Tassa sulle bevande in arrivo arriva in Italia, tutti i dettagli

Nel Regno Unito è entrata ufficialmente in vigore il 6 aprile scorso, la “sugar tax” una tassa che penalizza l’utilizzo di zucchero in particolare nelle bevande, ad esempio quelle gassate.  Inizia a concretizzarsi l’idea che circola già da anni e che si ritiene una possibile soluzione per limitare l’uso dello zucchero in bevande e alimenti: l’introduzione di una tassa su questo dolcificante.

È entrata infatti in vigore in tutta la Gran Bretagna la sugar tax sulle bevande zuccherate. Si tratta di un provvedimento differente dagli altri applicati fino ad oggi, sia per quanto riguarda la modalità che per l’obiettivo che si propone.

L’iniziativa, infatti, non è stata pensata tanto per agire direttamente sui consumatori disincentivando il consumo di zucchero, quanto sulla pressione nei confronti dei produttori in modo che evitino il più possibile di utilizzare questo dolcificante o quanto meno si preoccupino di limitarlo fortemente in modo da non dover pagare di più per realizzare le proprie bibite. Il risultato che si intende ottenere è comunque lo stesso: incentivare dei prodotti in cui si abbassi il livello di questa sostanza che diverse ricerche hanno dimostrato essere dannosa, soprattutto se consumata in eccesso. Secondo gli ultimi dati, gli italiani consumano il doppio dello zucchero consigliato dall’Oms: aumenta il rischio di obesità, diabete e malattie cardiache. La proposta in una lettera aperta al ministro della Salute: una sugar tax che preveda anche divieto di pubblicità di prodotti destinati ai bambini.

Nello specifico la tassa inglese prevede due fasce: una di 18 pence al litro nel caso di bevande che contengano più di 5 grammi di zucchero ogni 100 millilitri di liquido e l’altra di 24 pence al litro per le bevande con più di 8 grammi di zucchero ogni 100 millilitri di bibita. Ci sono però delle categorie di bevande che sono esenti dal provvedimento: succhi di frutta naturali e bibite a base di latte. Anche i piccoli produttori non dovranno pagare la nuova tassa.

L’associazione dei produttori di bibite inglese, la British Soft Drinks Association, aveva definito la tassa “semplicemente assurda” ma alla fine le aziende aderenti si sono dovute adeguare (sostenendo tra l’altro che stavano già autonomamente cercando di limitare lo zucchero nelle loro bevande).

In effetti le entrate stimate con la nuova tassa, inizialmente di 520 milioni di sterline, sono state in realtà ridotte già nel 2017 a meno della metà (240 milioni di sterline).

Lo zucchero è un killer, come alcol e sigarette. Ad alte dosi fa aumentare il rischio di sovrappeso, obesità, diabete 2 (che deriva dall’obesità) e malattie cardiache. E in Italia ne consumiamo troppo: stando agli ultimi dati dell’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare dell’Istituto superiore di sanità (2008-2012), circa 100 grammi al giorno, pari al 20,7 per cento delle calorie assunte, cioè il doppio di quello consigliato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Per prevenire i cattivi stili di vita allora, anche da noi è partita una campagna per introdurre la sugar tax, una tassa sulle bevande zuccherate sul modello di quella inglese entrata in vigore lo scorso aprile. Promossa dal Fatto alimentare, ha già raccolto l’adesione della Società italiana di diabetologia (Sid), l’associazione nazionale dietisti (Andid), la Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps), l’European childhood obesity group (Ecog) e Slow medicine. Trovando d’accordo anche l’Istituto superiore di sanità.

La proposta è contenuta in una lettera aperta al ministro della Salute e prevede il divieto di pubblicità di prodotti destinati ai bambini sbilanciati dal punto di vista nutrizionale e di tassare del 20 per cento le bibite zuccherate con valori progressivi. Per esempio in Gran Bretagna, la tassa è di 18 pence al litro (0,20 euro) per bibite con un contenuto variabile da 5 a 8 grammi di zuccheri per 100 ml, mentre se il contenuto supera gli 8 grammi per 100 ml l’importo sale a 24 pence al litro (0,27 euro).

Con gli introiti della sugar tax, circa 240 milioni di euro l’anno, si vogliono promuovere programmi di educazione alimentare e di avvio allo sport nelle scuole, sconti alle famiglie meno abbienti sul prezzo dei pasti distribuiti nelle mense, e messaggi promozionali in tv. La stessa Oms raccomanda ai governi di tassare i soft drink per combattere diabete e obesità, ricordando che un prelievo del 20 per cento ne riduce di un altrettanto 20 per cento il consumo. In molti Paesi del mondo la sugar tax è già realtà: oltre che nel Regno Unito, anche in Finlandia (dal 1940), Norvegia (1981), Ungheria (2011), Francia (2012), alcune città degli Stati Uniti (tra 2014 e 2016) e Messico (2014). In quest’ultimo caso, dopo due anni le famiglie più povere avevano limitato già del 11,7 per cento gli acquisti di bevande zuccherate, mentre il resto della popolazione del 7,6.

Anche se l’associazione dei produttori italiani (Assobibe) è convinta che le vendite subiranno dei cali, l’obiettivo della sugar tax non è tanto demonizzare l’industria dei soft drink ma spingerla a usare meno zuccheri. Secondo i dati più recenti dell’Osservatorio nazionale sulla salute, in Italia più di un terzo della popolazione adulta (il 35,3 per cento) è in sovrappeso e una persona su dieci è obesa (9,8 per cento). Ma i numeri più preoccupanti riguardano i bambini: tre su dieci hanno problemi di chili di troppo o di obesità, con prevalenze più alte al Sud e al Centro.“L’eccesso di peso porta al non corretto funzionamento dell’insulina, l’ormone che regola la quantità di glucosio nel sangue evitando così il verificarsi del fenomeno della glicemia alta, e quindi la comparsa del diabete”, spiega Francesco Purrello, presidente della Società italiana di diabetologia. Nel nostro Paese tra la popolazione adulta la prevalenza di diabete è pari al 6,3 per cento e tra gli adulti obesi arriva al 15 per cento (rapporto Osservasalute 2017). “Il diabete è una malattia costosa – continua Purrello – perché un paziente costa 3mila euro all’anno al sistema sanitario, e una malattia mortale perché espone molto di più al rischio di ictus e infarti”. Walter Ricciardi, presidente dell’Iss, sostiene che “la sugar tax è una buona misura ma non risolverà il dramma dell’obesità se allo stesso tempo non si investirà sulla promozione di stili di vita sani nelle scuole, sui posti di lavoro e nelle strutture sanitarie”. Altrimenti, conclude Ricciardi, “le classi più disagiate per convenienza di prezzo al supermercato continueranno a scegliere il junk food”.

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Consumo di bevande zuccherate e danni per la salute: esiste una correlazione? La letteratura scientifica è ricca di lavori sulla relazione tra consumo di bevande zuccherate e danni per la salute, con particolare riferimento all’obesità, alle malattie cardiovascolari e al diabete, ma anche alle patologie dentali ed alla gotta. Riguardo all’obesità, alcune revisioni sistematiche e metanalisi hanno concluso che esiste un’associazione tra consumo di bevande zuccherate e peso corporeo nei bambini, negli adolescenti e negli adulti.

Altri studi indicano che l’assunzione di bevande zuccherate può portare ad un incremento del rischio di malattie cardiovascolari e diabete di tipo II . Ad esempio, chi consuma da una a due bibite zuccherate al giorno ha un rischio del 26% maggiore di sviluppare diabete mellito di tipo II rispetto a chi non ne beve o ne assume meno di una unità al mese. Gli studi pubblicati presentano anche alcuni elementi di criticità: in particolare, il confronto dei risultati di studi finanziati e non dall’industria delle bevande, spesso discordanti fra loro, ha aperto un dibattito su qualità e modalità della conduzione delle ricerche.

Il punto sul consumo di bevande zuccherate in Toscana Nella nostra regione, il 41,3% dei bambini di 8-9 anni consuma bibite gassate e/o zuccherate almeno una volta al giorno. Questo dato, relativo al 2010, è in crescita rispetto alla rilevazione precedente del 2008, in cui si assestava al 37,3% . In Italia, la percentuale era del 40,6% nel 2008 e del 48,3% nel 201010. Salendo con l’età, circa il 13% degli undicenni e dei tredicenni toscani e il 15,8 dei quindicenni toscani consuma bibite zuccherate almeno una volta al giorno nel 2009/201011 .

Gli interventi efficaci per ridurre il consumo di bevande zuccherate Visto il legame tra bibite zuccherate e sovrappeso ed obesità, i ricercatori si stanno interrogando su quali siano gli interventi più efficaci per ridurne il consumo nella popolazione. Una revisione di Levy et al12 , pubblicata nel 2011, ha indicato che le politiche che limitano la disponibilità di bevande zuccherate e migliorano l’offerta alimentare nelle scuole sono risultate associate ad una riduzione del consumo delle bevande zuccherate stesse. Inoltre, l’analisi della letteratura sembra dimostrare che prezzi più alti favoriscono la riduzione del consumo delle bibite zuccherate.

Lo stesso autore ha aggiornato i risultati della revisione e li ha incorporati in un modello di simulazione degli effetti delle politiche, che tiene conto di stime sul consumo e sui comportamenti in risposta all’applicazione della tassazione (ad es. la sostituzione con altre bevande o cibi). Il lavoro conclude che interventi diretti al contrasto del consumo di bevande zuccherate condotti nella scuola sulla riduzione della disponibilità e di tipo educativo così come la tassazione potrebbero portare ad una sostanziale riduzione delle calorie introdotte nei giovani. Inoltre, gli interventi condotti in ambito scolastico sembrano avere un effetto minore rispetto a quelli sulla tassazione. Alcune stime indicano che un’imposta di 0,8 centesimi di euro per oncia (circa 28 gr) sulle bevande zuccherate indurrebbe una riduzione dei consumi delle stesse del 15% negli adulti di 25-64 anni. Ancora: un incremento del 20% del prezzo indotto dalla tassazione sulle bevande zuccherate determinerebbe una riduzione dell’introito calorico derivato dalle bibite del 13% negli adulti e dell’11% nei bambini. Uno studio ha evidenziato che in seguito all’aumento del prezzo delle bibite zuccherate si è verificata una riduzione del 26% nelle vendite; se alle modifiche del prezzo veniva aggiunto anche un intervento di tipo educativo, la diminuzione delle vendite incrementava ulteriormente.

La domanda di bevande zuccherate sembra essere “elastica rispetto al prezzo” (own-price elastic), ovvero sensibile alle variazioni di prezzo, a differenza di altri prodotti per i quali la variazione percentuale in consumo è inferiore alla variazione percentuale del prezzo (ownprice inelastic). Una revisione di studi statunitensi indica che un aumento del prezzo del 20% porterebbe ad una diminuzione dei consumi del 24% (price elasticy di -1,21). Le evidenze suggeriscono, dunque, che la tassazione probabilmente riesce a spostare i consumi nelle direzioni desiderate. La stima degli esiti sulla salute, in particolare sulle variazioni del Body Mass Index (BMI), risulta più incerta. Il fatto che i cambiamenti del prezzo di particolari prodotti determinino una variazione del peso corporeo dipende dalla misura in cui il consumo risponde al prezzo del prodotto stesso ma anche dagli effetti “crociati” dei prezzi che inducono una sostituzione nei prodotti acquistati, fenomeno che, a sua volta, influisce sull’apporto calorico netto e, in ultima analisi, sugli outcome di peso corporeo e obesità. Secondo alcune valutazioni, sarebbe necessario che la tassazione fosse di una certa rilevanza, valutata in un incremento di almeno il 20% perché esiti in un effetto per la salute. L’effetto della tassazione delle bevande zuccherate sulla prevalenza dell’obesità, inoltre, potrebbe non essere lo stesso in tutti i Paesi: più efficace dove obesità e consumo sono elevati e, al contrario, minore in caso di Paesi dove le imposte sulle bibite zuccherate sono presenti e già elevate.