Tutto nasce da Aldo Giannuli, il maggiore esperto italiano di servizi segreti. Dalla procura della Repubblica di Milano, alla fine degli anni Novanta, ricevette in affido l’archivio dell’ufficio affari riservati, ovvero il servizio segreto nazionale del nostro Paese.
Tra tutto il materiale, Giannuli rinvenne delle informative che riguardavano cantanti e uomini di spettacolo italiani. Nella lista figurava anche Lucio Battisti: si diceva che lui finanziasse Soccorso Tricolore, una organizzazione che si occupava di sostenere esponenti di destra incarcerati. Lo stesso Giannuli avverte che sul cantante pendeva una sola informativa, che non ha avuto poi alcun seguito. Ma tanto è bastato perché partissero delle indagini su Lucio, nel corso delle quali vennero interrogati anche suoi amici e conoscenti.
La testimonianza del cantante Bruno Lauzi dà l’idea della infondatezza dei sospetti su Battisti: «Lucio lo conosco bene, è troppo tirchio per dare soldi a qualcuno», disse. Nel 1975, però, Battisti decise di trasferirsi a Los Angeles.
La sua casa discografica richiese per lui i documenti necessari. I servizi segreti americani ripescarono l’informativa dei nostri 007 e indagarono pure loro. Interrogarono Franco Migliacci, il paroliere di Domenico Modugno, il quale dichiarò: «L’unico interesse di Lucio è la sua musica». E Battisti smise di essere un sospettato. (Nella foto, Lucio Battisti, 1943-1998).
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