Shock simil-polio in Italia: 90 contagi in Usa

Un caso di mielite flaccida acuta, una malattia neurologica rara con sintomi simili a quelli della poliomielite (per questo definita ‘simil-polio’), e’ stato accertato in Lombardia dai virologi del Policlinico San Matteo di Pavia guidati da Fausto Baldanti, insieme al gruppo di Sandro Binda ed Elena Pariani dell’Universita’ degli Studi di Milano.

La patologia, a quanto si apprende, ha colpito un bambino di 6 anni come conseguenza di un’infezione da enterovirus D68 (EV-D68). Il caso e’ stato segnalato nei primi giorni di novembre, il piccolo si trova ancora ricoverato in ospedale e le sue condizioni sono stazionarie.

Il virus D68, che da diversi anni e’ tornato ad allarmare gli Usa, normalmente provoca affezioni respiratorie severe ma solo in casi rari puo’ determinare la paralisi in soggetti eta’ pediatrica. In Lombardia l’ultimo episodio si e’ verificato due anni fa, mentre dall’inizio del 2018 sono stati 23 i casi di infezione da virus D68 segnalati alle strutture di Milano (6) e Pavia (17), con un solo paziente, al momento, affetto da mielite flaccida acuta. Adesso i virologi stanno indagando la genotipizzazione del virus, per capire la provenienza e se e’ mutato nel tempo in sottotipi.

Poliomielite oggi: le tappe della più grande campagna di Sanità pubblica della storia Anna Maria Patti, Dipartimento di scienze di sanità pubblica, Università La Sapienza di Roma Marta Ciofi degli Atti, Reparto malattie infettive, Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute La poliomielite ha accompagnato l’uomo in ogni periodo storico; le tracce più antiche risalgono all’Egitto di 3000 anni fa, come documentato dall’ormai celebre stele di Ruma.

Dall’inizio del XX secolo sono state documentate spaventose epidemie, che nei Paesi industrializzati si sono verificate soprattutto d’estate e si sono ripetute anno dopo anno fino a quando Salk prima e Sabin subito dopo non hanno messo a punto i rispettivi vaccini. Il vaccino inattivato (Ipv), alla fine degli anni Cinquanta, e soprattutto il vaccino vivo attenuato (Opv) all’inizio degli anni Sessanta, hanno consentito di controllare i casi e dopo pochi anni di eliminare la malattia nei Paesi industrializzati che potevano affrontare il costo della vaccinazione di massa. Dal 1988 (anno in cui con la risoluzione WHA 41.28, l’Oms incluse nel suo Expanded Program on Immunization l’obiettivo dell’eradicazione mondiale della poliomielite per l’anno 2000) al 2004 il numero dei Paesi endemici per poliomielite è passato da circa 125 a 6 (Nigeria, India, Pakistan, Egitto, Afghanistan, Niger).

Nello stesso periodo, i casi di polio sono diminuiti di oltre il 99%, passando da circa 350.000 casi a 1.266. Oggi tre regioni dell’Oms sono ormai libere da polio: la certificazione per le Americhe risale al 1994, per il Pacifico occidentale al 2000, per l’Europa a giugno del 2002. Il risultato del 2004, entusiasmante se si considerano i numeri, segna in realtà una pericolosa battuta di arresto proprio quando il successo sembrava a portata di mano. Ai sei Paesi endemici si devono infatti aggiungere 6 Stati in cui la circolazione del virus si è ristabilita: Burkina Faso, Repubblica Centroafricana, Sudan, Ciad, Costa d’Avorio e Mali. Ed è diventato lungo l’elenco dei Paesi che hanno importato virus dalla Nigeria, che nel 2003 ha rifiutato la vaccinazione: Etiopia, Arabia Saudita, Guinea, Togo, Camerun, Botswana, Ghana, Libano, Benin, Yemen (dove il 29 aprile l’Oms segnala 18 nuovi casi di polio, Ndr).

Dopo 18 anni di sforzi che hanno visto protagonisti più di 200 Paesi, 20 milioni di volontari e un investimento internazionale di 3 miliardi di dollari, il successo della più grande campagna di sanità pubblica finora intrapresa dipende da problemi di non facile risoluzione: • il mantenimento di alti livelli di copertura vaccinale: mentre nei Paesi industrializzati la vaccinazione di routine ha consentito e consente di raggiungere regolarmente i nuovi nati, nei Paesi in via di sviluppo la vaccinazione si avvale soprattutto di campagne straordinarie, le cosiddette Giornate nazionali di immunizzazione (Nids), che vengono periodicamente effettuate nelle zone critiche utilizzando un esercito di volontari che anche a piedi o in bicicletta avanza tra sperduti villaggi per vaccinare tutti i bambini, trasportando in borse frigo il vaccino Opv.

I Nids rappresentano una strategia applicata per la prima volta da Cuba nel 1962, seguita poi dagli altri Paesi dell’America Latina e suggerita dallo stesso Sabin nel 1991 per tutti i Paesi in via di sviluppo. Attualmente sono in atto Nids in tutti gli stati endemici e nei Paesi in cui il virus è stato reintrodotto. Si tratta di gigantesche campagne che in modo sincronizzato riguardano vaste aree dell’Africa e dell’Asia. In Africa il 9 aprile è partita la seconda fase della campagna continentale per vaccinare 100 milioni di bambini in 23 Paesi. L’obiettivo di raggiungere più del 95% dei bambini per vaccinarli con Opv ogni sei settimane fino all’interruzione della trasmissione del virus selvaggio è estremamente ambizioso, ma cruciale visto che in alcune zone critiche (per esempio in Nigeria) più del 20% dei bambini sfugge alla vaccinazione; • la carenza di fondi: per le attività pianificate per il 2005 mancano attualmente 50 milioni di dollari. È necessario reperirli entro luglio per non interrompere le campagne di vaccinazione che dovrebbero portare all’interruzione della trasmissione del virus selvaggio entro la fine dell’anno. Per il 2006, il gap sale a 200 milioni di dollari, ma le campagne pianificate sono indispensabili per almeno 12 mesi dopo l’eliminazione dei casi;

intensificazione della sorveglianza: eradicare una malattia significa eliminare l’agente eziologico. Questa certezza viene raggiunta solo se si effettua un’accurata sorveglianza, in grado di garantire che non vi siano più casi di malattia. L’Oms raccomanda per questo di sorvegliare tutti i casi di paralisi flaccida acuta (Afp), che hanno cioè un quadro clinico sovrapponibile alla polio, ed effettuare gli accertamenti di laboratorio che consentono di verificare se sono causati dal poliovirus. Per certificare l’eradicazione è necessario che in ogni Paese il sistema di sorveglianza attiva riporti, a scadenza mensile e per un periodo di almeno tre anni, zero casi di paralisi flaccida dovuti a virus poliomielitici di tipo selvaggio.

Accanto a questi problemi, cruciali per il raggiungimento dell’eliminazione della polio nelle nazioni ancora endemiche, bisogna ricordare che una volta eradicato il virus selvaggio, sarà necessario interrompere anche la circolazione dei virus vaccinali. Il passaggio da Opv a Ipv già attuato o pianificato in numerosi Paesi liberi da polio comporta una serie di ulteriori problemi economici e organizzativi. Mentre Opv ha un costo estremamente basso e può essere somministrato da chiunque con un minimo di addestramento (tanto che è un vero esercito di volontari a effettuare le campagne di vaccinazione), Ipv ha un costo maggiore e deve essere somministrato da personale medico o paramedico in grado di gestire in sicurezza la somministrazione intramuscolare del vaccino. Tutto questo complica notevolmente la gestione nei Paesi in via di sviluppo, anche perché necessiterebbe di siringhe monouso e di un sistema di smaltimento sicuro. D’altra parte, il passaggio a Ipv è importante per due ragioni. La prima è il rischio di paralisi vaccino correlata (Vapp): è noto infatti che, seppure con una frequenza bassissima, il vaccino Opv possa essere causare un quadro clinico indistinguibile dalla poliomielite causata dal poliovirus selvaggio.

Con la scomparsa dei casi attribuibili al virus selvaggio diventano quindi sempre più evidenti quelli causati dal vaccino. Per fare un esempio, il poliovirus selvaggio tipo 2 è scomparso nel mondo dal 1999, ma in tutti i Paesi del mondo che vaccinano con Opv si registrano paralisi attribuibili al ceppo di polio 2 vaccinale. La seconda ragione è che i virus vaccinali, continuando a circolare nella popolazione, possono andare incontro a mutazioni che si accumulano con il tempo e che li rendono sempre più lontani dai ceppi parentali e sempre più simili al selvaggio (Vaccine derived poliovirus; Vdpv). In zone a bassa copertura vaccinale, i Vdpv possono causare focolai epidemici, descritti per esempio in Egitto, Cina, Haiti, Repubblica dominicana e Filippine. Tutti questi focolai sono stati controllati migliorando l’immunità della popolazione con la vaccinazione Opv. Per valutare in modo sistematico la diffusione dei Vdpv, dal gennaio 2001 tutti i poliovirus isolati sono sottoposti a una caratterizzazione sia antigenica sia molecolare, che consente di identificarne il genoma. L’Oms suggerisce per questo di effettuare ricerche sui seguenti temi: – sorveglianza della circolazione dei virus Vdpv nella popolazione in modo alternativo alla sorveglianza della paralisi flaccida; – studi retrospettivi di laboratorio per una valutazione dei ceppi già isolati; – sorveglianza virologica dei ceppi Opv nei Paesi che hanno adottato Ipv ma confinano con Paesi che ancora vaccinano con Opv; – sviluppo di procedure di laboratorio per la sorveglianza dei poliovirus quando la vaccinazione sarà definitivamente sospesa. L’eradicazione della polio rappresenta quindi una sfida cruciale per la comunità internazionale, ma proprio in questa fase, in cui avvicinandosi al traguardo emergono i punti di maggior difficoltà, non possiamo smettere di essere ottimisti, con l’obiettivo di eliminare rapidamente il virus dal mondo intero.