Bufera contro Ryanair, passeggero razzista urla contro anziana di colore: ecco cosa accade

«Brutta p***** negra, se non ti togli da qui, ti caccio via io». Sono queste le parole pronunciate da un bianco a bordo del volo Ryanair FR015, sulla tratta Barcellona-Londra Stansted. In un filmato ormai diventato virale si vede l’uomo fare in modo che la donna non possa sedersi al proprio posto assegnatole regolarmente. Il filmato è stato pubblicato su Facebook da un utente che afferma di averlo ripreso venerdì 18 ottobre. Secondo quanto ricostruito dall’edizione inglese dell’Huffington Post a causare la rabbia dell’uomo sarebbe stata la lentezza della donna nel farlo passare per prendere posto lato finestrino. La figlia dell’anziana ha raccontato che la madre 77enne di origine giamaicana (ma residente in Gran Bretagna dagli anni ‘60) ha difficoltà motorie per colpa di un’artrite debilitante. La donna ha aggiunto che quando si è lamentata con il personale di bordo, hanno negato di aver sentito insulti razzisti e le hanno detto di chiamare il servizio clienti lunedì.

L’autore del filmato, sentito da BBC Radio 5 live, ha raccontato la sua versione dell’episodio. «Tutto era molto calmo sull’aereo, stavamo per partire quando ho sentito delle urla dirette a una donna – racconta David Lawrence. La cosa ha attirato la mia attenzione perché l’uomo faceva molto rumore ed era molto aggressivo. Ha iniziato a urlarle contro dicendole ’togliti di mezzo’, ’muovi i piedi’, ’non dovresti essere seduta qui’’.» Ryanair, dal canto suo, ha spiegato di aver riferito alla polizia della contea di Essex quanto accaduto sull’aereo, ma ciò non è bastato a salvare la compagnia dall’indignazione sul web e di diversi parlamentari britannici e scozzesi. Dal filmato, infatti, emerge che l’assistente di volo non è intervenuto a calmare l’uomo o a chiamare le autorità per farlo scendere dall’aereo, ma, di fronte ai ripetuti insulti razzisti rivolti contro la donna, ha insistito con quest’ultima affinché si spostasse di posto, cosa che lei aveva inizialmente rifiutato di fare.

La genetica, oltre ad avere fornito importantissimi dati per spiegarci come funziona il nostro corpo e come curarlo, ha anche permesso di dimostrare che il concetto di razza umana non ha alcuna base scientifica. Che cosa si intende per razza? All’interno di una razza sono accomunati esseri viventi di una stessa specie legati da caratteristiche simili. Dopo la scoperta del DNA è stato logico credere che le somiglianze fossero determinate da una condivisione di geni, ma già prima degli approcci genetici la catalogazione degli esseri umani secondo razze era una procedura piuttosto usuale. Le differenze fisiche come colore degli occhi, della pelle e dei capelli sono state da sempre considerate elementi fondamentali per caratterizzare le razze umane. Oltre a essersi rivelata una tesi biologicamente scorretta, l’esistenza di razze differenti all’interno della specie umana ha creato la base e la giustificazione per enormi tragedie.

Il nazismo tedesco e lo sterminio degli ebrei, come conseguenza della battaglia per l’affermazione della razza ariana, e il razzismo e l’apartheid nei confronti degli uomini di colore in diverse parti del mondo ne sono esempi. Benché la storia sia riuscita fortunatamente a sovvertire da sola l’esito di discriminazioni di massa e di terribili ingiustizie, a partire dagli anni Settanta anche la genetica si è cimentata nella ricerca di prove per l’esistenza delle razze umane. Diversi genetisti e biologi evoluzionisti, primo tra tutti l’americano Richard Lewontin, decisero di capire se aveva senso parlare di razza. All’inizio degli anni ’70 furono effettuati studi sulla variazione dei prodotti, cioè le proteine, di 17 geni all’interno di 7 cosiddette razze: i caucasici (gli abitanti affacciati sul Mediterraneo, comprendendo anche i cittadini del nord Europa); gli africani sub-sahariani (tutta l’Africa ad esclusione degli abitanti del nord Africa); i mongolidi; le popolazioni del Sud-est asiatico; gli aborigeni australiani; le popolazioni dell’Oceania (oceanici); i nativi delle Americhe (amerindi).

Analizzando le variazioni a livello delle proteine, si poteva ricostruire se all’interno di una razza ci fossero elementi genici comuni. Secondo questa ipotesi, inoltre, i geni caratteristici di una razza dovevano variare notevolmente dalle altre tipologie di razza. I risultati portarono invece alla conclusione che le differenze geniche tra le varie razze erano soltanto del 7%, mentre c’era una grande variabilità genica all’interno delle singole razze (circa 85%). Questo dimostrava che di fatto tutte le razze derivano da un piccolo gruppo di antenati ancestrali che hanno lasciato ai discendenti una grande porzione di genoma «di base» comune, mentre solo il 7% del genoma è responsabile delle differenze somatiche tra le etnie. Una delle ipotesi più accreditate è che questi antenati siano partiti dall’Africa circa 100.000 anni fa e si siano spostati lungo i continenti, originando una discendenza di uomini con caratteristiche diverse. In questo modo, l’idea di diversità razziale su base genetica veniva meno.

Il concetto di razza è ancora comunemente utilizzato in relazione alle altre specie animali, come ad esempio le razze canine, per indicare diversi sottogruppi distinguibili all’interno della stessa specie. Per la specie umana si parla invece di «popolazioni», intese come gruppi di individui che occupano un’area precisa. Le ricerche di Lewontin furono ripetute più volte da altri studiosi di genetica delle popolazioni, soprattutto quando, anni dopo, fu possibile avere gli strumenti adatti per analizzare direttamente i geni e non le proteine. Negli anni ‘80, un illustre genetista italiano, Luigi Cavalli-Sforza, con il suo gruppo scientifico passò a una vera e propria analisi del DNA. Valutando la variabilità di 109 tratti del genoma in sedici popolazioni di cinque continenti, confermò i risultati di Lewontin con poche oscillazioni non significative. La diversità biologica all’interno di ogni popolazione è altissima (più del 90%) e si gioca quindi in larga misura fra individui e in piccola parte fra popolazioni differenti. Se si considerano singoli caratteri, o meglio singoli geni, essi sono sempre presenti in quasi tutte le popolazioni umane, anche se con frequenza diversa. In pratica, nessun gene può essere utilizzato per distinguere una popolazione umana dall’altra. Le popolazioni umane sono difatti geneticamente molto simili le une alle altre, a causa delle frequenti migrazioni che hanno determinato continui rimescolamenti di geni.