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Dalla Serie A alla Champions League: passo breve, ma anche logico, per Aaron Ramsey. La contingenza del momento (ovvero l’assenza di Douglas Costa per infortunio) ha spinto Maurizio Sarri a esplorare nuove- vecchie vie, vale a dire, quel 4-3-1-2 che era diventato il personale marchio di fabbrica nell’esperienza di Empoli. Un sistema di gioco in cui l’allenatore ha trovato anche un interprete di eccezione per metterlo in pratica.

Perché il gallese, che dopo il debutto con il Verona aveva detto di sentirsi una mezz’ala box-tobox, fin dalla seconda prova – in trasferta contro il Brescia – ha confermato le eccellenti doti di duttilità che ne hanno accompagnato la carriera, muovendosi a suo agio nei compiti da trequartista. Lo ha fatto nel turno infrasettimale, lo ha ribadito sabato contro la Spal. Ed è pronto a farlo anche questa sera, in Champions per l’appunto, contro il Bayer Leverkusen. Sarri, in questo ruolo, ha indicato Paulo Dybala e Federico Bernardeschi come eventuali alternative. L’argentino, però, finora si è proposto come eccellente spalla di Cristiano Ronaldo, mentre l’azzurro non ha ancora trovato la brillantezza richiesta a un trequartista. Compiti che il gallese, invece, svolge al meglio. Innanzitutto perché sta ritrovando, una volta recuperato appieno dall’infortunio patito con l’Arsenal in Europa League, quella è sempre andato intorno all’ora di utilizzo nelle tre partite disputate in campionato, partendo da titolare.

Il gallese ha bisogno di accumulare minutaggio evitando controproducenti accelerazioni: l’ultima partita intera l’aveva disputata l’11 aprile contro il Napoli. Tre ore complessive in cui il suo contributo è apparso sempre fondamentale, per la personalità che mette sul campo insieme con la capacità di verticalizzare immediatamente il gioco, attaccando la profondità sia partendo palla al piede sia cercando l’appoggio per il compagno meglio smarcato. Il tutto proposto con una naturalezza e una semplicità che hanno già fatto appassionare i tifosi, che si sono ben presto impadroniti del Rambo così rimpianto dai tifosi dell’Arsenal. A Londra la lunga permanenza aveva creato un feeling speciale con i supporter dei Gunners, le prime uscite in bianconero paiono destinate a rinnovarlo. Anche perché lo stesso Ramsey, che ha firmato fino al 2023, ha a sua volta adoperato parole dolci per Torino, fin dal primo giorno in cui vi ha messo piede, scoprendo una città a misura d’uomo, che gli permette di scoprirla con discrezione giorno dopo giorno, insieme con la famiglia. E a proposito di scoperte, per il gallese sarà la prima volta da titolare in Champions League con una maglia differente da quella dell’Arsenal, dopo la manciata di minuti nel finale al Wanda Metropolitano, buoni per il debutto assoluto in bianconero. L’ultima volta non era stata particolarmente felice, con il Bayern andato a vincere 5-1 in casa dell’Arsenal il 7 marzo 2017. Ma era una tedesca ben differente dal Bayer attuale, come lo è la Juventus rispetto all’Arsenal. Solo Ramsey è rimasto identico a se stesso: Rambo era e Rambo è tornato.

condizione fisica esplosiva che aveva spinto i tifosi Gunners a ribattezzarlo Rambo: uno che non molla mai. Poi perché si muove nelle varie situazioni dando sempre l’impressione di saper fare la cosa giusta nel momento giusto. Ramsey non è soltanto il trequartista che inventa alle spalle delle due punte, ma anche quello pronto a inserirsi negli spazi larghi che, in questo momento, Sarri sta facendo tenere a CR7 (sinistra) e Dybala (destra). Movimenti da falso nove che lo portanto a presentarsi aggressivo in area, pronto alla conclusione di piede o in acrobazia, come si è visto nel primo tempo contro la Spal quando soltanto uno straordinario movimento in controtempo di Etrit Berisha ha impedito il gol. Finora Sarri ha gestito con attenzione il ritorno in campo di Ramsey, che

Non si smette mai di imparare, perché non si smette mai di migliorare. Che l’ordine dei fattori sia questo o si preferisca ribaltare gli addendi, poco cambia: il mantra dalle parti della Continassa è imperativo e martellante. Tradotto in concreta realtà dallo spirito con cui si presenta ogni giorno al campo d’allenamento il 41enne Gianluigi Buffon, dall’abnegazione con cui lavora quotidianamente – infortuni permettendo – il 35enne Giorgio Chiellini. Figurarsi, allora, i margini di crescita quando hai da poco varcato la soglia dei 30 anni. E, magari, sei chiamato ad esplorare nuovi ruoli in campo.

Come nel caso di Juan Cuadrado, una carriera da esterno alto e qualche recente apparizione da terzino destinata a ripetersi nel futuro prossimo. «Il mio ruolo naturale è più offensivo, ma sono sempre a disposizione del mister per dare il 100% di me stesso alla squadra – ha spiegato ieri il colombiano in un’intervista a Sky Sport –. In particolar modo in questo momento, con De Sciglio e Danilo ancora infortunati ». Problemi fisici che non si risolveranno prima della sosta e che comporteranno una più che probabile conferma del 31enne di Necoclì nella posizione di terzino destro. Quella in cui a Brescia ha rilevato Danilo, quella in cui si è ben destreggiato sabato con la Spal. E quella – appunto – in cui Maurizio Sarri, salvo sorprese, lo schiererà tanto domani sera con il Bayer Leverkusen quanto domenica nel big match di San Siro con l’Inter.

Le alternative, d’altronde, scarseggiano e così Cuadrado – impiegato invece alto al posto di Douglas Costa nelle prime apparizioni stagionali – è chiamato ad adattasi. E, appunto, a crescere nei movimenti e nella lettura delle situazioni senza palla. Magari grazie al contributo di un compagno di mille battaglie, che in estate ha optato per passare dall’altra parte della barricata. «Andrea Barzagli entra a fare parte del nostro staff con l’incarico di curare la fase difensiva di alcuni elementi che hanno ancora qualche carenza – le parole di Sarri la scorsa settimana –. Penso per esempio a Cuadrado, che da terzino può crescere molto in alcuni movimenti e in alcune posture ». Ecco, appunto. «L’ho già visto e abbiamo già parlato – ha confermato l’esterno colombiano –. Una persona del suo livello e della sua esperienza non potrà che aiutarmi moltissimo». Perché non si smette mai di imparare, né di migliorare. Nemmeno ai livelli più alti, nemmeno quando si è straordinari protagonisti sul palco della Champions League.

«A Madrid contro l’Atletico ho realizzato un bellissimo gol, anche se offuscato da un po’ di rammarico per la rimonta subita. Ma dobbiamo restare tranquilli, perché ogni partita stiamo facendo un pezzetto in più di quello che ci chiede il mister. In Europa tutte le partite sono difficili e vanno interpretate come fossero delle finali. L’Inter? È una grandissima squadra e ha tutto per confermarsi nelle zone nobili della classifica. Noi dobbiamo continuare a lottare per stare davanti a tutti, sicuramente domenica sarà una battaglia molto bella da giocare». Anche da terzino.

C’è un’idea che ronza nella testa di Maurizio Sarri, un ronzio talmente insistente che il tecnico ne ha già parlato due volte e senza essere stimolato da esplicita domanda. Anzi, lo ha fatto analizzando un dilemma che presuppone l’inattuabilità di quell’idea, ossia chi tra Paulo Dybala e Gonzalo Higuain sia il miglior partner d’attacco per Cristiano Ronaldo. L’idea che ronza nella testa di Sarri invece vede i due argentini in campo con il fuoriclasse portoghese. «In certe fasi della partita possono anche giocare assieme», aveva detto alla vigilia della partita con la Spal, durante la quale il pensiero di cedere alla tentazione si è affacciato: «Già al 30’ del primo tempo stavo pensando di farli giocare tutti e tre nella ripresa, se la partita non si fosse sbloccata».

ARMA D’EMERGENZA L’ultima precisazione indica come il trio Dybala-Higuain- Ronaldo sia una sorta di arma segreta d’emergenza, potentissima ma con effetti collaterali rischiosi, da usare dunque solo in caso di necessità: quando l’esigenza di segnare si fa impellente e pur di soddisfarla vale la pena correre qualche rischio. Ecco perché, per quanto affascinante possa essere l’idea di vedere CR7 duettare con la Joya e il Pipita, per il momento i tifosi bianconeri farebbero probabilmente meglio ad augurarsi di non vederla messa in pratica, perché il presupposto sarebbe un risultato poco soddisfacente. Certo, gli amanti della suspence potrebbero anche sperare di vedere il trio delle meraviglie entrare in azione e funzionare alla grande, raggiungendo l’obiettivo. Magari anche già domani contro il Bayer Leverkusen.

Il pareggio con l’Atletico al Wanda Metropolitano, per quanto amaro possa aver lasciato nelle bocche bianconere per il modo in cui è maturato, è sicuramente un buon risultato. Domani sera allo Stadium però alla Juventus servono 3 punti, per cominciare a scavare un po’ di distanza in un girone in cui nulla è scritto, dove quella che sulla carta era la squadra meno attrezzata, la Lokomotiv Mosca, è andata a vincere in casa della terza forza, proprio il Leverkusen, che comunque è secondo in Bundesliga. Così, se la Juve non dovesse trovare il vantaggio, la tentazione domani sera tornerebbe ad affacciarsi alla mente di Sarri e l’idea che gli ronza in testa diventare realtà sul campo. Probabilmente adeguandosi all’attuale 4-3- 1-2 bianconero, con Dybala trequartista alle spalle di Higuain e Ronaldo, più che in un tridente con la Joya e CR7 ai lati del Pipita. Un modulo adottato per la prima volta martedì scorso a Brescia e del quale Sarri non ha mancato di sottolineare, sia dopo la vittoria del Rigamonti sia dopo quella con la Spal, le difficoltà che comporta in fase difensiva, rovescio della medaglia di un aiuto al palleggio dato dal trequartista.

IL FUTURO Chiaro che a quelle difficoltà è più semplice far fronte se il trequartista è un centrocampista vero come Aaron Ramsey (confermato domani sera) che non un attaccante come Dybala. Soprattutto per una squadra come la Juve di questo avvio di stagione, non ancora perfetta nell’interpretazione della fase difensiva chiesta da Sarri: a volte troppo lunga, non sempre abbastanza aggressiva nel pressare i difensori avversari. Sbavature che però si stanno già riducendo e sono destinate presto o tardi a scomparire con il maniacale lavoro quotidiano del tecnico: e quando la Juventus si muoverà alla perfezione anche senza palla, a Sarri la tentazione di «farli giocare tutti e tre assieme» potrebbe venire anche al momento di scegliere la formazione titolare. Certo, questo comporterebbe probabilmente l’esclusione di un Ramsey che appena entrato in squadra ha avuto un grande impatto: ma d’altra parte che sia il gallese, che sia Douglas Costa, che sia Dybala o che sia Higuain – e l’elenco potrebbe continuare – qualche campione in questa Juve è destinato di volta in volta a restare fuori dai titolari. E’ la sua forza.

RAFFAELE R. RIVERSO Diego Pablo Simeone ha deciso di portarsi a Mosca tutti i propri uomini disponibili. L’unico a restare a Madrid è stato Vitolo che, sabato sera, durante l’intervallo del derby madrileno, è stato costretto a rimanere negli spogliatoi a causa di una lesione muscolare alla coscia sinistra. Per la complicata trasferta sul campo del Lokomotiv, tuttavia, il Cholo recupera Álvaro Morata che dovrebbe ritrovare una maglia da titolare accanto a Diego Costa e Joao Felix. Ed è proprio sulla giovanissima perla portoghese che Yuri Semin, il tecnico dei russi, si è soffermato nel dopo partita della sfida contro lo Zenit, vinta dai rossoverdi che hanno, così, raggiunto in testa alla classifica della Premier proprio la squadra di San Pietroburgo: «Sarà una delle grandi stelle del calcio mondiale, come Cristiano Ronaldo o, forse, ancor più di lui perché ha notevoli margini di crescita ». POCHI GOL Dopo la prima giornata, complice il pareggio del Metropolitano tra la Juventus e l’Atleti, i russi sono in testa al girone D grazie alla vittoria in trasferta sul campo del Bayer Leverkusen. Al Lokomotiv Stadion, i colchoneros dovranno ritrovare il feeling con il gol. Nei primi sette incontri di campionato, infatti, la squadra del Cholo è riuscita a segnare soltanto sette reti. E la verità è che anche in Champions, contro la Juve, la reazione (d’orgoglio, più che altro) è arrivata soltanto dopo aver subito la seconda rete bianconera firmata da Matuidi. Fino a quel momento, infatti, i rojiblancos avevano messo in evidenza i seri problemi negli ultimi 16 metri che si portano dietro sin dall’inizio della stagione. Ed è proprio sotto questo aspetto che il rientro di Morata diventa fondamentale.

Guardate le facce di Cristiano Ronaldo nel corso della partita di sabato contro la Spal. Espressioni che rendono l’idea di come sia andato il pomeriggio, suo e della Juventus tutta, allo Stadium: corrucciato, CR7, per il gol che non arrivava, quindi scintillante per il 2-0 che ha chiuso giochi in verità mai aperti sul serio; con lo sguardo rivolto al cielo, prima, perché le divinità maligne gli remavano contro, e quella testa che scuotendosi diceva di no causa l’ennesima respinta di Berisha, sostituita poi dalla mascella serrata e dagli occhi carichi di luce dopo il gol del raddoppio, che significano liberazione pura. Cristiano, prendere o lasciare, è fatto così: vorrebbe spaccare il mondo, il che nel suo caso significa segnare cinque gol a partita, vincere scudetti, Palloni d’Oro, Champions. Quella cavalcata verso la Coppa che i tifosi juventini nati nei mitici Novanta non hanno mai vissuto da vicino: possono farsela raccontare, semmai, dai parenti, oppure replicare il tour del museo a piacimento. O ancora, possono affidarsi a CR7, alle mille facce di un campione cosmico che dopo aver spaventato i tifosi dell’Atletico Madrid nel finale del match del Wanda, ora punta a fare lo stesso in giro per il Continente. Domani sera, avversario il Bayer Leverkusen, l’Europa tornerà ad essere un tema totalizzante della stagione juventina. Di più, per Ronaldo, tutt’altro che aduso all’accontentarsi. E il ricordo della semifinale mancata in aprile, nella notte più buia, è lì, sullo sfondo: che brutta quella Juve, mentre De Ligt e soci facevano festa e CR7 si accaniva contro il destino che aveva offuscato le facoltà mentali dei compagni. Cristiano vede i suoi 127 gol in Champions come un numero da aggiornare, non tanto per distanziare il nemico che gli ha appena “scippato” il Fifa The Best (Messi è a quota 112) ma per far capire al mondo che hic et nunc (qui ed ora) comanda lui. E comanderà a lungo, se a 34 anni il fisico è scolpito come quello di un giovanotto palestrato il giusto. Chi sostiene che vada avanti per forza d’inerzia non conosce la cura ossessiva con cui Ronaldo programma ogni singolo istante della sua vita. Ossessiva, come l’ossessione che la critica appalta all’universo juventino, che insegue vanamente la Coppa dal ’96. Con l’asso portoghese, invece, la storia bianconera in Champions è diversa, deve essere diversa. Provate a immaginare, per dire, come possa sentirsi Cristiano a fine stagione in caso di mancato sollevamento del trofeo. Due anni di fila senza vincere la Coppa – mai successo al Real dopo aver vinto la prima nel 2014 – è un’idea che il penta Pallone d’Oro non concepisce. Così si spiega la veemenza con cui il Ronaldo di quest’avvio di stagione sta trascinando la compagnia. Lui è il trascinatore delle folle, il capopopolo alla testa di un gruppo che s’affida al suo nume per tornare ad accarezzare un progetto di vittoria sfiorato a Berlino e Cardiff. Non è dato sapere se domani sarà Dybala a scortare il piano ronaldesco di riconquista della Champions, quel Dybala ringraziato con gli occhi e con il cuore per il sublime assist brevettato sabato allo Stadium. Può darsi ci sia la Joya a supporto. Cristiano, intanto, ha già segnato 8 reti in 8 partite tra Juve e Nazionale, ma lui è un mostro, il suo essere altro lo spinge a esplorare sempre nuovi orizzonti. E domani saranno passati 203 giorni dal 3-0 rifilato all’Atletico, l’ultimo successo dei bianconeri in Champions, la sera della tripletta del re, a caccia del 605° gol in carriera. Poi, solamente poi, sarà tempo di Inter, a San Siro dove una stagione fa affondò le milanesi senza avere misericordia.