

SPERANZA. Così, mostrando l’addome scolpito, ha ripreso definitivamente il filo. Anche del Pallone d’Oro, perché se per la prima volta in dieci anni non parte primo o secondo, a poco meno di un mese dall’assegnazione il rush con i francesi campioni del mondo Griezmann e Mbappé è sicuramente più vivo. E stasera il nuovo obiettivo. Perché così vanno avanti i supercampioni, a suon di traguardi. Fungono da stimolo e generalmente ti fanno entrare nella storia. Dei 666 gol segnati finora in carriera nemmeno uno, in partita, a San Siro. Può essere mai? Non è roba da Cristiano e il Milan è avvisato. Finora 5 partite a Milano (con Manchester United e Real Madrid) e niente timbro. Ci ha vinto la Champions, segnando ai rigori nel derby con l’Atletico, ma nei 480 minuti di partita (30 di supplementari in finale 2016) nada.

RIFERIMENTO. Stasera Ronaldo ripartirà da Mandzukic, nel senso che l’attacco della Juve è pronto ad indossare il vestito con il punto di riferimento. Non tre attaccanti di movimento, ma Cristiano e un altro alle spalle di un centravanti. La formula gli piace parecchio e lo ha manifestato anche ad Allegri in avvio di stagione. Così le botte le prende Mandzukic e lui può dedicarsi a creare calcio. E a finalizzare. La teoria delle ultime settimane racconta che CR7 non sia ancora sfruttato al massimo dai compagni. Ma Allegri guarda avanti: «E’ unico, deve essere sfruttato per le sue caratteristiche, ma intanto segna gol splendidi». E che gli vuoi dire?

CAMBIO. Oggi dall’altra parte avrà quell’Higuain già suo compagno al Real e ex bianconero più o meno come lui. Nel senso che prima dei 117 milioni per comprare lui la Juve ne aveva investiti 90 due anni prima per avere il Pipita. «Poi l’estate scorsa abbiamo fatto una scelta…» commenta Allegri. Che per ora sta pagando. Alla grande. Perché dovrà crescere ancora, correggere qualche difetto, lavorare al meglio sulle proprie doti. Ma tra campo verde e campo marketing non c’è dubbio che questa sia la Juve di Ronaldo. Anche senza gol a San Siro. Però il piede è caldo. Per maggiori informazioni chiedere a De Gea.

Le buone notizie annegano sotto il diluvio che continua a imperversare su Mi- lanello, ma se non altro ci sono. E allora partiamo da quelle, ovvero dalla più importante: domani sera Higuain ci sarà. Ieri Gonzalo ha abbandonato cure e palestra per scendere in campo assieme a chi non aveva giocato a Siviglia, sostenendo tutto l’allenamento. Dove per tutto si intende dal riscaldamento alla serie di partitelle finali a campo ridotto, pare anche giocate su ottimi ritmi. Questo significa che il Pipa è recuperato e potrà assecondare il grande desiderio di sfidare il passato che l’ha sedotto e abbandonato. Il Milan però in questo periodo sta viaggiando a ritmi ospedalieri che hanno dell’incredibile e ieri è caduta su Gattuso l’ennesima mazzata: il tecnico perde anche Musacchio, che ha riportato «la lesione del legamento crociato posteriore del ginocchio destro, infortunio che richiederà un trattamento conservativo di 6-8 settimane». In pratica, tutti a preoccuparsi della botta alla testa – gli accertamenti hanno dato esito negativo – dopo il violento scontro con Kessie, mentre il vero problema era al ginocchio. Un problema per Mateo e ovviamente un problema per il Milan, che perde un altro pezzo importante per un paio di mesi circa, assenza resa ancora più dolorosa da quella concomitante di Caldara. In questo momento gli unici centrali di ruolo sono Romagnoli, Zapata e Si- mic, che fin qui langue a minuti zero.

PROSPETTIVA Un altro lungodegente dunque, che si somma all’assenza di Biglia, fuori per circa quattro mesi. Occorrerà intervenire sul mercato e sul taccuino di Leonardo c’è il nome di Stefano Sensi, da tempo in evidenza e in queste ore tornato d’attualità. Ancora non c’è stato un contatto ufficiale con il Sassuolo, ma la candidatura del centrocampista di Urbino sta prendendo quota. In questa stagione si è ben disimpegnato anche da mezzala e ha mezzi tecnici di primo livello. Nell’immediato può sopperire all’assenza di Biglia, ma ha la duttilità per ricoprire più ruoli a centrocampo. Messosi in luce nel Cesena, è al Sassuolo dalla scorsa stagione. Dopo un lungo infortunio ha trovato continuità, tanto da meritare la convocazione in Nazionale. In prospettiva Sensi può essere prezioso in vari ruoli, considerando che molti centrocampisti rossoneri sono a fine contratto: Montolivo, Bertolacci e José Mauri. Anche per questo Leonardo ci sta pensando in maniera concreta. Già a Reggio Emilia, il 30 settembre, si era complimentato per la sua prestazione contro i rossoneri.

RICADUTE Tornando all’infer- meria, da registrare il rientro a pieno titolo di Calabria, ma anche i numerosi punti di domanda sugli acciaccati vari. Premesso che Bonaventura non ce la fa, per quello che è filtrato Kessie stringerà i denti ancora una volta e dovrebbe esserci, e lo stesso dovrebbe accadere per Calhanoglu, che ha preso l’ennesima botta sul piede destro ma ieri camminava abbastanza bene. Dubbi su Cutrone, anche lui alle prese con una ricaduta alla solita caviglia sinistra che lo tormenta da due mesi. Gattuso dovrebbe tornare alla difesa a quattro, con il resto del sistema da valutare oggi: può essere 4-4-2 (con Castillejo che si candida con forza) o 4-2-3-1.

Se si considerano i minuti di assenza dal campo, Riccardo Montolivo è il più «infortunato» della squadra: l’ultima partita giocata risale al 13 maggio scorso, in casa dell’Atalanta, e finita anzitempo per un’espulsione a un quarto d’ora dal 90’. Un lunghissimo periodo che avrebbe fiaccato chiunque: un conto è allenarsi, un altro mettere alla prova fisico e mente in partite vere. Il discorso vale per tutti, per chi si è sempre mantenuto in buona forma e a maggior ragione per chi, come l’ex capitano, in questi mesi ha risentito di un fastidio al polpaccio che richiederebbe un ritorno in gruppo graduale. Ecco perché nonostante gli infortuni veri e gli impegni ravvicinati che favorirebbero il turn over, anche contro la Juve Montolivo andrà in panchina. Convocato – perché Gattuso non l’ha mai escluso a priori – ma a sedere tra le riserve. Così la mediana sarà ancora composta dall’insostituibile guerriero Kessie, ormai abituato al super uso, e pronto alla battaglia di domani sera. Al suo fianco ancora Bakayoko, che effettivamente sta crescendo: a Gattuso sono molti di meno quelli che danno del pazzo. «Ha giocato bene anche col Genoa, solo chi non fa, non sbaglia. Ma quando l’ho detto mi avete preso per matto. Ora deve continuare su questa strada e ci darà grandi benefici». Di tutta la rosa solo Tiemoué, del resto, può vantare due partite da titolare contro la Juventus in semifinale Champions: magari qualcosa vuol dire.

IN DIFESA DI CONTI Infine il club difende Conti, squalificato tre turni in Primavera: «Un provvedimento severo che ne intacca la reputazione inappuntabile. Chiediamo, nel pieno rispetto delle autorità giudicanti, che i fatti vengano accertati con particolare riferimento alla condotta del direttore di gara. Vogliamo evitare che il caso venga chiuso con una semplice sentenza, senza fare chiarezza su tutto».

In comune hanno due punti chiave: il ruolo, attaccante, e il passato a Milanello. Ibrahimovic e Pato alimentano i sogni di mercato dei tifosi rossoneri, sostenuti dal fatto che un nuovo ingresso in attacco è ritenuto opportuno anche dalla società e dall’allenatore. Se il modulo che sceglierà Gattuso in futuro è quello a due punte, è evidente la mancanza di un altro elemento in rosa. Zlatan è senza dubbio una figura ingombrante e a 37 anni l’investimento va ben ponderato: Leonardo aveva ammesso di averlo cercato durante l’estate scorsa e anche di recente non ha chiuso categoricamente la porta. Anche perché poi a riaprirla ci pensa sempre lui, Ibra. Stavolta, se la suggestione si fa più concreta, è per una conferma – più o meno indiretta- dello svedese. In un’intervista rilasciata all’Equipe ha replicato alla domanda di un possibile ritorno in rossonero con una frase che lascia aperta alle interpretazioni. L’assist che Ibra raccoglie arriva in realtà da…Arsene Wenger: «Lui al Milan? E’ più probabile che torni io… Comunque non so ancora cosa farò. So che molti club europei sono interessati a me».

DIFFERENZA Se l’età può essere un freno per chi riflette sul suo possibile ingaggio, di certo non lo è per Zlatan che a -3 dai quaranta si sente sempre in ottima forma: «Io e la mia famiglia amiamo molto la vita qui a Los Angeles ma ho bisogno di una sfida, di una ragione per continuare a giocare a calcio. Non voglio andare in una squadra solo perché sono Zlatan Ibrahimovic. Voglio fare ancora la differenza, come ho sempre fatto». Pato dalla Cina la pensa allo stesso modo: in Oriente è osannato ma l’energia della Serie A è un’altra cosa.