Champions League Juventus-Young Boys streaming gratis e diretta TV Link no Rojadirecta

Ci sono molte alternative per seguire lo streaming gratis riguardante la seconda fase a gironi della  Champions League 2018/2019 per Juventus e Young Boys, è offerta dai siti delle emittenti che operano fuori dall’Italia che hanno acquistato nei loro paesi i diritti per mandare le immagini della Champions.

Un’alternativa dunque legale che permetterà, a meno di possibili interventi di blocchi geografici, di vedere la partita con lo streaming anche a chi è senza abbonamento alla paytv. Ecco qualche esempio:

  1. Indonesia Rajawali Citra Televisi Indonesia;
  2. Cipro Cyprus Broadcasting Corporation;
  3. Bosnia ed Erzegovina Radiotelevizija Bosne i Hercegovine;
  4. Cina China Central Television;
  5. Birmania Myanmar National TV;
  6. Austria Österreichischer Rundfunk;
  7. Australia Special Broadcasting Service;
  8. Irlanda Raidió Teilifís Éireann;
  9. Georgia Georgia Public Broadcasting;
  10. Kosovo Radio Television of Kosovo;
  11. Ecuador RedTeleSistema;
  12. Croazia Hrvatska radiotelevizija;
  13. Colombia Radio Cadena Nacional;
  14. Honduras Televicentro;
  15. Finlandia Yleisradio Oy;
  16. Germania Zweites Deutsches Fernsehen;
  17. Grecia Ellinikí Radiofonía Tileórasi;
  18. Lussemburgo Radio Television Luxembourg.

Come contro il Bologna la Juve è pronta di nuovo a giocare con la difesa a tre. E’ uno dei quattro moduli che Allegri ha proposto finora. Nella lista dei venti convocati è tornato Khedira, assente proprio dalla gara di Valencia quando uscì per infortunio dopo 23 minuti (per altro Allegri sabato contro il Napoli ha portato in panchina solo 10 uomini dei 12 possibili). Ancora out, invece, Douglas Costa, che a questo punto si rivedrà dopo la sosta, il 20 ottobre nella sfida interna contro il Genoa, perché sabato a Udine sconterà l’ultimo dei quattro turni di squalifica presi per lo sputo a Di Francesco in Juve-Sassuolo. Contro lo Young Boys si fermano Chiellini e Cancelo e lo sviluppo del gioco bianconero dipenderà soprattutto dalla posizione di Bernardeschi, che come ha detto Allegri «può fare la mezzala, il trequartista o anche l’esterno». Duttilità che piace tanto anche al ct Mancini. In realtà il tecnico ha tenuto aperta anche l’ultima porta: «Potrebbe anche non giocare…». Difficile, però, quest’ultima opzione. Bernardeschi arriva da tre panchine consecutive e senza Ronaldo il suo cambio di passo può essere decisivo per la rapidità chiesta proprio da Allegri, deciso a suonare la nona sinfonia bianconera.

Per la prima volta da quando è diventata la Juventus di Cristiano Ronaldo, la squadra bianconera scende in campo senza il suo fuoriclasse. Un inedito, quello di stasera contro lo Young Boys nella seconda giornata del girone di Champions, che però non suscita apprensione. Intanto perché parlare di Juventus di Cristiano Ronaldo è una forzatura, per quanto nel primo scontro diretto della stagione, sabato contro il Napoli, il fuoriclasse portoghese abbia confermato di essere un trascinatore vero e proprio, in grado di cambiare l’inerzia di una partita.

Se CR7 è un fuoriclasse unico, la Juventus è però piena di campioni: «Senza Ronaldo questa squadra è comunque arrivata due volte in finale in quattro anni», aveva ricordato Massimiliano Allegri alla vigilia dell’esordio in Champions a Valencia. E se qualcuno se lo era dimenticato, proprio al Mestalla i bianconeri avevano ribadito di essere un gruppo vincente anche se privato della punta di diamante. Perché è vero che quella di stasera sarà in senso letterale la prima partita senza Ronaldo, ma in Spagna la Juventus si era ritrovata dopo mezzora non solo senza il numero 7, ma anche con un uomo in meno: e aveva dato una dimostrazione di forza impressionante.

Ecco perché l’assenza di Ronaldo non suscita ansia nell’avvicinamento alla partita contro lo Young Boys, e c’entra solo relativamente il fatto che gli svizzeri siano l’avversaria meno temibile del girone. Alla recita sontuosa offerta dalla squadra bianconera sul palcoscenico del Mestalla non aveva preso parte Paulo Dybala, in panchina per la terza volta in quelle che al momento erano le ultime quattro partite. Quei novanta minuti passati seduto sono stati però il prologo al rilancio della Joya da parte di Allegri: non solo l’argentino è tornato titolare contro Frosinone e Bologna, partite in cui era normale ipotizzare un turnover, ma ha conservato il posto nella formazione iniziale anche contro il Napoli, la più importante assieme a Valencia tra quelle giocate finora dalla Juventus.

Un rilancio che è andato di pari passo con un crescendo nelle prestazioni del numero 10, che contro il Bologna ha segnato il primo gol stagionale e contro il Napoli ha avviato l’azione della seconda rete, spaccando in due la squadra di Ancelotti con una progressione prepotente. E’ un Dybala pronto, dunque, per l’esordio in questa Champions League: e magari per firmare il suo primo gol europeo della stagione, che sarebbe più prezioso che mai nella sera in cui la Juventus dovrà fare a meno di Cristiano Ronaldo. Fra l’altro la Joya avanzerà il suo raggio d’azione rispetto alle ultime partite, giocate da trequartista, andando a muoversi attorno a Mario Mandzukic per sfruttare le sue sponde e le sue spizzate di testa. Ricambiando magari con assist che permettano al croato di sfruttare una vena realizzativa con pochi riscontri nella sua carriera: già quattro i gol in sette presenze.

Nonostante l’avanzamento di Dybala, la Juventus dovrebbe comunque giocare con un trequartista: a interpretare il ruolo sarà Federico Bernardeschi, forse il migliore in assoluto a Valencia. Al Mestalla aveva fatto l’esterno a destra nel 4-3-3 (e nel 4-4-1 dopo l’espulsione di Ronaldo), ma la posizione in campo non è un problema per il ventiquattrenne talento di Carrara. Tanto che potrebbe oscillare tra quella di trequartista e quella di mezzala, trasformando il probabile 3-4-1-2 in 3-5-2. Un 3-5-2 che sarebbe invece più stabile se al posto di Bernardeschi dovesse giocare Emre Can, ipotesi meno probabile. Quasi sicuro, invece, il ritorno a una difesa a tre, in questa stagione impiegata soltanto contro il Bologna: una linea capace come sempre di diventare a quattro con lo scivolamento di Barzagli verso destra e la scalata indietro di Alex Sandro a sinistra.

Massimiliano Allegri, alla vigilia della gara più facile, sulla carta, di Champions, si presenta armato della solita ironia livornese, utile per sdrammatizzare i momenti più caldi ed evitare che quelli meno complicati assumano declinazioni pericolose. E così, 24 ore prima di Juventus-Young Boys, si diverte a scherzare sulla possibile formazione che sceglierà regalando due certezze: «Chiellini a ‘sto giro non gioca, e pure Cancelo lo faccio riposare». Per il resto occorre entrare tra le linee delle sue battute, usando una metafora calcistica, per individuare l’undici titolare. Che in realtà si basa su un’altra certezza, il gigante Barzagli, «l’abbiamo portato qui in conferenza stampa apposta. Si tratta di un buon vecchietto, anzi un ottimo vecchietto. Altro che partita d’addio di mercoledì…», riferendosi al lungo applauso tributato al difensore alla sua uscita dopo la vittoria col Bologna «Sì, è stato molto piacevole sentire quegli applausi, me li sono goduti anche perché non sono così abituato». Ma torniamo all’idea di Juve che ha in mente Allegri per stasera. Probabilissima la virata sul 3-4-1-2, interpretata dalla difesa muscolare ed esperta Barzagli-Bonucci-Benatia, il centrocampo con Pjanic e Matuidi interni e Cuadrado e Alex Sandro sulle fasce, Bernardeschi libero di inventare da trequartista per assistere la coppia d’attacco Dybala-Mandzukic. La prima dell’era Cristiano Ronaldo senza il portoghese per l’ingiusto rosso rimediato a Valencia consente ad Allegri la prima battuta: «Curioso di vedere la Juve senza Ronaldo per la prima volta? Veramente l’ho vista già a Valencia quando ha giocato in 10 per un rosso che non gli pregiudicherà di essere in campo a Manchester. Aveva anche bisogno di riposare visto che ha sempre giocato e con il Napoli ha offerto una grande prova, la migliore da quando è alla Juventus. Sarà importante non sbagliare approccio perché non vincere significherebbe vanificare ciò che abbiamo ottenuto in Spagna battendo il Valencia e invece dobbiamo fare un altro passetto. Lo Young Boys è una squadra da non sottovalutare. Le partite vanno giocate e vinte, poi, quando ci riesci ti dicono che era facile ma in Europa ci vuole grande rispetto. Loro sono una squadra che vince da non so quante partite, ha un allenatore che ha dato una bella organizzazione difensiva e hanno fisicità. Sono bravi sulle palle lunghe: bisognerà essere veloci e tecnici, giocando tra le linee. Servirà grande rispetto e grande determinazione, ma soprattutto evitiamo gli ultimi 20 minuti con il Napoli dove non correvamo: non sono piaciuti a me come ai ragazzi. Abbiamo concesso ai partenopei un’occasione importante a Callejon e non va bene».

Inevitabile un ritorno sull’addio di Marotta: «E’ un fatto ancora fresco… Però quando si rompe un rapporto umano e professionale, c’è sempre grande dispiacere. Questo è un momento di assestamento, ma fortunatamente abbiamo una partita di Champions da giocare e da vincere». Ringraziamenti sentiti pure da Barzagli: «Anche a livello umano è difficile trovare dirigenti di questo genere con cui riesci a parlare. Mi dispiace molto, gli faccio un grande in bocca al lupo».

Novanta minuti per regalarsi una fiaba. Di quelle da raccontare ai nipotini, tra trent’anni o giù di lì, davanti al camino. E se i tre punti rappresentano un sogno nemmeno sussurrato, per lo Young Boys il lieto fine a Torino si materializzerebbe anche sotto forma di un pareggio. Ne sa qualcosa Steve Von Bergen, esperto capitano della formazione svizzera con trascorsi in Italia a Cesena, Genova sponda rossoblù e Palermo. «Non ho ricordi particolarmente piacevoli legati alle mie precedenti sfide alla Juventus – ha scherzato ieri nella conferenza stampa della vigilia –, quando ho giocato in Italia non ho raccolto molti punti contro di loro. Anzi, uno soltanto». Correva la stagione 2010/2011, la Juve era quella claudicante di Delneri e il centrale classe ‘83 alla sua prima esperienza italiana vestiva la casacca dei romagnoli: 2-2 al Manuzzi, con Jimenez e Parolo a rispondere alla doppietta di Matri. «Ma d’altronde stiamo parlando della squadra più importante d’Italia – si è poi quasi giustificato –, anche le statistiche in Europa raccontano della sua forza. Come in ogni sfida di questo girone, non abbiamo alternative: per ottenere un risultato positivo, saremo costretti a disputare la partita perfetta». Medesima linea d’onda surfata dal giovanissimo tecnico svizzero Gerardo Seoane, coetaneo di Buffon con i suoi 40 anni ancora da compiere. «Siamo consapevoli dell’altissimo livello della Champions League, palcoscenico che non ci concede il minimo margine d’errore: dovremo riuscire a fare sempre la scelta corretta, così da risultare efficaci tanto in fase difensiva quanto offensiva». Senza i lungodegenti Wuthrich e Lotomba, senza l’assente dell’ultima ora Mbabu. Costretti questa sera a guardare da fuori i compagni in campo proprio come Cristiano Ronaldo in casa bianconera. «Siamo sinceramente dispiaciuti per il fatto che non possa essere della partita – ha spiegato ancora Seoane –, perché ogni volta vogliamo confrontarci con i migliori giocatori possibili. Sfidarlo per noi avrebbe rappresentato una grande avventura, detto ciò al suo posto scenderà sicuramente in campo un altro campione affermato: la Juve ha alternative eccezionali in ogni reparto del campo». Per fronteggiare uno Young Boys battuto all’esordio tra le mura amiche dal Manchester United di Mourinho, ma ringalluzzito dal nove su nove collezionato finora in campionato: «Un filotto che ci ha dato grande fiducia, ma siamo consapevoli della differenza di livello tra le due competizioni…».

Il piccolo rischio che la Juventus possa sottovalutare lo Young Boys è sparito ieri pomeriggio con l’arrivo degli svizzeri a Torino. Nella delegazione che accompagna la squadra di Berna sotto la Mole c’è anche un certo Stephane Chapuisat. L’attaccante che nel 1997 sfilò la Champions League alla Juventus con la maglia del Borussia Dortmund è il capo scout della squadra che stasera affronterà i bianconeri allo Stadium. «Ritrovare la Juventus – racconta il 49enne ex attaccante svizzero – mi fa sentire un po’ più giovane. Mi capita spesso di ripensare a quella partita, ma ho dei bellissimi ricordi anche a livello di Nazionale contro l’Italia. Nella finale del 1997 i bianconeri erano i grandi favoriti, ma vincemmo noi. Fu una sorpresa per tutto il mondo. Segreti non ce sono: una finale dipende dalla forma della squadra in quel giorno e noi a Monaco di Baviera eravamo in gran serata. Sicuramente mi fa strano pensare che un top club come la Juventus abbia trionfato in Europa l’ultima volta nel 1996 quando io ero ancora un giocatore… Però non vanno dimenticate le due finali negli ultimi quattro anni: rispetto al 1997, contro Barcellona (2015) e Real Madrid (2017) i bianconeri hanno perso perché erano meno forti delle rivali».

Molti sostengono che quest’anno la Juventus sia la favorita in Champions: concorda?  «E’ una delle principali candidate, non l’unica: se la giocherà con Real Madrid, Barcellona e Bayern».

Lo Young Boys dove può arrivare? «Siamo una buona squadra, solida, organizzata e con diversi giocatori che possono segnare: Fassnacht, Sulejmani, Hoarau, Nsame. Il precedente allenatore, Adolf Hütter, in estate ha preso il posto di Kovac all’Eintracht Francoforte. Così abbiamo puntato su Gerardo Seoane, che aveva svolto un ottimo lavoro a Lucerna e ha la stessa filosofia calcistica: siamo molto soddisfatti».

Vede un nuovo Chapuisat nello Young Boys? «Ci sono dei giocatori molto interessanti, come Guillaume Hoarau, però hanno caratteristiche diverse dalle mie».

Nel girone di Champions vi considerano tutti spacciati: voi come la vivete? «E’ la prima esperienza e siamo stati sorteggiati in gruppo durissimo, con grandi club come Juventus, Manchester United e Valencia. Siamo perfettamente consapevoli delle difficoltà, però proveremo a stupire: dobbiamo essere pronti a sorprendere le nostre rivali quando non sono in giornata».

Qualcuno di voi ha chiesto qualche consiglio sulla Juventus all’ex bianconero Lichtsteiner? «Se qualche giocatore lo ha chiamato, non lo so. Ma posso assicurarvi che sulla Juventus, ovviamente, abbiamo tanto materiale».

Com’è la squadra di Allegri vista da un ex attaccante ora capo degli osservatori? «Molto organizzata, forte difensivamente e con grandi individualità in attacco». Cristiano Ronaldo però stasera non ci sarà a causa dell’espulsione di Valencia: avete stappato lo Champagne?

«Tutt’altro. Per i nostri giocatori sarebbe stato bello sfidare il più forte del mondo: è peccato che non possa giocare. CR7 è un fenomeno, ma la Juventus resta fortissima anche senza di lui: Allegri ha grandissimi giocatori in tutte le posizioni del campo».

I suoi preferiti? «A parte Ronaldo, mi piace molto Dybala. E Can è un signor centrocampista». Chi è oggi l’attaccante più forte del mondo? «Sono almeno quattro i top assoluti: Cristiano Ronaldio, Messi, Mbappé e Salah».

La carriera di Salah è decollata proprio in Svizzera, nel Basilea: un caso? «No. Quello svizzero è un campionato in crescita e per i giovani talenti è una buona palestra: non è un caso che il percorso di Salah sia iniziato a Basilea. Dal nostro campionato passano diversi talenti».

Qualche nome?  «Fate attenzione a Manuel Akanji, 23enne difensore ex Basilea che in estate si è trasferito al Borussia Dortmund. E occhio pure a Denis Zakaria, centrocampista ex Young Boys che dal 2017 è passato al Moenchengladbach».

Questa sera la Champions League di casa a Torino. La Juventus Massimiliano Allegri, affronterà gli svizzeri dello Young Boys. Saranno forniti Cristiano Ronaldo, dopo l’ottima prestazione contro il Valencia la Juventus deve riuscire a continuare a rimanere in testa al proprio girone H.

La gara sarà trasmessa 18:55, perseguire la diretta streaming basta collegarsi sul canale Sky sport che possiede l’esclusiva.

Juventus-Young Boys streaming: le dichiarazioni della vigilia

Massimiliano Allegri (allenatore Juventus): «La partita va giocata e vinta. Bisogna avere grande rispetto per lo Young Boys. Vincono da tante partite e hanno un allenatore che li ha dato grande compattezza. Sono bravi ad accorciare e sulle seconde palle. Dobbiamo essere efficaci da subito, gli ultimi venti minuti col Napoli non mi sono piaciuti perché siamo usciti dalla partita. Domani dobbiamo fare un altro passetto in avanti».

Gerardo Seoane (allenatore Young Boys): «La squadra è molto concentrata per questa occasione. Penso che l’ambiente potrà aiutare. Siamo in trasferta e alla prima di Champions League. A questo livello c’è poco spazio per errori, in particolare con un avversario così. Sarà una partita difficile. L’assenza di Ronaldo? Sarebbe stato bello affrontarlo ma la Juve ha comunque delle opzioni molto buone per sostituirlo».

La standing ovation che lo Stadium gli ha regalato mercoledì scorso al momento della sostituzione nella sfida con il Bologna, non lo ha lasciato indifferente. Anzi, lo ha emozionato eccome. Così Andrea Barzagli se l’è gustata fino in fondo, secondo dopo secondo. «Raramente mi è capitato di uscire tra tutti questi applausi – ammette -. Così ci ho messo un po’ di più a uscire perché me li sono goduti, tanto che il mister mi ha chiesto se fosse la mia partita di addio…».

Sorride il difensore e Allegri, seduto al suo fianco, conferma: «Andrea è un ottimo vecchietto…». Un vecchietto che questa sera sarà in campo, nell’esordio casalingo in Champions League, presenza numero 49 nella competizione regina per lui. «Non ci vuole solo esperienza, è la seconda partita del girone, sarà importantissimo vincere per continuare a punteggio pieno. E’ una gara insidiosa, difficile, perché tutte lo sono in Champions. Non è una banalità, è la pura verità: ci sono squadre che arrivano con grande entusiasmo e bisogna stare attenti perché non sarà per niente facile».

IN FONDO. Lo Young Boys risponde proprio a questo identikit, essendo esordiente in Champions. Niente scherzi, quindi, nessuna sorpresa, per non gettare alle ortiche i tre punti preziosissimi conquistati a Valencia. «Si riparte con nuove grandi motivazioni e con la voglia di arrivare fino in fondo – spiega Barzagli -. Questo è lo spirito con cui la squadra affronterà questa competizione; ora dobbiamo pensare allo Young Boys e fare una grande prestazione per ottenere i tre punti».

MAROTTA. Barzagli, 37 anni, è alla settima Champions League in bianconero. Una storia d’amore, quella con la Juve, iniziata grazie a Beppe Marotta. Andrea ha parole al miele per l’ormai ex amministratore delegato. «Sono dispiaciuto perché lo reputo un grande manager. E’ lui che mi ha portato alla Juve in un periodo non facile della mia carriera e da lì sono partiti grandi successi. Anche a livello umano è difficile trovare dirigenti di questo genere con cui riesci a parlare tranquillamente e sanno cosa vuol dire il rapporto tra due professionisti. Mi dispiace molto, gli faccio un grande in bocca al lupo».

JUVENTUS YOUNG BOYS STREAMING TV – Oggi Martedì 2 ottobre 2018 alle ore 18,55 Juventus e Young Boys si batteranno per la seconda giornata valida della fase a gironi

Come vedere Juventus Young Boys in streaming gratis

La gara Juventus Young Boys potrà essere vista in esclusiva su Sky Sport Diretta Gol sul canale Sky Sport 251

Dove vederla in streaming Juventus – Young Boys

In streaming la partita sarà visibile per gli abbonati Sky su Sky Go, che consente di vedere i programmi Sky su pc e dispositivi mobili. Esistono vari modi per vedere le partite di calcio di ogni competizione in diretta streaming sul proprio dispositivo elettronico, sia esso un PC, uno smartphone o un tablet.

Molti siti, che propongono questi eventi dal vivo, sono illegali e offrono il più delle volte una qualità video e audio scarsa, oltre a venire periodicamente oscurati dalle autorità di polizia informatica per violazione del diritto di riproduzione. Ci sono però numerosi portali che offrono la possibilità di vedere le partite di calcio in streaming live e in qualità HD. Molti, come Sky Go e Premium Play, sono a pagamento, altri del tutto gratuiti.

Il tempo trascorso dall’addio di Marotta è ancora troppo poco. Almeno per Allegri. Che pur comprendendo l’importanza dell’uscita, non si sbilancia nel commentare la sua nuova percezione della Juve. «E’ fresca, sono passati solo due giorni. Dopo quattro anni e mezzo c’è grande dispiacere per il direttore che se ne va, perché si rompe un rapporto umano e professionale. Ora però bisogna assestarsi». Nulle di meglio, quindi, che il campo. Il calendario fitto di queste settimane propone la seconda di Champions dopo il Napoli: se la Juve vince fissa la sua miglior partenza della storia, con 9 successi su 9 tra campionato e coppa. Le quote dei bookies internazionali indicano sempre più i bianconeri quale favoriti alla vittoria di questa Champions, iniziata con il successo netto di Valecia (2-0 con doppietta di Pjanic su rigore). Allegri, anche se per ora tra i cinque campionati migliori d’Europa è l’unico ad aver messo da parte solo vittorie, non vuole cali. «C’è una partita che va giocata con grande rispetto e che va vinta sul campo».

RITMI. Certo, sulla carta lo Young Boys è l’avversario più facile di quelli incontrati fino a questo momento. Più semplici di alcuni incroci affrontati in campionato, dove peraltro la Juve ha già fissato il massimo vantaggio sulla seconda da quando esistono i tre punti a vittoria (1994): +6 sul Napoli. Qui, però, entra in scena l’allenatore. Che non vuole dare segnali di cieca fiducia: «Gli svizzeri sono una buona squadra, hanno un buon allenatore che li fa giocare bene e sono in serie positiva non so da quanto. Ho visto una grande compattezza difensiva, si aiutano tutti e sono una squadra fisica. Noi dovremo essere veloci e tecnici. Non è affatto facile, anche se poi se alla fine vinceremo ci diranno che era facile».

ASSENZA. Per la Juve la sfida di stasera è molto importante, perché in caso di vittoria si metterebbe in posizione stracomoda nel girone. Allegri quindi insiste: «Servono novanta minuti di intensità e concentrazione per non vanificare quanto fatto in Spagna». Proprio lì fu espulso Ronaldo, che oggi salta la partita, la prima da juventino. «Come immagino la Juve senza di lui? L’ho già vista a Valencia… Per fortuna ha preso solo un turno di squalifica e quindi in casa del Manchester United potremo averlo a disposizione. Diciamo che ha giocato tanto e aveva anche bisogno di un po’ di riposo dopo che contro il Napoli ha giocato la sua migliore partita da quando è arrivato».

SCELTE. Il tecnico bianconero chiude con i soliti rebus sulla formazione che ha in mente di schierare nella penultima partita del miniciclo che si chiuderà sabato a Udine, prima della seconda sosta stagionale dedicata alle nazionali: «Chiellini e Cancelo non giocano, poi devo decidere. In attacco sicuramente ci saranno Dybala e Mandzukic mentre ho qualche dubbio a metà campo. Khedira? E’ recuperato ma dall’inizio non gioca». Ok, ma almeno il modulo? ne ha fatti almeno quattro finora. No, Allegri non svela neanche quello: «Vediamo. Possiamo giocare con due dietro e tre mediani (cioè difesa a 4, ndi) o viceversa con tre dietro e due in mezzo (cioè difesa a 3, ndi)». Tanto conta vincere.

In un mazzo di briscole sparse, loro sono gli assi di coppe e denari. Da Marotta a Conte, andata e ritorno. I trofei, certo, ma non solo quelli. Il carisma, l’organizzazione (aziendale o tatica, siamo lì). Pensare che a ottobre siano sul mercato, Conte da qualche mese e Marotta da poche ore, è stupefacente. Sarebbe come se due super attici a pezzi stracciati restassero invenduti. Sarebbe come se Cristiano Ronaldo sbagliasse tre rigori di fila. Ci sono i numeri, che valgono più di diecimila parole. In tre anni di Juve il bilancio del triplo tricolore (e dintorni) in tandem canta così: 273 punti, 83 vittorie, 24 pareggi e 7 sconfitte. Everest. Quando, luglio 2014, Conte litigò di brutto con la Juve e decise di lasciare, qualcuno interpretò la svolta attribuendola a un’improvvisa diatriba con l’amministratore delegato. Erano storie di programmazione, la pretesa di un’asticella più alta. In realtà il malcontento era generalizzato, non aveva un destinatario: Conte si sentiva un sopportato, sintesi tra il genio incompreso e l’allenatore-manager che non riusciva a incidere. Non c’entrava Marotta, ma lo smisurato super ego di Antonio che con la storia del ristorante da 100 euro (della serie non puoi sederti al tavolo senza quella cifra) immaginava di aver detto tutto. E salutò.

L’ATTESA E GLI SCENARI. Marotta è stato preso in contropiede, pensava di poter durare ancora e magari di prendere per le Grandi Orecchie il trofeo che manca al palmares. Nulla perché Andrea Agnelli ha presentato il conto. E la vicenda Ronaldo può aver pesato, malgrado le smentite: più per uno spirito d’iniziativa eccessivo di Beppe, non gradito alla proprietà, che per un atteggiamento passivo – troppo soft – nella mega operazione dell’estate. Marotta è un ex uomo mercato prestato con successo al tavolo nobile dei perfetti amministratori delegati. Ha la sintesi giusta per sbattere in faccia il curriculum ai livelli più alti. In Italia ci aveva pensato timidamente il Milan, prima di andare su Gazidis e tenendo l’altra porta aperta per Gandini più Leonardo più Maldini, sulla carta sono ottimi e abbondanti. L’aria di grandezza di Suning è tale da poter pensare a un allargamento delle cognizioni non soltanto tecniche, la fiducia ad Ausilio è stata certificata dai fatti. Ma bisogna portare pazienza. La Roma è un club ambito, ma almeno oggi sono soltanto sussurri. C’è l’estero, a media o lunga scadenza. Cottura media: il Manchester United dove tutto dipende da Mourinho, dove una rivisitazione si impone, dove la coppia sarebbe perfetta (Beppe più Antonio) se Mourinho precipitasse nei prossimi – delicatissimi – giri di carte. Special One (attuale Normal One) non si sente a rischio e la mette sul piano dei numeri contrattuali: guadagna 16-17 milioni a stagione via United, altri 10 abbondanti arrivano dagli sponsor, fino al 2020. Tutto giusto, ma gli altri numeri (i risultati) peserebbero di più se la carestia continuasse, la classifica fosse un pianto e qualche big strapagato – leggi Pogba – non vedesse l’ora di tagliare la corda. Lo United sarebbe la cottura media, il Real quella lunga se in Italia non si muovesse foglia. Marotta ha un eccellente rapporto con Florentino Perez, il Real aveva cercato Conte prima di andare su Lopetegui, ma don Antonio si mise di traverso. Ecco l’altro punto.

ORGOGLIO E TESTARDAGGINE. C’è stato un periodo, tra giugno e luglio, che Antonio aveva utilizzato per rispedire al mittente qualsiasi offerta, anche la più faraonica. Il chiodo fisso: andare fino in fondo nel contenzioso con il Chelsea. Si erano lasciati malissimo, non ci sarebbero stati santi nelle valutazioni di Antonio se non la priorità di vincere la battaglia sulla penale. Ma a Conte manca il campo come l’ora d’aria per qualsiasi prigioniero, lui adora la Premier, quindi eventualmente si ammorbidirà. In Italia gli piacerebbe il Milan, dove Gattuso resiste con i fatti. Subentrare in corsa sarebbe un supplizio per uno che predilige le urla di luglio, ma c’è sempre un’eccezione.
Idealmente affacciati su un balcone di proprietà, Marotta e Conte sanno che qualcuno alzerà lo sguardo e farà un fischio. Chi prende la coppia realizza un affare, come quel voucher che recita così: con 15 giorni alle Maldive, ti regaliamo il week-end e ti lasciamo il frigo pieno di delizie. La Marotta&Conte new association: sarebbe un super intrigo.

LE PAROLE DI ANDREA. All’arrivo in Lega Agnelli ha trovato ad attenderlo un plotone di giornalisti ed è andato subito al sodo: «Non ci sarà nessun tipo di cambiamento nel nostro modello – ha iniziato – e la Juve continuerà a funzionare come oggi ovvero attraverso la gestione di un consiglio di amministrazione che sarà eletto dall’assemblea degli azionisti del 25 ottobre e che successivamente distribuirà le deleghe. Il modello di gestione che c’è dal mio arrivo ad oggi si poggia su tre pilastri che saranno immutati, ma cambierà la leadership dei vari pilastri: Giorgio Ricci assumerà la funzione di responsabile dei ricavi, Fabio Paratici quella di responsabile dell’area sport, Marco Re quella di responsabile dell’area servizi, che sono la finanza, le risorse umane e i servizi tecnologici». Il CdA non eleggerà alcun amministratore delegato, i vertici delle tre aree avranno come referenti in consiglio lo stesso Agnelli (ricavi e servizi) e Nedved (sport).

RINGIOVANIMENTO. Agnelli è andato avanti spiegando la scelta: «Ricci, Paratici e Re sono persone che ormai hanno in media 45 anni, gente che è pronta e preparata ad assumersi responsabilità in prima persona. Lo sono grazie anche allo straordinario lavoro di questi ultimi 8 anni fatto assieme da Beppe Marotta e Aldo Mazzia. Ai risultati ottenuti hanno abbinato la crescita di questi giovani dirigenti che adesso… non sono più giovani, ma che di fronte a loro avranno delle sfide molto ambiziose uguali e se non addirittura superiori a quelle del 2010. Dobbiamo farci trovare pronti di fronte alle sfide globali e dobbiamo essere in grado di competere con le squadre che sono leggermente davanti a noi dal punto di vista dello spettro dei ricavi: mi riferisco al Bayern Monaco, alle inglesi, alle due spagnole e al Psg. Davanti a noi abbiamo sei anni molto definiti per quelli che sono le competizioni nazionali e internazionali (il format della Champions non cambierà fino al 2024, ndr). Il campo è determinante ed escluso totalmente che Paratici possa essere in uscita nei prossimi mesi, ma al fianco dell’area sport sono altrettanto importanti la funzione dei ricavi e quella dei servizi».

L’operazione ringiovanimento farà diventare il vertice della Juventus il più giovane in assoluto tra i top club europei. Dal 42enne Andrea Agnelli ed i suoi Giorgio Ricci e Marco Re, passando per Pavel Nedved e Fabio Paratici, che di anni ne hanno 46, nessuno ha una media di età (44 anni) così bassa. Innanzitutto perché la Juventus ha il presidente più giovane di tutti. Gli si avvicinano solamente i due sceicchi di Paris Saint-Germain e Manchester City. A Parigi il numero uno è Al Khelaifi che di anni ne ha 44, mentre al Manchester City i ruoli operativi sono in capo a Kaldoon Al Mubarak (42 anni come Agnelli) che li ha ricevuti dal patron plenipotenziario, Mansour bin Zayed al Nayan, anch’egli assai giovane. Per il resto scarseggiano i 40enni in posizioni di grande rilievo. Una delle più in vista è certamente Marina Granovskaya, 43 anni, che guida il Chelsea con una serie di ampi poteri che vanno dalla direzione finanziaria fino alle scelte strategiche sul mercato, ricevute dal patron Roman Abramovich, 51 anni. Ma Marina siede in un board assai avanti con l’età, dove ad esempio la presidenza ufficiale è dedicata all’avvocato di origine americana Bruce Buck, che di anni ne ha ben 72. I più giovani, a ben vedere, sono i dirigenti scelti da Avram Glazer (58) e dal fratello Joel (51) che hanno preso potere al Manchester United dopo la morte a fine maggio del 2014 del padre Malcolm che era stato il grande regista sin dall’acquisizione del club nel 2006. In particolare Ed Woodward ha 46 anni ed allo United – che storicamente non ha mai assunto un direttore sportivo, ma che ultimamente sembra in fase di ripensamento, e pare in procinto di modificare qualcosa – è ad con pieni poteri sia sulla parte commerciale e di sviluppo del club che su quella sportiva. Figura centrale è anche quella del 48enne Cliff Batty, direttore finanziario. Per il resto troviamo soprattutto molti 50enni. Al PSG ad esempio Al Khelaifi è supportato da Jean Claude Blanc, che ha un passato non indimenticabile alla Juve, 55 anni, e dal direttore sportivo Antero Henrique (50). Al Man City invece i poteri operativi maggiori sono in capo all’ex vicepresidente del Barcellona, Ferran Soriano, che ha portato con sè da Barcellona Omar Berrada (48) e il direttore sportivo Txiki Begiristain (54). Comincia ad andare su con l’età invece il board del Bayern Monaco: il presidente Uli Hoeness ha 66 anni, 3 in più di Karl Heinz Rummenigge, plenipotenziario amministratore delegato. Dietro loro le due figure principali sono il direttore finanziario Jorg Waker (51), che è anche il più giovane in seno al consiglio amministrativo del club, e il responsabile dell’area sponsorizzazioni Andreas Jung (53). Non fanno scuola, in questo senso, nemmeno Barcellona e Real Madrid. I campioni d’Europa hanno nel presidente Perez (71) una figura decisamente centrale, mentre con lui collaborano soprattutto il DG Jose Angel Sanchez e due ex giocatori di nome come Emilio Butragueno (55) e Chendo (56) che sovrintendono soprattutto alla parte sportiva. Al Barcellona, invece, la struttura è piuttosto complessa. Il presidente Bartomeu (54) si avvale del Ceo Oscar Grau (54), del direttore dell’area corporate Jordy Joly (49) e di due figure a sovrintendere l’area sportiva: il direttore generale Albert Soler (52) e Pep Segura (57) che si occupa più direttamente del calcio.