Dove vedere la MotoGP di Aragona 2018 in diretta streaming Gratis No rojadirecta

Per tutti colore che non vogliono perdersi la gara live streaming, ma non hanno alcun abbonamento a Sky la quale ha quasi tutta l’esclusiva, non vi rimane che cercare sul web alternative legali. I siti delle emittenti che operano fuori dai confini nazionali rappresenta un’alternativa molto gettonata. Si può iniziare le proprie ricerche con questi suggerimenti:

  1. Malta con Public Broadcasting Services Limited;
  2. Indonesia con Rajawali Citra Televisi Indonesia;
  3. Irlanda con Raidió Teilifís Éireann;
  4. Macedonia con Makedonska Radio Televizija;
  5. Portogallo con Rádio e Televisão de Portugal;
  6. Paesi Bassi con Sanoma Media Netherlands;
  7. Lussemburgo con Radio Television Luxembourg;
  8. Paraguay con Sistema Nacional De Television;
  9. Kosovo con Radio Television of Kosovo;
  10. Honduras con Televicentro.

«Come affrontare questa situazione senza perdere motivazione? Guarda, devo stare qui per forza fino a stasera, quindi la cosa migliore è fare la gara più velocemente possibile per fare in modo che finisca prima».

L’ironia di Valentino Rossi si trasforma sempre più in sarcasmo tagliente. D’altronde è una pena vedere il Re Sole delle moto a 39 anni mostrarsi in forma come chi ne ha 10-15 quindici in meno ma qualificarsi in sesta fila, incapace di far andare veloce la sua amata Yamaha M1, con la quale per altro il giovane compagno Maverick Viñales, arrivato nella sua Spagna con l’ottimismo di un test positivo, non va oltre la quarta fila, prendendo anche una penalità (3 posizioni), che unita a quella di Franco Morbidelli (6), fanno guadagnare a Vale una casella in griglia: 17ª.

Ma poco cambia: si tratta della peggiore qualifica di sempre per il nove volte campione del mondo. Come ad Assen 2006, quando però aveva un polso fratturato. Ora il suo limite è la moto. Talmente in crisi da spingere i tecnici a inventarsi continue modifiche che non fanno altro che peggiorare le cose, con tanto di caduta nelle libere mattutine che esclude Rossi dal Q2. E fa impressione sentirlo porre come obiettivo fare punti. Altro che podio, altro che vittoria che manca da 22 gare.

«E’ stata una giornata difficile – racconta -. Abbiamo provato a fare grandi modifiche, ma purtroppo capiamo sempre di più che quello che possiamo fare noi nel box non serve a nulla. I problemi che sento quando guido sono sempre gli stessi. Realisticamente parlando dovremmo fare una gara per prendere punti, non penso che siamo pronti per arrivare nei primi dieci».

Sembra di essere tornati indietro di sei anni, quando Valentino non vedeva l’ora che finisse la fallimentare avventura in Ducati. E la conferma arriva quando gli pongono la domanda diretta sul confronto tra allora e oggi. E lui glissa. «Bisogna cercare di rimanere concentrati» la risposa il più politically correct. Ma è difficile fermare l’assalto.

Gli chiedono se, dopo due anni di identiche problematiche, ci sia comunicazione tra l’azienda e il team (che ha sede in Italia, a Gerno di Lesmo). «Nelle case giapponesi sia così: non ti tengono aggiornato su quello che fanno là. Di solito le cose quando arrivano funzionano, ma io non so quale sia il progetto ed è da tanto che parliamo degli stessi problemi ma la moto è sempre quella» non spalanca troppo il gas della polemica Rossi. Come quando gli domandano se si arrabbia con la Yamaha, che per altro gli ha già chiesto scusa pubblicamente per gli scarsi risultati. «Non è nel carattere: puntare i piedi e arrabbiarsi non serve a niente. I risultati parlano da soli, non c’è bisogno che un pilota si arrabbi di più. Però la situazione è molto difficile». Come difficile è immaginare un Valentino che corra per altri due anni in una situazione così disastrosa.

Uno-due in qualifica, il terzo consecutivo, con la terza pole di fila per Jorge Lorenzo. La prima della Ducati ad Aragon, casa Honda e ancora più casa Marquez (giovedì gli hanno anche intitolato la curva 10), dieci anni dopo quella di Casey Stoner, a conferma che il sogno rosso è tornato realtà. O come, dice Andrea Dovizioso, beffato (complice un rallentamento con Bautista nel finale convulso stile Moto3 per il gioco delle scie) per appena 14 millesimi dal sempre più quasi ex compagno di squadra, che la Ducati è tornata a fare paura.

«Marquez non vuole vincere solo questo campionato, ma anche il prossimo. Si sta preoccupando per il futuro e è giusto che sia così» afferma il forlivese, vincitore di due (Brno e Misano) delle tre ultime gare, con in mezzo il successo di Lorenzo in Austria e l’annullamento di Silverstone, dove era arrivata la prima doppietta in qualifica delle Desmosedici. E la dimostrazione di come i valori in pista siano cambiati arriva proprio dalla forza del Dovi nel time attack, punto forte per Lorenzo (68ª pole, 41ª in MotoGP) e Marquez (77, con 49 su 103 gare in top class), non certo storicamente il suo (16, solo 6 in MotoGP).

«La moto migliora e questo mi aiuta ad andare più forte in qualifica, però sono migliorato anche grazie a un lavoro personale e quello fatto con la squadra – conferma Andrea -. La Ducati si sta dimostrando competitiva e questo fa effetto. A inizio stagione c’era uno strapotere Marquez-Honda, ora la situazione sta cambiando». E fa effetto pensare a com’era la rossa nel 2013, quando sono arrivati Dovizioso e (alla fine della stagione) Gigi Dall’Igna. «Già, la differenza è enorme – sorride anche con gli occhi il forlivese -.

C’è voluto tempo e non è stato semplice, ma abbiamo migliorato insieme. Sono orgoglioso di essere stato parte di questo processo dall’inizio (e sottolinea anche prima dell’arriva di Dall’Igna, ndr). Mi sento parte di un gruppo che ha sofferto tanto e ora sono contento».
Anche se poi la classifica, complice tre “zeri” parla di -67 da Marquez e quindi, a sei gare dalla fine, di un Mondiale quasi impossibile. Non quello Costruttori e quello per Team, però. «Marc può controllare, ma secondo me cercherà di vincere. Io invece devo farlo – sostiene il Dovi -. Fortunatamente siamo nelle condizioni di giocarci la vittoria con lui e Jorge.

Dovremo essere lucidi per tutta la gara. La scelta delle gomme come la strategia ce l’ho chiara in testa. Siamo in tre a giocarcela e può succedere di tutto».
Molto dipenderà anche da Lorenzo. «Loro due hanno la pressione del risultato e qualcosa da perdere, io no» sottolinea il maiorchino, facendo capire che non farà una corsa da martello. «Sarà una gara dura, dove si dovrà spingere al 95 % senza sbagliare e bisognerà vedere chi sarà il più forte negli ultimi dieci giri. Bisognerà gestire al meglio gli pneumatici e credo che la Ducati abbia un vantaggio da questo punto di vista». Il vero Ducati Power.

Marc Marquez teme la Ducati. E in particolare (anche in funzione del prossimo anno) Andrea Dovizioso. La conferma di quanto sostenuto dallo stesso forlivese arriva dalla scelta tattica dello spagnolo, che sapendo la sua Honda inferiore alla Ducati, veste i panni di Andrea Iannone e aspetta il rivale rosso per sfruttarne la scia.

«Ho scelto di fare così per recuperare i due decimi di gap che mi separavano dalle Ducati» ammette Marquez, che però viene fregato” dalla staccatona di Andrea su Bautista e deve scattare (come a Misano) dalla terza casella della griglia, anche se ad appena 79 millesimi dalla pole di Jorge Lorenzo.

Un giochetto che paradossalmente (ma in realtà prevedibilmente) ha contrariato più il maiorchino («dovrebbero vietare la scia per regolamento») che il Dovi. «Un po’ mi ha dato fastidio, ma in certe situazioni devi essere intelligente. Marc ha fatto la sua strategia, niente di non permesso dal regolamento, non posso puntargli contro il dito» dice Andrea, che anche da questa situazione esce più forte di prima.

Impensabile però dare Marquez per battuto come nelle ultime tre gare. Difficile che accetti, specie in Spagna, di incassare un’altra gara in difesa pensando al campionato, che conduce con 67 punti di vantaggio su Dovizioso. «Sono ottimista per la gara – afferma il sei volte campione del mondo -. Anche se sono caduto nelle ultime prove, sono contento del passo che ho mostrato. Prima della scivolata andavo molto bene con la gomma posteriore usata».

Il problema di Marquez e della Honda, che qui fa nel complesso più forte come dimostra la seconda fila di Cal Crutchlow e soprattutto di Dani Pedrosa, è la forma dei piloti e delle moto rosse. «Le Ducati sono molto forti, ma proverò a fare una bella gara contro loro. Come nelle ultime gare le Ducati sono davanti e noi dietro. Vediamo cosa riusciremo a fare. Se saranno più forti in gara mi andrà bene anche il terzo posto». Ovvero perdere altri 9 punti e andare in Asia (Thailandia fra due settimane, poi Giappone e Malesia con in mezzo l’Australia) per chiudere in conti nella terra di casa per la Honda. Ducati permettendo.

Ingegner Dall’Igna, dieci anni dopo l’epopea Stoner la Ducati è in corsa per almeno un titolo mondiale: pronto a stappare il suo amato Amarone?

«Quello è sempre lì, pronto, ma dobbiamo raggiungere l’obiettivo prima di aprirlo».

Ingegner Dall’Igna, Dovizioso a Misano ha detto che il feeling con la Ducati era così forte da aver guidato in trance: che effetto le ha fatto?

«Posso capirlo. Non ha sbagliato nulla, ha fatto una gara perfetta e gli è venuto tutto in modo naturale, senza pensare più di tanto. Difficilmente ne ho viste di gare così».

Ma da “padre” della moto non si sente gratificato?

«Siamo tutti contenti del lavoro che abbiamo fatto. Orgogliosi. Tutti, ognuno per la sua parte, siamo riusciti a mettere insieme quello che serviva per fare un bel prodotto. Ora spero che da qui a fine anno continueremo a fare così bene».

Ma quando Marquez afferma che le Ducati non si superano un po’ di goduria no?

(sorride) «Certo. Anche perché non è solo Marquez, ma un po’ tutti stanno facendo i complimenti ai nostri piloti e alla nostra moto. È una cosa che ci fa inorgoglire».

È vero che la Desmosedici è diventata così forte perché ha lavorato più sui suoi pregi che sui suoi difetti? «La verità è che abbiamo lavorato sui difetti cercando di non perdere i pregi che avevamo. Insomma, abbiamo cercato di fare girare un pelino meglio la moto senza perdere i vantaggi in staccata e accelerazione che avevamo. Questa è stata l’operazione più difficile, ma anche quella che ci ha dato quel qualcosa in più».

A parte le nuove ali sulla carena, cosa s’è inventato in estate per fare crescere ancora la Ducati? «Confermo quello che dicono anche i piloti: non è mai un particolare che ti fa fare il salto, ma l’insieme di componenti e soluzioni. Ognuna presa a sé dice poco, ma messe insieme nel giusto modo ti fanno fare quel passettino che invece è sensibile».

Eppure Lorenzo parlò di un serbatoio chiave per dire che la Ducati non ha avuto fiducia in lui… «Il problema è che quando si arriva a decisioni come quella dell’addio, le cose succedono troppo in fretta. Come sempre nelle separazioni è stupido dire che è colpa di questo o colpa di quello. Semplicemente le cose sono andate così. Qualche volta nella vita capita».

Ma questa separazione alla fine non ha penalizzato più la Ducati, a partire da Dovizioso, rispetto a Lorenzo che s’è rilanciato con i risultati e firmando con la Honda? «Quello che potevamo fare noi o quello che poteva fare lui s’impara sempre alla fine dei due anni del contratto, ma le scelte vengono fatte prima… È difficile dire quello che Giorgio (Dall’Igna continua a chiamare così Lorenzo, ndr) farà al fianco di Marquez alla Honda. Piuttosto parto dal presupposto che noi abbiamo sempre Andrea che è in una forma incredibile e che sono convinto di vederlo ancora migliorare».

Ma quest’anno non ha patito i risultati di Lorenzo e l’attenzione mediatica e dell’azienda per le scelte di e su Lorenzo? «Anche questo fa parte della vita. Il pilota deve essere preparato a perdere. Succede. Nei momenti difficili bisogna saper trovare la motivazione e la cattiveria per fare meglio nella gara successiva».

Nelle moto di parla solo del Mondiale piloti, ma ci sono anche quello Costruttori e per Team, alla vostra portata. Vincere quello per le Case sarebbe un po’ come battere Marquez, visto che un solo pilota porta punti.

«No, per battere Marquez bisogna vincere il titolo piloti, ma battere la Honda è qualcosa che qualche anno fa era ritenuto impensabile. Già essere nelle condizioni di poterci riuscire è un bel risultato».

Per raggiungerlo servirà più la costanza dei risultati o attaccare? «Noi siamo nelle condizioni di dover attaccare sempre, a ogni gara. Arrivare secondi per noi vuol dire perdere. Dobbiamo provare a vincere tutto quello che si potrà vincere da qui alla fine della stagione, poi a Valencia faremo i conti».

Se pensa a come ha preso in mano la Ducati nel 2013…

«Dico che ogni anno abbiamo messo a posto un pezzettino e siamo sempre progrediti. Insomma, dietro c’è un progetto e aver centrato gli obiettivi che si eravamo posti. Ora ci sentiamo forti, sì. E la verità è che ci sentiamo forti proprio per come ci siamo evoluti in questi anni».

E per il prossimo ha già in mente qualcos’altro per arrivare al Mondiale piloti? (sorride) «Qualcosa faremo… Diciamo che qualche ragionamento la stiamo facendo». Vedremo qualcosa già nel test di Valencia, subito dopo la fine del campionato?

«Dipenderà da come andranno i due test importanti che abbiamo in programma nelle prossime settimane con Michele (il collaudatore Pirro, ndr). In base a questi test sapremo come sarà la moto di inizio Mondiale 2019».

Vedremo le ruote lenticolari che ha più volte provato? «Per ora non hanno funzionato. Ci vuole qualche ulteriore pensiero per farle agire come ci aspettiamo».

Il 2019 significherà anche il debutto di Bagnaia in MotoGP con il vostro junior team, la Pramac.

«Sì e mi farebbe veramente piacere che ci arrivi da campione del mondo della Moto2. Pecco sta facendo delle gare bellissime. Sono uno dei suoi primi tifosi».

Sembra un pilota con una potenzialità di completezza straordinaria. «Verissimo. È analitico come il Dovi e martello come Lorenzo. Basta parlarci poche volte per capire che è veramente una persona molto intelligente».

Cosa pensa della questione Fenati? «Ha fatto una stupidaggine enorme che giustamente è stata punita, punto. Poi però nei giudizi e mediaticamente s’è andati oltre, passati dall’altra parte. Non sono d’accordo. Bisogna sempre considerare che alla fine è un ragazzo».

Torniamo a questo GP: domani ad Aragon la Ducati partirà per…?  «Vincere. Qui ad Aragon come in tutte le prossime gare. Quanto meno dobbiamo provarci