Pensione anticipata col contributivo, come lavorare 3 anni in meno e ulteriori

Il nuovo governo firmato Conte ha come programma il tema previdenziale.

Il sistema contributivo attuale dà la possibilità a molti lavoratori di andare in pensione anche tre anni prima. Il governo Conte insieme ai suoi ministri stanno pensando all’ipotesi di inserire quota 100 e quota 41; laddove verranno introdotte attuali misure, per il governo sarà ingente somma rispetto all’attuale legge Fornero

Gli economisti di lega e movimento cinque stelle tuttavia, cercano giornalmente di far quadrare i conti, ma attuale misura potrebbe penalizzare diversi individui; finalmente quelli che a tutt’oggi possono usufruire della chances di andare in pensione prima grazie strumento chiamato Ape Sociale.

Infatti, se quest’ultima venisse abrogata, i requisiti anagrafici per accedervi all’età pensionabile aumenterebbe di una volta. La tanto odiata legge Fornero, infatti, ha penalizzato parecchi lavoratori, inasprendo i requisiti, in modo drastico degli anagrafici. Va detto, che il sistema attuale lascia la porta aperta a molte soluzioni che possono anticipare l’età pensionabile.

Riproponiamo allora lo stesso vademecum che illustra le diverse opportunità di pensionamento di vecchiaia o anticipato, anche alla luce delle novità (poche a dire il vero) contenute nella Legge di Bilancio per il 2018.

Pensione di vecchiaia nel sistema retributivo

È il pensionamento “tipo”, valido per chi poteva far valere almeno un contributo accreditato prima del 1996. Richiede il raggiungimento congiunto di 2 requisiti, quello anagrafico e quello contributivo. Mentre il requisito contributivo, salvo qualche particolare eccezione, è fissato in 20 anni di versamenti, pari a 1040 settimane, quello anagrafico, nell’anno 2018, è stabilito, senza più alcuna differenza tra uomini e donne e tra “autonomi” o dipendenti, in 66 anni e 7 mesi

Una volta raggiunti ambedue i requisiti si può andare in pensione dal mese successivo. Si deve cessare l’attività da lavoro dipendente e la pensione è calcolata con il sistema retributivo o misto, a seconda se si fossero raggiunti o meno entro la fine del 1995, 18 anni di contributi accreditati.

Pensione di vecchiaia nel sistema contributivo

È il tipo di pensione che riguarda coloro che non possono far valere neppure un contributo prima del 1° gennaio del 1996. Come per la pensione di vecchiaia del sistema retributivo, occorre anche qui, maturare congiuntamente i 20 anni di versamento e l’età pensionabile che è fissata, senza più alcuna differenza tra uomini e donne e tra “autonomi” o dipendenti, in 66 e 7 mesi. Ma c’è un’altra condizione: per i soli destinatari del sistema contributivo puro, l’accesso a pensione è consentito soltanto qualora, in aggiunta ai suddetti requisiti anagrafici e contributivi, risulti soddisfatta anche la condizione dell’importo della pensione che deve essere pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale (circa 679 euro). Se non si hanno 20 anni di versamento oppure la pensione maturata è inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale si va in pensione a 70 anni e 7 mesi e con soli 5 anni di contributi. Il calcolo della pensione è fatto con il sistema contributivo.

Pensione di vecchiaia in regime di totalizzazione

Chi ha periodi accreditati in diverse gestioni previdenziali (Inps, ex Inpdap, Casse per i liberi professionisti, ecc….) può ottenere un unico trattamento pensionistico, chiamato “pensione di vecchiaia in totalizzazione”. Occorre avere almeno 20 anni complessivi di versamenti ed aver compiuto, nel 2018, almeno 65 anni e 7 mesi di età ma, una volta raggiunti ambedue i requisiti, la decorrenza della pensione è fissata dal 19° mese successivo. Il calcolo della pensione è, di norma, effettuato con le regole del sistema contributivo. Salvo particolari casi, il “cumulo contributivo” – di cui parleremo più avanti – ha reso assai poco appetibile questo tipo di trattamento pensionistico.

Pensione di vecchiaia in totalizzazione con paesi esteri

Chi ha versamenti previdenziali in paesi dell’Unione Europea o in quelli che hanno sottoscritto convenzioni con l’Italia, per ottenere la pensione di vecchiaia, beneficia di un riconoscimento gratuito del lavoro svolto nei paesi esteri. C’è, però, un’importante peculiarità: il periodo di lavoro all’estero viene valutato esclusivamente ai fini del diritto alla pensione, e non per determinarne l’importo. Ciò significa che, per esempio, se un lavoratore è stato assicurato in Germania per 3 anni di lavoro svolti come dipendente e ha in più 17 anni di contributi in Italia, una volta compiuta l’età pensionabile dei 66 anni e 7 mesi, matura regolarmente la pensione di vecchiaia, avendo cumulato 20 anni di contributi, tutto compreso. La pensione “in pagamento” sarà però determinata soltanto con i 17 anni versati in Italia, mentre la Germania riconoscerà la quota corrispondente ai 3 anni secondo le norme interne del Paese e al compimento dell’età pensionabile vigente in Germania. Per quanto attiene al sistema di calcolo, i contributi esteri valgono anche per stabilire il metodo di calcolo da applicare: retributivo, misto o contributivo.

Pensione di vecchiaia per le lavoratrici dipendenti nate nel 1952

Il comma 15 bis dell’articolo 24 della Legge 214/2011 (cioè la Riforma Fornero) prevede una agevolazione per le lavoratrici dipendenti nate da aprile a dicembre del 1952 e che possono far valere, al 31 dicembre del 2012, almeno 20 anni di versamenti. In questi casi la pensione di vecchiaia si matura con uno “sconto” rispetto alla normale età pensionabile ovvero a 64 anni e 7 mesi di età. La pensione è calcolata con il sistema retributivo o misto, a seconda se si fossero raggiunti o meno entro la fine del 1995, 18 anni di contributi accreditati. Inizialmente questa deroga era riservata solo a chi era al lavoro, come dipendente alla data del 28 dicembre del 2011. Successivamente, però, la deroga è stata ampliata ed ha riguardato anche le lavoratrici dipendenti del settore privato che al 28 dicembre 2011 fossero prive di occupazione, avessero avviato attività di lavoro autonomo oppure fossero divenute, nel frattempo, dipendenti del settore pubblico, a condizione, però, avessero maturato i 20 anni di versamento con i soli contributi versati come dipendente del settore privato.

Pensione di vecchiaia in regime di “cumulo”

La Legge 228/2012, aggiornata con le disposizioni contenute nella Legge di Bilancio per il 2017 (è la n.232/2016), ha previsto un’ulteriore possibilità di mettere insieme la contribuzione “frammentata” ovvero quella versata in più gestioni assicurative. Il “cumulo contributivo” (è questo il termine tecnico utilizzato per contraddistinguere questa opportunità) consente ai lavoratori iscritti presso due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti e degli autonomi, a quelli iscritti alla Gestione Separata oppure alle forme sostitutive ed esclusive della medesima nonché, dal 2017, alle Casse di Previdenza dei liberi professionisti di cumulare tutti i periodi non coincidenti ai fini del conseguimento della pensione di vecchiaia.

È necessario aver compiuto l’età pensionabile, occorrono 20 anni complessivi di versamenti e non è più richiesta la condizione di non aver raggiunto il requisito contributivo in nessuno dei fondi interessati. La pensione è calcolata con il meccanismo del “pro quota” ovvero il metodo secondo il quale ognuna delle Gestioni interessate liquida la parte di propria competenza con le regole specifiche della Gestione.

Le cose si modificano se, per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia, concorrono i contributi versati in una Cassa di Previdenza dei Liberi professionisti. In questo caso se i requisiti per la prestazione di vecchiaia nella Cassa Professionale sono superiori a quelli vigenti nell’Inps (o negli altri fondi pubblici), quest’ultimo erogherà subito la propria quota mentre per quella maturata nella cassa professionale occorrerà attendere i requisiti anagrafici e contributivi per la prestazione di vecchiaia previsti dall’ordinamento della cassa in questione.

La pensione sarà comunque unica sebbene composta da distinte quote di pensione a seconda del numero degli enti previdenziali interessati.