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Streaming gratis Udinese Juventus siti emittenti fuori dall’Italia.Per seguire la gara in modo del tutto legale e sicuro fra Udinese e Juventus è possibile cercare in rete le emittenti che trasmettono il loro segnale televisivo fuori dai confini italiani e che hanno regolarmente acquistato i diritti della Serie A per il loro Paese. Solo un problema potrebbe sorgere, ossia il blocco geografico. In caso contrario l’opzione è totalmente legale. I tribunali non si sono ancora pronunciati in maniera chiara sulla vicenda

Si può provare con: Turchia con l’emittente Turkish Radio and Television Corporation, Svezia con l’emittente Modern Times Group, Suriname con l’emittente Surinaamse Televisie Stichting, Paraguay con l’emittente Sistema Nacional De Television, Paesi Bassi con l’emittente Sanoma Media Netherlands, Slovacchia con l’emittente Slovenská Televízia, Portogallo con l’emittente Rádio e Televisão de Portugal, Svizzera con l’emittente Schweizer Radio und Fernsehen, Repubblica Ceca con l’emittente Ceca Ceská Televize, Serbia con l’emittente Radio-televizija Srbije.

Per Cristiano Ronaldo mette la mano sul fuoco Massimiliano Allegri: «Sta bene e riguardo alle vicissitudini che lo hanno coinvolto, sottolineando che lo conosco da tre mesi, posso dire che in quindici anni di carriera ha mostrato grande professionalità dentro e fuori dal campo e serenità dentro e fuori dal campo. Poi è uno che si è dedicato e si dedica molto anche al sociale, e questo la dice tutta. Per quanto riguarda il campo direi che è pronto per rientrare. È stata giusta la protezione della Juve in un momento delicato, ma lui ha talmente le spalle larghe che è concentrato sull’Udinese, per giocare e fare bene».

Tutto ruota sempre intorno a CR7, inevitabilmente. C’è notizia anche quando questa rischia di portare a corredo un’ondata di fango, come la storia legata all’accusa di stupro da parte della modella Kathryn Mayorga risalente al 2009 e diffusa del settimanale tedesco Der Spiegel. Una vicenda che il portoghese ha affidato a David Chesnoff, avvocato delle star, e sulla quale resta in posizione di attesa, dopo averla bollata come fake news. Come in attesa restano anche gli sponsor, ovvero EA Sports (l’azienda che produce Fifa 19 ieri ha tolto l’immagine di Ronaldo dal sito e dai social, annunciando di «monitorare da vicino la situazione, poiché ci aspettiamo che gli atleti e gli ambasciatori si comportino in modo coerente con i valori di EA») e Nike (definitasi «seriamente preoccupata per le accuse infamanti»). E associazioni benefiche di cui CR7 è testimonial, come Save the children.

Una storia delicata e in pieno sviluppo, cui Ronaldo proverà a replicare sul campo. A cominciare da oggi, a Udine, nella partita in cui il portoghese torna titolare dopo aver saltato martedì la prima gara stagionale con la Juventus. Ronaldo era seduto in tribuna all’Allianz Stadium, mentre i compagni disponevano facilmente dello Young Boys in Champions League. Colpa della discutibile espulsione incassata a Valencia nel turno d’esordio, scontata con una giornata di squalifica. Primo stop per lui e assenza comunque indolore per la Juventus, andata a incassare la nona vittoria consecutiva da inizio stagione. Nessuno ha saputo fare come i bianconeri in Europa, oggi si punta ad andare in doppia cifra, con il contributo fattivo di Cristiano Ronaldo, l’unico certo di una maglia da titolare nelle parole prepartita di Allegri sulla prima linea juventina.

Numeri che diventano il tormentone di una squadra a punteggio pieno dopo sette giornate e già in grado di piazzare sei punti di distacco tra sé e il Napoli secondo in classifica. Ora nel mirino ci sono la Juventus di Giovanni Trapattoni e quella di Carlo Carcano, capaci di infilare otto vittorie consecutive a inizio campionato, rispettivamente nel 1985-86 e nel 1930-31. Poi un altro gradino da salire, per agguantare il gruppo di Fabio Capello che vinse nove partite di seguito nel 2005-06. Infine l’ultimo record, quello che viene detenuto altrove: i dieci successi iniziali fatto registrare dalla Roma di Rudi Garcia nel 2013-14 e che non bastarono per arrivare allo scudetto.

Tutto passa oggi da Udine, un incrocio che Allegri ritiene complicato e delicato. Vuoi perché in Friuli le partite sono sempre state combattute e “sporche”, vuoi perché si tratta dell’ultimo atto di un ciclo che si chiude prima della sosta per le Nazionali. Per questo serve il ritorno di Cristiano Ronaldo, un CR7 che si propone particolarmente in palla, mentalmente parlando. Stare fermo lo rende quantomai affamato, come si è visto l’altro giorno nell’abituale seduta del giovedì dedicata ai calci di punizione: il portoghese esultava come se fosse partita vera e come se le vicende extracalcio non lo avessero sfiorato. Una carica di energia di cui potrà beneficiare la Juventus tutta. Per salire a quota 10 grazie al suo numero 7.

Giorgio Chiellini, da buon capitano, è seduto a capotavola. Cristiano Ronaldo è nel mezzo, tra Federico Bernardeschi e Blaise Matuidi. A Leonardo Bonucci è toccato invece il compito di immortalare la comitiva. Non c’è stato bisogno del solito ammonimento, “per favore, un cheese” per strappare un sorriso ai commensali, l’atmosfera è sufficientemente calda e il gruppo si diverte già per conto suo. In poco tempo lo scatto, postato giovedì sera proprio dal difensore “milanista per una stagione” ha fatto il giro dei social network.
La Juventus va a cena, ma stavolta non nell’hotel del ritiro prima della partita o alla Continassa dove lavora tutti i giorni. I giocatori hanno organizzato un’uscita serale per regalarsi un momento di relax tra selfie e risate, scegliendo un ristorante nel centro di Torino. La tavolata è lunga, anche se all’appello mancano Rodrigo Bentancur, Douglas Costa e Moise Kean. Tutti sono seduti in ordine sparso, senza raggruppamenti per reparti, lingua o amicizie, ma soltanto con la voglia di godersi una serata diversa dopo una giornata di duro allenamento con persino l’appendice del club del giovedì, ovvero un lavoro supplementare basato sui calci piazzati. Persino Mario Mandzukic, meglio conosciuto come “mister no good” per il suo sguardo sempre truce e il volto da musone, accenna al sorriso: significa che gradisce la compagnia. E al momento di pagare, non si fa alla romana: ci pensa Miralem Pjanic a offrire la cena ai compagni di squadra come testimoniano i ringraziamenti, a partire da Bonucci e Medhi Benatia, che con una Instagram story sottolinea «Grazie, mio piccolino».

Più che una cena per festeggiare la vittoria di sabato scorso contro il Napoli e poi il successo di Champions League contro lo Young Boys, è sembrata una cena all’insegna della compattezza: ritrovarsi tutti insieme per consolidare l’unione del gruppo (“l’uno per tutti e tutti per uno” rilanciato via social dal presidente Andrea Agnelli dopo la trasferta di Valencia, ma anche la solidarietà raccontata da Bernardeschi nell’intervista a Tuttosport ) e rafforzare il concetto di squadra dentro e fuori il campo. E se proprio bisogna celebrare qualcosa, allora Chiellini e compagni hanno voluto condividere l’avvio strepitoso della stagione con un percorso netto (e unico in Europa) di nove trionfi tra campionato e Champions e gettare le basi per ciò che li attende. Oggi, con la trasferta a Udine, si chiude il primo tour de force, dopo la pausa delle Nazionali ai bianconeri ne toccherà un altro altrettanto impegnativo, soprattutto in chiave Champions con il doppio confronto con il Manchester United. Ma i veri giochi arriveranno in primavera: mai come quest’anno l’ìobiettivo dichiarato della Juventus è la conquista della Coppa dalle grandi orecchie.

Il dieci, secondo la numerologia, è sinonimo di perfezione: somma dei primi quattro numeri, nonché simbolo di eccellenza. C’è chi sostiene che, al contempo, esista per innescare la fine di un ciclo, chi invece si sofferma sulla compiutezza raggiunta. La Juve in generale, e Massimiliano Allegri nel particolare, tengono molto alla doppia cifra di successi tra campionato e Champions. Non è tanto la voglia di dare l’assalto a Rudi Garcia e alla Roma dell’avvio del campionato 2013-14 oppure al Bayern travestito da Pep Guardiola due anni dopo (recordman delle 10 vittorie in partenza nei rispettivi tornei, mentre oggi i bianconeri possono arrivare a 8), quanto l’opportunità di mantenere il distacco dal Napoli. E chissà, magari, allungare ancora: grazie Sassuolo, nel caso.
Il prato di Udine è però infido. L’anno scorso finì 6-2 per i campioni orfani di Mandzukic che fu espulso dopo 24 minuti e per questo beccò un 3 in pagella. Quest’anno, tra gli altri, c’è Ronaldo ma altri fattori conteranno: «E’ una partita pericolosa, di quelle in cui l’aspetto fisico e mentale sono determinanti – avvisa Max -. Potrebbe esserci, ma non ci sarà (e qui Allegri alza volutamente la voce, ndr) un po’ di rilassamento. Dovremo dare un altro segnale tirando fuori tutte le energie: contro l’Udinese sarà una partita spartiacque, una battaglia. Loro giocano sulle ripartenze, sono veloci, vengono da due sconfitte. E noi da 9 vittorie…». Ecco, la legge dei grandi numeri è come una carogna sulle spalle nerborute della Juventus. Allegri, per non interrompere il filotto, chiede una maggiore «continuità difensiva». Anche se nel calcolo («Non siamo mai stati due partite di fila senza gol subiti») non ci prende, per una volta: tra Frosinone e Bologna la porta è già rimasta immacolata. Di più: nelle ultime 5 uscite stagionali la Juve è stata battuta solo da Mertens. Non male, però non basta. Occorre mettersi costantemente in discussione, facendo «come i cavalli e mettendosi i paraocchi senza guardare chi sta intorno. A Udine, anche con una brutta partita a livello tecnico, bisogna vincere».
E’ un Allegri che sente l’importanza del momento. Pratico e realista: «Il presente va vissuto con grande entusiasmo», dice rivolgendosi ai tifosi che tendono a dimenticare il già vinto. La Juve va oltre, guarda oltre. Perché poi, volenti o nolenti, si torna sempre lì, alle Grandi Orecchie di una Coppa speciale: «Per migliorare ci manca solo la Champions – spiega Allegri – ma per vincerla servono tutte le componenti giuste, come la fortuna». E magari – anche – un Bernardeschi meno egoista perché «non siamo alla Fiorentina» (ex squadra del carrarese) come da video ormai virale sul web: «L’altra sera l’ho rimproverato e mi spiace se a Firenze se la sono presa, non volevo offendere nessuno – dice Max – Però un pallone nella Juventus ha un peso specifico diverso, può farti perdere un campionato, o una Champions. E se hai l’obbligo di vincere anche le energie che si sprecano sono differenti. Quando arrivi alla Juve devi fare un salto di qualità mentale». Berna – ne siamo certi – ha capito la lezione.

Difesa a quattro, offensivo e uno studio maniacale dell’avversario.L’Udinese che quest’anno gioca e, a tratti, diverte, è figlia delle idee del suo uomo in panchina, Julio Velazquez, arrivato in punta di piedi dalla Spagna in una giornata di inizio estate.D’altronde, la storia insegna che Udinese è quasi sempre sinonimo di sorpresa e racconta di giovani lanciati nel grande calcio (come lo juventino Cuadrado), giocatori riportati a buoni livelli e scommesse rivelatesi, con il tempo, vincenti economicamente vantaggiose.L’ultima in ordine di tempo è il tecnico iberico che, nonostante sieda in panchina, ha l’età di un calciatore navigato (37 anni compiuti proprio ieri) pur non avendo mai calcato i campi. Ingaggiato per dare una scossa all’intero ambiente, ha già portato una novità: lui dirige la squadra da bordo campo, il suo match analyst studia l’evolversi delle partite dalla tribuna. Dopo sette giornate di campionato, il bottino di 8 punti non è certamente da buttare per una società che dovrà salvarsi il gioco proposto è riuscito anche ad affascinare i più scettici.

La carriera in panchina di Velazquez, nativo di Salamanca, è iniziata prestissimo con le formazioni giovanili del San Nicolàs ed è nei vivai di Sur, Betis Valladolid, Laguna e Peña Respuela, in cui ha debuttato come tecnico della prima squadra nel 2004. Il lavoro alla guida dell’Arandina in Tercera Division (la quarta serie spagnola) gli è valso il salto fra i professionisti, alla guida della Poli Ejido, prima con un periodo di rodaggio nel settore giovanile e poi, quando è arrivata l’occasione nel 2010, alla guida della prima squadra, condotta fino al sesto posto in classifica. In mezzo, un’altra piccola esperienza lla squadra B del Valladolid. I buoni risultati raccolti hanno attirato su di lui l’interesse del Villarreal, che lo mise sotto contratto e decise di inserirlo nella rosa dei tecnici che si occupavano di seconda e terza squadra. L’escalation è stata rapidissima: il 2011 alla guida della formazione C, l’anno dopo protagonista con la B e nell’estate del 2012, dopo lo shock per la retrocessione della prima squadra in Segunda Division, la scelta di fargli guidare la risalita.L’esperienza dur sei mesi, poi le strade si separa e Velazquez, nell’estate successiva, ingaggiato dal Real Murcia, rilanciando se stesso e la squadra. Altra nobile decaduta, questa volta il Betis Siviglia retrocesso, e altro tentativo di salto in Liga: cinque mesi prima dell’esonero nel novembre 2014, e l’approdo in Portogallo accettando la panchina del Belenenses in Primera Liga, dove ha salvato la squadra a fine anno. Una stagione a Lisbona, l’addio complicato a ottobre del 2016 e, prima dell’Italia, l’Alcorcon. Con i gialloblù ha conquistato due salvezze consecutive in Segunda (e un quarto di finale in Coppa del Re), chiudendo al 13° posto lo scorso anno, con un bilancio totale di 25 vittorie, 27 pareggi e 30 sconfitte nelle 82 apparizioni in panchina.

Ossessionato dal lavoro e perfezionista, ha studiato l’Udinese ancora prima di essere ingaggiato, come confermato dal diretto interessato: nella conferenza stampa di presentazione ha rivelato di aver trattato per nove mesi con la società friulana e di aver riguardato tutte le gare dello scorso anno. In estate tanti acquisti e l’innesto di esterni offensivi rapidi come Machis e Pussetto, valorizzazione di un patrimonio come De PaulFofana. Il 4-2-3-1 come modulo di riferimento, ma anche l’umiltà nel cambiare a gara in corso.Dalla quarta serie spagnola alla Juventus, oggi, alla Dacia AreaJulio Velazquez non ha nessuna voglia di fermarsi.

E’ suonato il campanello. Sono andato ad aprire la porta. Era lui, Totò Di Natale. Martedì mi ha fatto la sorpresa. Non ci eravamo mai parlati. E’ venuto a trovarmi a casa, è venuto a farmi i complimenti, a raccontarmi un po’ di storia, sua e dell’Udinese. E gli ho regalato la mia maglia». Quella numero 10 che è stata dal 2004 al 2016 la maglia di Totò e che subito dopo il suo addio al calcio, Rodrigo De Paul, nell’estate del 2016, a soli 22 anni, ha deciso di prendere all’Udinese. Una scelta che a molti sembrò azzardata, un segno di presunzione, quasi di sfrontatezza. «E’ una maglia pesante, soprattutto quella di Totò al quale ho chiesto tante cose. Se non fai bene ti criticano immediatamente». Ora Rodrigo De Paul, a 24 anni, e al terzo anno di Udinese, ha vinto lo scetticismo dei friulani. Merito di una partenza a razzo: quattro gol, uno solo su rigore (al Parma, gli altri a Samp, Chievo e Torino), del raggiunto carisma da leader che gli ha fruttato la prima e storica convocazione con la Nazionale argentina. Partirà stasera, destinazione Arabia Saudita. Con Paulo Dybala, l’unico grande argentino suo amico. Dopo la sfida con la Juve. «Sarà un piacere ritrovare Paulo, ci conoscemmo a Palermo, quando facevo i documenti per la carta d’identità. Siamo sempre rimasti in contatto».

Non le farà sconti. La Juventus finora ha vinto tutte le partite giocate in campionato e in Champions.

«Va detto: una delle squadre più forti d’Europa. Ma nel calcio non sai mai come va a a finire. Noi ora giochiamo bene e siamo in casa. Vogliamo far punti».

Cosa è cambiato rispetto alla passata stagione in cui ne avete perse 11 di fila?

«Il gioco di Velazquez qui piace a tutti: tanta palla e molta intensità, un calcio dinamico, come dice il nostro allenatore, in cui devi saper fare più cose. Lo scorso anno quattro sconfitte

di fila ci hanno buttati giù e alla minima negatività ci abbattevamo. Comunque io, come gli altri compagni, faccio ancora fatica a spiegarmi quelle 11 batoste. Poi forse cinque allenatori in due anni sono stati troppi».

Il primo che ha avuto, Beppe la- chini, le chiedeva di tirare di più. Ora lei lo fa.

“E’ vero. E aveva ragione. Ora, se trovo la giocata, ci provo. Anche se io preferisco dare l’assist, se vedo il compagno libero la do come a Bologna con Pussetto. Hai un secondo per decidere e cercare di fare la cosa giusta».

Ma, comunque, le piacerà far gol…

«Ma certo, però i gol li fanno gli attaccanti, il mio lavoro è dare assist, giocando come gioco ora, a sinistra, andando dentro, sfruttando l’uno contro uno, anche se nasco trequartista».

Si aspettava un inizio così folgorante?

«Sinceramente no. Pensavo solo alla prima partita. L’unica novità è che mi ero deciso a prendermi maggiori responsabilità».

Grazie anche a Velazquez…

«Mi ha parlato il primo giorno e mi ha detto subito che credeva in me. Io avevo l’offerta della Fiorentina in ballo».

In ritiro in Austria sembrava un altro: mai sorridente, quasi triste. Perché?

«Avevo l’offerta di una bella squadra, di una grande città. Io so come è il calcio. Poi ho parlato col tecnico e, soprattutto, col direttore Daniele Pradè. Abbiamo deciso e sono ripartito. E’ finito tutto in un attimo».

E stasera dopo la Juve va con la Nazionale argentina. Giocherà contro Iraq e Brasile.

«Ho lavorato dal primo giorno per questo sogno. Ce l’ho fatta La sera in cui l’ho saputo avevamo giocato e perso in casa con la Lazio. Non ho dormito per la gioia. E’ la cosa più bella della mia vita calcistica. E’ durissima arrivarci. Se ha fatto fatica uno come Mauro leardi che ha fatto 29 gol in A ed era capocannoniere, si immagini quanta devo farne io».

La notizia della prossima paternità le ha dato serenità?

«Assolutamente sì, a gennaio, durante la sosta, ci sarà il lieto evento. Una bambina. Nascerà a Udine perché sarebbe impossibile spostarci, ma siamo felici che succeda qui. Verranno le nostre famiglie. Io e Camila ci eravamo abituati a trattare Rocky, il nostro cane, come un bambino, ora lo faremo con una bimba».

Si regalerà un altro tatuaggio? Ne ha uno, il leone, uguale a quello di leardi e ormai ha superato l’amico Cyril Thereau?

«Forse no, Ma con Cyril me la gioco. Mi piacciono, hanno un significato e rappresentano tante cose della mia vita. Ma il leone non l’ho copiato da Mauro. Lo volevo, giuro che era una mia idea. Tatuaggi e mate, che bevo due volte al giorno, sono la mia vita, i miei compagni».

Ma lei sa che ora vale 20 milioni e il rinnovo di contratto in scadenza nel 2020 è a un passo?

«Non so quanto valgo, ma so che mi sto guadagnando qualcosa in serie A, il torneo più difficile tra tutti i grandi campionati, se vuoi crescere devi giocare qui».