Pensione, come andarci prima: quello che devi sapere

Come noto in Italia l’età pensionabile è pari a 66 anni e 7 mesi. Questa nel 2019 salirà a 67 anni per effetto dell’adeguamento con le aspettative di vita, ma nel frattempo il governo potrebbe aver attuato una riforma delle pensioni con la quale darà ai lavoratori uno strumento – la quota 100 – per anticipare l’uscita dal lavoro. Tuttavia è importante sapere che già oggi ci sono degli strumenti che consentono al lavoratore di andare in pensione prima del raggiungimento dell’età pensionabile.

A tal proposito Money.it prendendo in esame le opzioni per il pensionamento oggi riconosciute ha fatto chiarezza su quali sono quelle migliori per anticipare l’uscita dal lavoro. In cima alla classifica si colloca la quota 41, con la quale si può andare in pensione con soli 41 anni di contributi.

In tal caso, però, è necessario che il lavoratore rientri nella categoria dei precoci, ossia che abbia maturato 12 mesi di contributi prima del compimento del 19esimo anno d’età. In tal caso, quindi, una persona che ha iniziato a lavorare all’età di 18 anni senza alcuna interruzione può andare in pensione all’età di 59 anni. In seconda posizione, invece, abbiamo la pensione anticipata Inps, per la quale non è richiesto alcun requisito anagrafico. Per pensionarsi con questa opzione, infatti, basta aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi (se uomini) o 41 anni e 10 mesi (se donne).

Una persona che ha iniziato a lavorare a 19 anni (che quindi non può ricorrere alla quota 41) può andare in pensione all’età di 61 anni e 10 mesi (se uomo), o 60 anni e 10 mesi (se donna). Nell’ultima posizione del podio, invece, troviamo l’opzione contributiva della pensione anticipata, alla quale possono ricorrere coloro che hanno l’assegno previdenziale, calcolato secondo il sistema del contributivo e hanno maturato un importo dello stesso pari o superiore a 2,8 volte il valore dell’assegno sociale. In questo caso l’età pensionabile si abbassa a 63 anni e 7 mesi (sono richiesti contestualmente 20 anni di contributi).

Infine troviamo la pensione di vecchiaia – per la quale come anticipato si può smettere di lavorare a 66 anni e 7 mesi (67 dal 2019) – e la sua opzione contributiva. Nel dettaglio quest’ultima è l’opzione che consente di andare in pensione più tardi, tuttavia ha il vantaggio di prevedere un requisito contributivo minimo.

Coloro che rientrano nel sistema contributivo per il calcolo della pensione (quindi hanno il primo accredito contributivo risalente a dopo il 1° gennaio 1996), infatti, possono andare in pensione con soli 5 anni di contributi effettivi, ma dovranno aspettare il compimento dei 70 anni e 7 mesi (71 dal prossimo anno) di età.

Pensione anticipata Rita: come ottenerla 61 anni, tutti i requisiti

Ho 63 anni, sono senza, lavoro mi mancano 3 anni e 7 mesi alla pensione, aiuto cosa faccio ora? Anticipo pensionistico Rita è la sorella dell’Ape sociale e come stai È una misura sperimentale, si tratta di un mezzo utilizzabile che hanno fatto ricorso nella propria carriera lavorativa a forme di previdenza integrativa, questo per le modalità di finanziamento. La finalità della Rita è quella di offrire tramite forme pensionistiche complementari un sostegno finanziario agli iscritti nel settore pubblico e privato che sono vicini al raggiungimento della pensione.

Non si tratta di trattamenti pensionistici veri e propri, ma di prestazioni che trovano nella normativa previdenziale i presupposti per essere erogati.

In particolare sono stati istituiti:

> due prestazioni, denominate rispettivamente “Anticipo finanziario a garanzia pensionistica”, ( APE o anche APE volontario), e “Indennità”, più comunemente denominata APE sociale;

> la Rendita integrativa temporanea anticipata denominata con l’acronimo RITA

Analizziamo le peculiarità della RITA.

La RITA può essere richiesta dai:

• lavoratori iscritti alle forme pensionistiche complementari in regime di contribuzione definita, purché in possesso della certificazione relativa alla sussistenza dei requisiti necessari per ottenere l’APE “volontario”;

• dipendenti pubblici iscritti ai fondi negoziali di categoria

vengono esclusi i lavoratori iscritti ai fondi pensione in regime di prestazione definita.

La finalità perseguita dalla RITA è quella di offrire, tramite le forme pensionistiche complementari in regime di contribuzione definita, un sostegno finanziario agli iscritti, del settore privato o pubblico, che sono vicini al raggiungimento del diritto alla pensione di vecchiaia e che hanno i requisiti per ottenere l’APE.

Pertanto gli iscritti alle predette forme di previdenza complementare in regime di contribuzione definita (fondi pensione , PIP) che si trovino in possesso di determinati requisiti e che cessino dal rapporto di lavoro, possono su base volontaria anticipare il momento del pensionamento, avvalendosi, in tutto o in parte, della posizione individuale accumulata presso la forma stessa, per fruire di un anticipo pensionistico.

A costoro è infatti consentito chiedere l’erogazione frazionata di tutto o parte del montante accumulato fino al conseguimento dei requisiti di accesso alla pensione nel sistema pensionistico obbligatorio.

La “rendita integrativa temporanea anticipata” è un istituto innovativo, che va ad aggiungersi alle prestazioni pensionistiche già erogabili dai fondi pensione e consiste nell’erogazione frazionata per il periodo considerato del montante accumulato richiesto.

Spetterà pertanto all’iscritto valutare quanta parte del montante accumulato impegnare a titolo di “rendita integrativa temporanea anticipata”, potendo la stessa gravare sull’intero importo della posizione individuale o su una sua porzione.

Considerate le caratteristiche di tale prestazione, consistenti nell’erogazione di un capitale, seppur frazionato in rate mensili, in un arco temporale predefinito rientra nella competenza della forma pensionistica complementare procedere direttamente alla sua erogazione senza ricorrere a compagnie di assicurazione

Nel caso, poi, in cui non venga utilizzata l’intera posizione individuale a titolo di “rendita integrativa temporanea anticipata”, l’iscritto di una forma pensionistica complementare conserva il diritto di usufruire delle ordinarie prestazioni in capitale e rendita a valere sulla porzione residua di montante individuale, che continua ad essere gestita dalla forma pensionistica complementare e nel corso di erogazione della “rendita integrativa temporanea anticipata”, la porzione di montante di cui si chiede il frazionamento continua ad essere mantenuta in gestione, così da poter beneficiare anche dei relativi rendimenti.

In caso di decesso dell’iscritto in corso di percezione della “rendita integrativa temporanea anticipata”, il residuo montante corrispondente alle rate non erogate, ancora in fase di accumulo, sarà riscattato secondo le regole relative alla premorienza previste dalla normativa dei fondi pensione.

Particolare attenzione alla fiscalità della RITA in quanto è stato previsto un regime agevolato cioè la fiscalità tipica, nell’ambito dei forme pensionistiche complementari, delle prestazioni post 2007 su tutto il capitale anticipato sia per i dipendenti privati che per i dipendenti pubblici.

In altre parole per l’aliquota applicabile la RITA è assoggettata alla ritenuta a titolo d’imposta del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. A tal fine, se la data di iscrizione alla forma di previdenza complementare è anteriore al 1° gennaio 2007, gli anni di iscrizione prima del 2007 sono computati fino a un massimo di 15.

[read more=”Approfondisci cliccando qui” less=”Chiudi”]

Con la legge di Bilancio 2018 la pensione anticipata RITA diventa strutturale: potrà usufruire della Rendita integrativa temporanea anticipata, chi è

1. iscritto a una forma complementare, ha perso lavoro, è a 5 anni dalla pensione di vecchiaia con 20 anni di contributi,

2. disoccupato da 24 mesi, non lavora da 10 anni, con 20 anni di contributi.

Quindi la RITA diventa accessibile quando mancano cinque anni alla pensione, senza nessun vincolo demografico (nella prima versione era previsto il requisito anagrafico dei 63 anni), con l’unico requisito di 20 anni di contribuzione versata.

Considerando che da gennaio 2018 l’età pensionabile sarà per tutti 66 anni e 7 mesi, si presuppone che potranno chiedere la pensione i lavoratori con 61 anni e sette mesi di età con una contribuzione versata di 20 anni.

Per poter richiedere la RITA, l’iscritto al fondo pensione deve aver cessato il rapporto di lavoro (dimissioni e/o licenziamento) e deve avere la Certificazione INPS utile ad ottenere l’ APE volontario.

Pensione di reversibilità e ulteriori, cos’è e a chi spetta? Come ottenerla

Che cos’è la pensione di reversibilità? Trattasi di una prestazione previdenziale che viene erogata ai familiari di un pensionato in seguito alla loro richiesta dal momento della morte di quest’ultimo. Si parla di pensione indiretta nel caso in cui il deceduto non era già pensionato, ma solo un lavoratore iscritto all’Inps. Quindi, va detto che la pensione di reversibilità altro non è che una delle prestazioni previdenziali corrisposte dall’Inps e prevista soltanto in alcuni casi. Questa viene erogata ai familiari del pensionato ma soltanto su esplicita richiesta nel caso in cui il pensionato venisse a mancare. Come abbiamo detto, nel caso in cui il pensionato deceduto non fosse pensionato ma semplicemente iscritto all’Inps, si parla di pensione indiretta.

Ma quest’ultima a chi spetta? In genere è un tipo di prestazione che viene erogata nel momento in cui il lavoratore deceduto abbia già maturato i 15 anni di assicurazione contributi oppure 5 anni di assicurazione e contributi di cui almeno 3 nei 5 anni precedenti il decesso. La pensione di reversibilità da chi può essere richiesta? Ci sono delle regole ben precise. La pensione di reversibilità può essere richiesta al coniuge separato ma in caso di divorzio, il coniuge ha semplicemente diritto a questo tipo di pensione soltanto se è titolare dell’assegno periodico, se non è passato a nuove nozze e se la data di inizio del rapporto assicurativo del defunto è anteriore alla data del divorzio.

Nel caso di nuove nozze, il coniuge non sembra avere diritto alla pensione ma semplicemente ad un assegno che è pari a due annualità, compresa la tredicesima mensilità, della quota di pensione in pagamento. Nel caso in cui il deceduto si fosse risposato, interverrà il Tribunale a decidere le quote che spetteranno poi al coniuge superstite ed al coniuge divorziato. Hanno diritto a ricevere questa pensione di reversibilità anche i figli ed equiparati ma soltanto in dei casi specifici.

Più nello specifico sembra che i figli ed gli equiparati non debbano aver superato i 18 anni d età. Sembra, inoltre, possano richiedere questa pensione di reversibilità i figli inabili al lavoro ed a carico del genitore al momento del decesso. Il limite passa poi a 21 anni in caso il figlio equiparato sia uno studente o privo di lavoro retribuito ed a carico del genitore defunto, mentre passa a 26 anni nel caso invece frequenta una scuola professionale e in caso di frequenza dell’università. Tra i figli ed equiparati rientrano anche i figli adottivi riconosciuti e quelli non riconoscibili per i quali il deceduto era comunque tenuto al mantenimento. Sono inoltre considerati anche i figli che sono nati da un precedente matrimonio del coniuge del deceduto, i figli riconosciuti dal coniuge del deceduto ed anche i nipoti e minori dei quali risulti comunque Provata la convivenza a carico degli ascendenti.

E’ stata riconfermata anche per il 2018 la pensione casalinghe, ovvero la possibilità di richiedere una pensione di vecchiaia per quelle persone che non hanno svolto un lavoro retribuito bensì hanno preferito dedicarsi alla cura della famiglia e della casa. In questo modo l’ Inps garantisce anche a queste persone un reddito fisso mensile. Per il 2018 la pensione potrà essere richiesta già dal 57esimo anno di età della casalinga ( o del casalingo) a patto che il soggetto richiedente abbia versato un minimo di contributi, a titolo volontaristico, a un Fondo di previdenza per almeno 5 anni. Non bisogna essere titolari già di alcun altro tipo di pensione, non svolgere altro tipo di lavoro se non quello di dedicarsi alla cura della casa e della famiglia, nonché alla cura di eventuali parenti disabili. Si può richiedere anche se si è inabili, ovvero se la persona che la richiede sia impossibilitato a svolgere alcun tipo di lavoro per problemi fisici o di salute.

Che cos’è la pensione di reversibilità? Trattasi di una prestazione previdenziale che viene erogata ai familiari di un pensionato in seguito alla loro richiesta dal momento della morte di quest’ultimo. Si parla di pensione indiretta nel caso in cui il deceduto non era già pensionato, ma solo un lavoratore iscritto all’Inps. Quindi, va detto che la pensione di reversibilità altro non è che una delle prestazioni previdenziali corrisposte dall’Inps e prevista soltanto in alcuni casi. Questa viene erogata ai familiari del pensionato ma soltanto su esplicita richiesta nel caso in cui il pensionato venisse a mancare. Come abbiamo detto, nel caso in cui il pensionato deceduto non fosse pensionato ma semplicemente iscritto all’Inps, si parla di pensione indiretta.

Ma quest’ultima a chi spetta? In genere è un tipo di prestazione che viene erogata nel momento in cui il lavoratore deceduto abbia già maturato i 15 anni di assicurazione contributi oppure 5 anni di assicurazione e contributi di cui almeno 3 nei 5 anni precedenti il decesso. La pensione di reversibilità da chi può essere richiesta? Ci sono delle regole ben precise. La pensione di reversibilità può essere richiesta al coniuge separato ma in caso di divorzio, il coniuge ha semplicemente diritto a questo tipo di pensione soltanto se è titolare dell’assegno periodico, se non è passato a nuove nozze e se la data di inizio del rapporto assicurativo del defunto è anteriore alla data del divorzio.

Nel caso di nuove nozze, il coniuge non sembra avere diritto alla pensione ma semplicemente ad un assegno che è pari a due annualità, compresa la tredicesima mensilità, della quota di pensione in pagamento. Nel caso in cui il deceduto si fosse risposato, interverrà il Tribunale a decidere le quote che spetteranno poi al coniuge superstite ed al coniuge divorziato. Hanno diritto a ricevere questa pensione di reversibilità anche i figli ed equiparati ma soltanto in dei casi specifici.

Più nello specifico sembra che i figli ed gli equiparati non debbano aver superato i 18 anni d età. Sembra, inoltre, possano richiedere questa pensione di reversibilità i figli inabili al lavoro ed a carico del genitore al momento del decesso. Il limite passa poi a 21 anni in caso il figlio equiparato sia uno studente o privo di lavoro retribuito ed a carico del genitore defunto, mentre passa a 26 anni nel caso invece frequenta una scuola professionale e in caso di frequenza dell’università. Tra i figli ed equiparati rientrano anche i figli adottivi riconosciuti e quelli non riconoscibili per i quali il deceduto era comunque tenuto al mantenimento. Sono inoltre considerati anche i figli che sono nati da un precedente matrimonio del coniuge del deceduto, i figli riconosciuti dal coniuge del deceduto ed anche i nipoti e minori dei quali risulti comunque Provata la convivenza a carico degli ascendenti.

E’ stata riconfermata anche per il 2018 la pensione casalinghe, ovvero la possibilità di richiedere una pensione di vecchiaia per quelle persone che non hanno svolto un lavoro retribuito bensì hanno preferito dedicarsi alla cura della famiglia e della casa. In questo modo l’ Inps garantisce anche a queste persone un reddito fisso mensile. Per il 2018 la pensione potrà essere richiesta già dal 57esimo anno di età della casalinga ( o del casalingo) a patto che il soggetto richiedente abbia versato un minimo di contributi, a titolo volontaristico, a un Fondo di previdenza per almeno 5 anni. Non bisogna essere titolari già di alcun altro tipo di pensione, non svolgere altro tipo di lavoro se non quello di dedicarsi alla cura della casa e della famiglia, nonché alla cura di eventuali parenti disabili. Si può richiedere anche se si è inabili, ovvero se la persona che la richiede sia impossibilitato a svolgere alcun tipo di lavoro per problemi fisici o di salute.

Requisiti minimi per pensione casalinghe 2018

La pensione per le casalinghe 2018 prevede che l’interessato abbia un’età tra i 16 e i 65 anni, non percepire nessun altro tipo di pensione, e non effettuare alcun tipo di lavoro se non quello di curare la famiglia.

La pensione casalinghe è una prestazione valida per le iscritte al Fondo INPS e con una contribuzione minima di almeno 5 anni in questo speciale fondo. In questa guida vediamo insieme i dettagli per conoscerne l’eventuale diritto. La pensione casalinghe 2018 è una particolare misura economica a beneficio delle persone che svolgono lavori di cura non retribuiti per la famiglia. E’ bene quindi sottolineare subito che anche se parliamo per semplicità di casalinghe la misura è diretta ad entrambi i sessi. Dal 1997 è stato istituito uno specifico fondo casalinghe a loro dedicato. Al fondo possono iscriversi i soggetti di entrambi i sessi e di età compresa fra i 16 e i 65 anni a patto che: • svolgono lavoro in famiglia non retribuito; • non beneficiano di una pensione diretta; • non prestano attività lavorativa dipendente o autonoma; • prestano attività lavorativa part-time (a patto che gli orari fra lavoro part-time e lavoro casalingo siano conciliabili).

A chi spetta la pensione casalinghe? I soggetti iscritti regolarmente al fondo casalinghe, a determinate condizioni, possono ricevere una pensione casalinga di vecchiaia o di inabilità. Il diritto alla pensione casalinga sia di vecchiaia e di inabilità, prevede come primo requisito obbligatorio l’iscrizione all’INAIL ovvero dovranno avere una assicurazione infortuni domestici INAIL. La suddetta iscrizione, può essere eseguita in qualsiasi momento e in particolare non appena compiuti i 18 anni e fino a 65 anni compiuti. E’ poi necessario lo svolgimento di attività in ambito domestico e di cura della famiglia in modo esclusivo, senza vincolo di subordinazione e soprattutto a titolo gratuito (tranne che per il part-time come specificato sopra). La domanda per la pensione di vecchiaia o inabilità a favore delle casalinghe, può avvenire solo tramite accesso alla propria area riservata dell’Inps tramite pin personale.

Non è possibile richiedere la pensione casalinga senza contributi INPS? Come anticipato, sono due le tipologie di pensioni a cui le casalinghe possono avere diritto, ma solo se in possesso di determinati requisiti ovvero: • Pensione di inabilità casalinghe. Può essere concessa in caso di impossibilità assoluta e permanente allo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa, compresa la cura della casa e della famiglia in modo abituale e continuo. Per accedervi, sono necessari anche 5 anni di contributi già versati al Fondo Casalinghe. • La pensione di vecchiaia casalinghe. Può essere richiesta sia in presenza di un requisito contributivo pari ad almeno 5 anni contemporaneamente ad una età anagrafica minima. Ad oggi, è possibile fare richiesta a partire dal compimento di 57 anni di età. A che età si può richiedere la pensione casalinga?

La pensione di vecchiaia viene liquidata dai 57 anni solo se l’importo maturato risulta almeno pari all’ammontare dell’assegno sociale maggiorato del 20% (1,2 volte l’assegno sociale). Invece viene liquidata a prescindere dall’importo al compimento del 65 anni di età. L’età in questo caso non è da adeguare alle nuove aspettative di vita. Non è previsto per la pensione casalinghe la concessione della pensione ai superstiti. L’importo della pensione casalinga di vecchiaia o di inabilità, è determinato in base al sistema contributivo. Sempre grazie al sito dell’Inps, è anche possibile conoscere le principali condizioni di calcolo. Per gli anni di contributi versati al Fondo Casalinghe, infatti, si avrà diritto ad un diverso importo sulla propria pensione. Inoltre, dalla data di accettazione di iscrizione al Fondo, la casalinga riceverà al proprio domicilio una lettera di conferma dell’iscrizione e i bollettini su cui eseguire i versamenti dei contributi. Non sono previste delle scadenze fisse e il versamento dei contributi per la pensione delle casalinghe, può essere eseguito in ogni momento dell’anno. L’Inps, tuttavia, prevede una soglia minima per l’accredito di un mese di contributi pari a 25,82 euro e di 310,00 euro annui per accreditare l’intero anno. Per informazioni più dettagliate si consiglia di consultare il sito INPS o contattare l’Istituto previdenziale al numero verde.

Pensioni anticipate: le ultime dichiarazioni di Gabriella Di Michele sulla possibilità di estensione dell’Ape Sociale.

Il direttore generale dell’Inps, Gabriella Di Michele, in audizione nella commissione Lavoro della Camera, ha proposto di estendere la platea dell’Ape, rendendone più facile l’accesso ai disoccupati e alle persone che svolgono lavori gravosi. Attualmente, anche riesaminando le domande ”alla luce delle più favorevoli interpretazioni, la platea dei soggetti di cui può essere accolta la domanda sarà sempre abbastanza esigua rispetto a budget a disposizione, che continua a essere abbastanza nutrito”, spiega il dg. Quindi, essendo una sperimentazione avviata nel 2017, si propone di perfezionare lo strumento a partire dal prossimo anno. L’Inps chiede, inoltre, una ”semplificazione dei documenti da allegare mediante utilizzo più esteso dell’autocertificazione”. E si propone, per i lavoratori disoccupati, ”una semplificazione dei requisiti d’accesso anche al fine di rendere più agevole la verifica sulla base delle banche dati disponibili”. Infine Di Michele chiede la possibilità di ”valutare l’accesso all’ape sociale in qualsiasi caso di cessazione del rapporto di lavoro e, quindi, anche a tempo determinato e non solo in caso di licenziamento”.

Il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha firmato il decreto d’attuazione dell’Ape sociale, misura che consentirà ad alcune categorie di lavoratori in possesso di determinati requisiti, di accedere alle pensioni in maniera anticipata con il costo interamente a carico dello Stato.

Vediamo quali:

1) lavoratori con età anagrafica minima di 63 anni con anzianità contributiva di almeno 30 anni che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con un handicap grave;
2) lavoratori con età anagrafica minima di 63 anni con riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (che può essere diversa dalla percentuale riconosciuta d’invalidità), in possesso di una anzianità contributiva di almeno 30 anni;
3) disoccupati con età anagrafica minima di 63 anni con anzianità contributiva di almeno 30 anni che abbiano cessato il sussidio (di disoccupazione) da almeno tre mesi.

Il percorso per l’entrata in vigore del provvedimento non è ancora completo: il decreto deve essere approvato dal Consiglio di Stato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. L’INPS deve quindi attendere la pubblicazione del decreto per poter emettere le circolari operative ed attivare la procedura online, per cui è probabile che la data del 1°maggio 2017 (che tra l’altro è festivo quindi inizierebbe comunque il 2 maggio), possa slittare.

L’Ape Sociale è infatti una misura sperimentale che sarà in vigore dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018 vincolata allo stanziamento annuale di spesa fissato dal legislatore, che per l’anno 2017 è di 300 milioni.

Le domande per l’accesso all’Ape sociale, potranno essere presentate dal 1 maggio al 30 giugno 2017 (salvo possibili slittamenti delle date); l’Inps stilerà una graduatoria ed accetterà altre domande solo se rimarranno disponibili risorse dai 300 milioni stanziati. Se invece saranno esauriti, le domande “ammesse” ma rimaste senza copertura finanziaria, passeranno all’anno successivo. Secondo le stime, potrebbero essere accolte tra le 30 e le 35mila domande.

Per quanto riguarda invece l’Ape volontaria (o di mercato), ovvero la possibilità di pensione anticipata con prestito finanziato dalle banche e restituzione a rate una volta maturata la pensione, il relativo decreto attuativo non è stato ancora predisposto.

Concludendo si ribadisce che il decreto relativo all’Ape Sociale non è ancora operativo in quanto bisogna attendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e la conseguente Circolare operativa INPS; per le relative domande e verifiche dei requisiti di accesso all’Ape Sociale occorre rivolgersi direttamente agli sportelli INPS, anche tramite i servizi offerti dalle Sezioni Provinciali ENS, quali il Punto Cliente INPS ed il servizio Recall. [/read]