Ameba mangia-cervello uccide ragazzo 29enne

È morto mentre nuotava in una piscina in Texas, il 29enne Fabrizio Stabile. A colpirlo un’ameba mangia-cervello, conosciuta come Naegleria Fowleri. Fabrizio ha cominciato a sentirsi male il 16 settembre scorso, accusando violenti mal di testa ed è morto qualche giorno più tardi, il 21 dello stesso mese. L’uomo era al Cable Park e Surf Resort a Waco, in Texas, quando si è ammalato. Gli epidemiologi hanno così prelevato campioni di acqua per testare la presenza dell’ameba e i risultati sono attesi in settimana.

Ma in cosa consiste questo parassita e cosa può provocare? Nell’uomo l’infezione da Naegleria Fowleri può causare una malattia grave: la meningoencefalite amebica primaria, che colpisce il sistema nervoso centrale. Se non diagnosticata e curata in tempo porta alla morte nell’arco di una settimana. Si tratta di un organismo minuscolo e dalla struttura semplicissima (misura 20 micrometri ovvero millesimi di millimetro) che però può infettare diversi animali, in particolare mammiferi. L’uomo rischia di contrarlo nuotando in fiumi o laghi, soprattutto quando l’acqua è tiepida o calda, e attraverso lavaggi nasali con acque infette. È impossibile trovare l’ameba nelle acque salate. Il parassita entra proprio dal naso (se l’acqua va in bocca non si corrono rischi) e risale lungo il nervo olfattivo, fino ad arrivare al cervello. Lì si moltiplica molto rapidamente, nutrendosi di tessuto nervoso cerebrale. Per oltre il 90% dei casi le lesioni provocano la morte.

Ma tranquilli perché i casi sono estremamente rari. “Tra il 2008 e il 2017 si sono verificate 34 infezioni – spiegano i Centers for Disease Control – Ma dei 143 casi totali registrati tra il 1962 e il 2017 sono sopravvissute solo quattro persone. Una di queste è Kali Harding, una ragazzina dell’Arkansas che aveva contratto la malattia in un parco acquatico, il Willow Springs Water Park di Little Rock, dove c’era stato nel 2010 un altro caso di infezione”. In Italia al momento sembra essersi verificato un solo caso nel 2004 che ha coinvolto un ragazzino di 9 anni.

Che cos’è E’ una malattia parassitaria provocata dalla presenza nell’organismo di Entamoeba histolytica: l’amebiasi può presentarsi con quadri clinici di severità variabile dalla diarrea cronica moderata alla dissenteria acuta fulminante. Le infezioni possono essere asintomatiche e possono verificarsi anche localizzazioni extraintestinali, di cui l’ascesso epatico è la manifestazione più frequente.

L’amebiasi è una infezione cosmopolita, potendo essere riscontrata a tutte le latitudini; essendo favorita da situazioni di carenze igieniche e da climi caldo-umidi, il suo riscontro è comunque più frequente nelle regioni tropicali e sub-tropicali. Cosa la provoca L’amebiasi è provocata dall’infezione, a livello intestinale, da parte di un protozoo, l’Entamoeba hystolitica, che può essere presente in natura sotto forma di cisti (infettanti) e di trofozoiti (forme vitali potenzialmente patogene).

L’ameba può comportarsi come commensale, cioè convivere con l’organismo parassitato senza provocare segni o sintomi di malattia, oppure invadere i tessuti dando luogo ad infezioni intestinali o extra-intestinali. Molte infezioni sono quindi asintomatiche, ma possono rendersi evidenti in seguito a particolari circostanze, quali malattie intercorrenti o stati di immunodepressione. La diagnosi viene effettuata mediante la dimostrazione di cisti o trofozoiti di E. histolytica in campioni di feci, oppure mediante la dimostrazione di trofozoiti in biopsie tissutali o materiale prelevato dalle ulcere per mezzo di esame colturale o istopatologico.

Le cisti amebiche sono piuttosto resistenti agli agenti atmosferici, all’invecchiamento ed ai comuni disinfettanti a base di cloro. Come si trasmette La trasmissione avviene soprattutto in seguito all’ingestione di acqua o di alimenti (soprattutto frutta e verdura) contaminati da materiale fecale in cui siano presenti cisti amebiche. Il contagio interumano diretto, attraverso mani sporche, è raro ma possibile. Possibile anche la trasmissione per via sessuale, in seguito a contatti orali-anali o oro-genitali. L’uomo, malato o asintomatico, è l’unica sorgente di infezione. Periodo di incubazione Il periodo di incubazione, che può variare da pochi giorni ad alcuni mesi o anni, è solitamente di 2- 4 settimane.

Periodo di contagiosità Il soggetto infettato è contagioso fintanto che continua l’escrezione delle cisti (anche alcuni anni). I “portatori sani cronici” sono comunque rari e le cisti da loro escrete sono solitamente prive di potere patogeno. Come si previene Come per tutte le malattie a trasmissione fecale, lo scrupoloso rispetto di elementari norme igieniche è fondamentale, a livello individuale, per la prevenzione dell’amebiasi.

A livello collettivo la prevenzione delle malattie a trasmissione fecale-orale si realizza attraverso il corretto smaltimento ed allontanamento dei rifiuti solidi e liquidi, la disponibilità di acqua per uso umano sicura e controllata, una buona igiene alimentare. Le sorgenti di acqua ad uso umano, in particolare, debbono essere protette dalla contaminazione fecale; la clorazione non è sempre efficace nei confronti delle cisti amebiche, mentre sono maggiormente efficaci i disinfettanti a base iodio. La disinfezione dell’acqua, in caso di rischio di amebiasi, può quindi essere effettuata mediante bollitura, oppure aggiungendo all’acqua filtrata 32 gocce di tintura di iodio al 2% per litro.

La soluzione così ottenuta deve essere lasciata riposare per almeno 30 minuti – un’ora prima dell’utilizzazione. Provvedimenti nei confronti di malati, di conviventi e di contatti Nell’assistenza a pazienti affetti da amebiasi debbono essere adottate precauzioni enteriche; lavaggio in acqua a temperature superiori a 60°C e disinfezione della biancheria contaminata. I soggetti colpiti da amebiasi debbono essere allontanati dalle attività che comportino la manipolazione o distribuzione di alimenti, l’assistenza sanitaria e quella all’infanzia fino a completamento della chemioterapia appropriata e a dimostrazione di assenza di cisti dalle feci.

I conviventi ed i contatti di un caso di amebiasi vanno sottoposti a sorveglianza per la ricerca di altri casi di infezione e della fonte di esposizione, con particolare riguardo a storie di viaggi in aree endemiche e alle abitudini personali ed alimentari, con allontanamento dalle attività che comportino la manipolazione o distribuzione di alimenti, l’assistenza sanitaria e quella all’infanzia in caso di positività dell’esame delle feci per presenza di cisti amebiche. Il trattamento specifico dell’infezione amebica si basa sulla somministrazione di farmaci antiparassitari quali : metronidazolo, diiodoidrossichinolina, paramomicina o furoato di diloxanide, da assumere sempre su prescrizione e sotto controllo medico. Nei casi di infezioni intestinali severe o resistenti al trattamento, i farmaci di scelta sono rappresentati da deidroemetina, seguita da diiodoidrossichinolina, paramomicina o furoato di diloxanide.

Metronidazolo e deidroemetina sono controindicati in gravidanza. L’impiego di amebicidi da contatto (essenzialmente paramomicina, diiodioidrossichinolina, poiché farmaci a base di derivati arsenicali non vengono più impiegati a causa della loro tossicità) può essere indicato per il trattamento e la bonifica di portatori asintomatici, ma la decisione deve essere assunta dopo consultazione medica. Per i casi di amebiasi extraintestinale e di ascessi amebici può essere indicata la terapia chirurgica. Regole per la prevenzione del colera e di altre malattie a trasmissione fecale-orale • bere soltanto acqua sicura, ovvero acqua che sia stata bollita, o disinfettata con cloro o iodio, o acqua minerale imbottigliata, la cui bottiglia venga aperta in vostra presenza • evitare il ghiaccio, a meno che non si sia assolutamente sicuri che esso è stato prodotto con acqua sicura • consumare soltanto cibo che sia stato cotto accuratamente e che sia ancora caldo nel momento in cui viene servito • proteggere gli alimenti dagli insetti molesti per mezzo di reticelle, o in appositi contenitori; • refrigerare immediatamente dopo la preparazione i cibi che non vengono consumati subito • evitare frutti di mare e pesce crudi • evitare di consumare verdure e frutta cruda, a meno che non siano state lavate, sbucciate, • preparate da voi stessi: ricordando il detto: cuocilo, sbuccialo, o lascialo stare • bollire il latte non pastorizzato prima di consumarlo • evitare gelati e dolci alla crema che potrebbero essere stati confezionati con latte non pastorizzato o avere subito ricontaminazione • assicurarsi che i cibi acquistati da venditori ambulanti siano stati completamente ed accuratamente cotti in vostra presenza e non contengano parti crude • lavare sempre accuratamente le mani dopo essere stati al gabinetto e prima di mangiare.

Usa, uccisa da una ameba “mangia cervello” dopo un tuffo

È bastato un tuffo per spegenre il sorriso di Kerry Stoutenbourgh, una ragazza di 19 anni morta dopo un bagno in un torrente del Maryland.

La ragazza è stata colpita da una meningoencefalite amebica primaria: è una delle patologie infettive più gravi che conduce nel 90 per cento dei casi alla morte. Ha combattuto per dieci giorni, ma l’1 settembre è morta in ospedale. A ucciderla è stata la presenza nelle acque del torrente di una terribile ameba che “divora” il cervello, la Naegleria fowleri. I test della meningite avevano dato esito negativo e da qui è scattata la ricerca da parte dei medici delle possibili cause della malattia della ragazza. Fino alla terribile scoperta. “Si tratta di un’infezione dalle conseguenze catastrofiche e che progredisce molto rapidamente”, ha detto Carol Smith del Wadsworth Center del Dipartimento della Sanità. In Italia la sua incidenza è praticamente nulla, come afferma il dottor Fabrizio Pregliasco, virologo presso l’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’IRCCS Galeazzi nella stessa città. “Nel nostro Paese è stato diagnosticato un solo caso di meningoencefalite amebica primaria, oltre tutto post mortem – spiega Pregliasco al Corriere.it -, mentre ci sono stati altri casi non confermati. Questo perché da noi non sussistono le condizioni ambientali di contaminazione e non ci sono portatori, sebbene valga sempre la raccomandazione di evitare le acque stagnanti, dove c’è più probabilità che possano annidarsi questi batteri”.

Il Prof. Massimo Andreoni, Primario Malattie Infettive presso l’Ospedale PTV di Roma, è intervenuto questa mattina nel corso del programma Genetica Oggi condotto da Andrea Lupoli su Radio Cusano Campus.

Si parla di batteri che vivono normalmente nelle acque, soprattutto le acque dolci e quelle a temperatura più calda. Sono infezioni abbastanza frequenti nelle piscine dove l’acqua tende ad essere più stagnante e la temperatura è superiore rispetto a quella che troviamo nei laghi e nei fiumi. Sono germi molto, molto comuni, uso il plurale perché ne esistono di diverse, questa nello specifico è correlata con infezioni gravi del sistema nervoso centrale che porta a meningo-encefaliti che causano la morte come nel caso di questo giovane.”

La movimentazione dell’acqua, come nel caso delle piscine che simulano le onde, rende ancora più facile il passaggio del germe attraverso il naso fino al cervello. E’ un evento eccezionale con pochi casi nel mondo, le infezioni comuni che provocano sono quelle che poi non danno luogo a malattia.”

Di solito le amebe danno vita ad infezioni dell’occhio perché sono quelle più diffuse. Comunque l’ameba ‘Naegleria Fowleri’ si trova nelle acque e con difficoltà arriva al cervello, quando arriva è fulminante. Il tempo di fare la diagnosi spesso non c’è.”

Le acque termali sono quelle più a rischio insieme alle piscine movimentate. Le acque termali ne facilitano la crescita ma le piscine movimentate sono quelle che favoriscono di più la penetrazione del germe. La potenzialità c’è anche se l’evento è poco probabile.”