Il rientro dalle vacanze estive ha portato con sé ondate di aumenti dei prezzi dei carburanti, tra le proteste dei consumatori e improbabili promesse di un taglio delle accise da parte del vicepremier Matteo Salvini. La prima è partita in pieno controesodo: il 28 agosto, dopo settimane di totale stasi, le compagnie presenti sulla rete hanno aumentato di un centesimo al litro i prezzi consigliati di benzina e gasolio. La seconda ondata è di martedì 4 settembre. In realtà al momento solo il market leader, Eni, ha ritoccato all’insù di un altro centesimo i prezzi di entrambi i prodotti ma come di consueto seguiranno gli altri marchi. Un litro di benzina è arrivato così a costare nei distributori fino a 1,9 euro mentre il diesel si può trovare anche a 1,8 euro/litro. Da segnalare che pure il Gpl è salito nel giro di una settimana di 3 centesimi (a circa 70 centesimi euro/litro).

“L’incremento dei prezzi dei carburanti sta avendo da settimane ripercussioni dirette per le tasche dei consumatori, con rincari a cascata in tutto il comparto dei trasporti e in quello alimentare”, commenta Carlo Rienzi, presidente Codacons, che aggiunge: “A risentirne anche il settore del turismo, con prezzi più alti non solo per gli spostamenti ma per una moltitudine di beni e servizi: non a caso le vacanze degli italiani sono costate quest’anno circa il 7% in più rispetto al 2017”.

Benzina sintetica, la grande rivoluzione marchiata Audi

In un mondo sempre più inquinato automobili e Fabbriche, l’ecosostenibilità ormai entrata a far parte del nostro modo di pensare. Se non si vuole distruggere del tutto quel poco di aria buona che ancora ci rimane, le aziende produttrici mobili devono assolutamente adeguarsi fabbricando nuovi modelli di auto sostenibili, ed è per questo che la grande azienda Audi ha deciso investire su un progetto molto ambizioso cercando di riprodurre un tipo di benzina sintetica.

Oggi vogliamo parlarvi di una novità nonchè di  una innovazione piuttosto interessante non solo per l’ecologia, ma anche per le prestazioni e per i costi. Stiamo parlando della benzina sintetica, della quale alcuni forse ne hanno già sentito parlare mentre altri ancora no. I vantaggi che ne deriveranno saranno davvero innumerevoli. Proprio con l’arrivo del biometano e del diesel pulito sembra sia in arrivo anche la benzina sintetica che è stata inventata ma farà la sua comparsa a breve. Questa novità è stata annunciata direttamente dalla casa automobilistica Audi che risulta essere quella che durante gli ultimi anni ha più investito sui motori a benzina e su quelli diesel, Ma adesso è pronta a dare una svolta decidendo di puntare sui carburanti ecosostenibili. L’Audi dunque ha deciso di mettersi all’avanguardia e per questo motivo ha pensato alla benzina sintetica con un vantaggio non soltanto a livello di costi, ma anche di impatto ambientale.

Ma di cosa si tratta? Si tratta di un carburante che viene ricavata direttamente dalle sostanze di scarto come sono ad esempio le biomasse ovvero dai rifiuti biodegradabili dell’Agricoltura. Le aspettative riguardo questo tipo di benzina sono piuttosto alte. All’interno di questa benzina sintetica non sarà presente lo zolfo e il benzolo e questo fa sì che ci siano livelli di emissione nell’atmosfera molto bassi. Non finisce qui perché la casa automobilistica Audi sta anche collaborando con Global bioenergies, Ovvero la società che  ricava il suo gasolio dagli scarti di agricoltura proveniente dalla Francia.

Quindi a breve la casa automobilistica ha fatto sapere di voler utilizzare soltanto l’idrogeno e l’anidride carbonica per poter ottenere questa benzina sintetica che non si sa se potrà essere utilizzata anche per le autovetture che già esistono o se sono necessarie  delle modifiche. Si tratta ad ogni modo di un progetto piuttosto ambizioso e proprio mentre molte altre case automobilistiche Stanno pensando a produrre dei veicoli elettrici, l’Audi è impegnata in questo progetto davvero innovativo.

L’Audi si pone dunque un solo obiettivo ovvero quello di testare lo sviluppo dei motori con un elevato rapporto di compressione, migliorando l’efficienza complessiva. Non è di certo la prima volta che questa casa automobilistica tedesca ha mostrato interesse per l’innovazione e la ricerca, ed infatti è dal 2014 che  un team è stato incaricato di portare avanti degli Studi per creare un veicolo rispettoso e quanto più possibile dell’ambiente cercando di lavorare a trovare una soluzione per i diesel, che si basa su una tecnologia che utilizza gli elettroliti e l’anidride carbonica, presente nell’aria per potere realizzare un carburante pulito. E voi avete mai sentito parlare di benzina sintetica? Cosa ne pensate?

Biometano si concretizza con Panda, grande rivoluzione totale

Sino a fine marzo la Fiat Panda è in promozione, con il contributo della Casa e dei concessionari aderenti. Per la precisione, viene proposta la Panda Pop 1.2 da 69 CV Euro 6 a benzina a un prezzo promo di 8.950 euro, IPT e contributo PFU (smaltimento pneumatici) esclusi. Attenzione: l’offerta è valida in caso di permuta (la vettura deve essere di proprietà dell’intestatario da almeno 3 mesi) o rottamazione. In basso esaminiamo pro e contro di un esempio di finanziamento coi parametri che possono cambiare in base alle esigenze del consumatore: parliamo di anticipo, rate, Valore Garantito Futuro pari alla maxirata finale. Salvo approvazione FCA Bank.

Da un anno una Fiat Panda viaggia alimentata esclusivamente con biometano prodotto dall’impianto per la depurazione delle acque reflue del Gruppo CAP a Bresso-Niguarda (Milano). Nel marzo 2017 l’auto partì dal Mirafiori Motor Village di Torino per partecipare al progetto #BioMetaNow, che vede come protagonisti FCA e il Gruppo CAP, insieme con LifeGate, il network che opera in Italia per lo sviluppo sostenibile.

Da allora la Panda Natural Power ha percorso migliaia di chilometri, sempre alimentata con il biometano prodotto da acque reflue senza evidenziare controindicazioni né effetti sul motore, al pari del gas prodotto da rifiuti agricoli e solidi urbani. La Panda #BioMetaNow in questi mesi è stata regolarmente verificata attraverso approfonditi test effettuati presso il Centro Ricerche di FCA per confermare che l’uso del biometano non comporta per il motore alcuna differenza rispetto al gas naturale di origine fossile.

La prima prova è stato il controllo delle emissioni allo scarico sul banco a rulli, per valutare l’efficienza del catalizzatore; la seconda è stato il controllo del motore per esaminarne le prestazioni.
Questo primo anno di sperimentazione – spiega FCA – cade negli stessi giorni in cui il Ministero dello sviluppo economico ha approvato il decreto interministeriale per la promozione dell’uso del biometano e degli altri biocarburanti avanzati nel settore dei trasporti. Con questo decreto il nostro Paese – già all’avanguardia in Europa – si pone l’obiettivo di raggiungere nel 2020 il 10% di consumo di energie rinnovabili nel settore dei trasporti.

Che cos’è il biometano? Il termine Biometano si riferisce a un biogas che ha subito un processo di raffinazione per arrivare ad una concentrazione di metano del 95% ed è utilizzato come biocombustibile per veicoli a motore al pari del gas naturale (o metano fossile). Il biogas è prodotto attraverso la decomposizione biologica della sostanza organica in assenza di ossigeno in un processo conosciuto come Digestione Anaerobica (DA). La DA può avvenire in ambiente controllato (digestore) con una produzione di biogas con percentuale di metano pari al 55-65%, o anche nelle discariche in seguito alla decomposizione dei rifiuti: in questo caso il biogas o gas da discarica contiene una percentuale di metano pari al 45%.

Il biogas grezzo può essere bruciato per produrre calore o elettricità dopo aver subito minimi trattamenti di filtrazione e depurazione. Produrre il Biometano Le principali materie prime utilizzabili nel processo di DA sono: • Refluo di fogna • Reflui zootecnici • Rifiuti alimentari di origine commerciale o domestica (FORSU1 ) • Rifiuti da giardinaggio e gestione del verde • Produzioni agricole dedicate Anche colture specifiche come gli erbai da foraggio o il silomais2 possono essere convenientemente utilizzate per il processo di DA. Tuttavia, la materia prima più comune in Europa è il refluo di fogna, utilizzato in un trattamento di DA integrativo del processo di depurazione. In Gran Bretagna circa il 75% dei reflui fognari è trattato in questo modo, ed il gas che ne deriva è utilizzato per produrre calore ed elettricità. A Lille, in Francia, il sistema fognario cittadino è fonte di materia prima per produrre biogas che è successivamente raffinato per essere utilizzato come combustibili per gli autobus. Le altre fonti di materia prima citate non sono integrate in un sistema di raccolta così capillare come per i reflui civili e quindi è necessario affrontare le problematiche relative al loro collettamento di volta in volta. I rifiuti dell’agricoltura o le colture dedicare possono essere trattati in loco in piccoli digestori, come accade in Germania o in Italia, ma il processo è più efficace se si concentrano reflui e residui agricoli provenienti da più fonti in un unico impianto consortile. Per utilizzare il rifiuto alimentare (FORSU) è basilare separarlo dalle altre tipologie di rifiuto; per questo è conveniente realizzare un impianto di DA integrato in un sito di trattamento dei rifiuti.

Il biometano viene prodotto attraverso un processo costituito da 3 fasi: • Pre-trattamento – questa fase comprende qualsiasi tecnica di selezione, triturazione e miscelazione della materia prima (rifiuto organico) per renderla più adatta possibile al digestore; • Digestione – è il processo principale durante il quale la sostanza organica è trasformata in biogas e digestato che è il residuo finale del processo; • Raffinazione – questo è il processo in cui il biogas grezzo è trasformato in un combustibile ad alto contenuto di metano (≥ 95%) eliminando la CO2 ed altre impurità e contaminanti. Il processo di digestione dura circa 15-20 giorni a seconda della materia prima e della tecnologia utilizzata.

Le principali tipologie di DA sono: • Processo termofilo e mesofilo – il processo mesofilo si svolge a una temperatura di circa 35°C, mentre il sistema termofilo prevede un riscaldamento della massa da digerire fino a temperature attorno ai 55°C, in questo modo il processo di digestione avviene più velocemente e con maggiori rese. • Sistemi a singolo stadio o multistadio – un digestore a singolo stadio svolge tutte le fasi del processo di digestione in un unico vascone, mentre il digestore multistadio ottimizza il processo in diversi vasconi (predigestore, digestore, postdigestore). • Sistemi in batch (discontinui) o Sistemi in continuo – come suggerisce la definizione alcuni sistemi funzionano in modalità discontinua: in questo caso la materia prima è caricata nel digestore in una sola tornata e viene asportata completamente una volta trascorso il tempo di ritenzione necessario, mentre i sistemi a flusso continuo comportano un’introduzione continua di materia prima nel sistema ed una contemporanea estrazione di gas e digestato. La quantità di biogas prodotto, e la percentuale di metano contenuta nel biogas, dipendono sia dalla materia prima impiegata che dalla tecnologia di conversione utilizzata. In generale i reflui fognari, il liquame e il letame tendono a produrre meno gas del rifiuto di origine alimentare, ed i digestori mesofili monofase producono meno biogas dei digestori termofili multistadio. I digestori più semplici che trattano reflui fognari possono produrre 100 m3 di metano per tonnellata di refluo, laddove impianti centralizzati più sofisticati che trattano svariati tipi di rifiuti possono generare circa 300 m3 di metano per tonnellata di rifiuto trattato3 . Oltre al biogas il processo di DA produce il digestato come residuo finale composto da una frazione solida e da una liquida. Questo sottoprodotto può essere utilizzato a determinate condizioni come fertilizzante4 organico da distribuire sul terreno in sostituzione di fertilizzanti chimici.

Il Biometano come carburante di veicoli a motore Il biometano può essere utilizzato negli stessi veicoli che impiegano comunemente il gas naturale o metano di origine fossile. Le tre tipologie di veicoli, che utilizzano metano, attualmente in commercio sono: • Veicoli Bi-Fuel (Bi-fuelled) – è la tecnologia più diffusa ed è utilizzata per le automobili e veicoli promiscui alimentati a gas o a benzina. Sono equipaggiati con motore a ciclo Otto (accensione per scintilla) e un doppio sistema di alimentazione che può funzionare sia con gas che con benzina. Il veicolo è quindi in grado di funzionare con entrambi i combustibili. • Veicoli dedicati a gas – sono veicoli dotati di un motore a ciclo Otto (accensione per scintilla) ottimizzato per funzionare con il solo metano. Questa tecnologia è utilizzata spesso nel caso di veicoli pesanti come gli autobus in sostituzione dei motori a gasolio convenzionale. • Veicoli dual-fuel – sono veicoli a gasolio che utilizzano un motore diesel e funzionano con una miscela di gas e gasolio (solitamente 70% gas e 30% gasolio).

Il combustibile può essere immagazzinato nel veicolo in due stati: compresso o liquefatto. Più comune è l’utilizzo in forma compressa, come gas naturale compresso (CNG). Il gas è compresso nei serbatoi ad alta pressione, circa 200 bar. Tuttavia, a parità di volume, il contenuto energetico del gas compresso è significativamente inferiore rispetto al contenuto energetico di un combustibile liquido come il gasolio. Un’alternativa è quindi quella di immagazzinare il gas in forma liquefatta, gas naturale liquefatto (LNG). In questo caso il gas viene raffreddato, oltre che compresso, per raggiungere lo stato liquido e allo stesso modo viene stoccato in serbatoi ad alta pressione raggiungendo una densità energetica superiore. Questo fa si che, sempre a parità di volume, il contenuto energetico del LNG sia maggiore di quello del CNG. Se paragonato ad un veicolo a gasolio, un veicolo a gas è meno efficiente di un 15-20%, a causa della minor densità energetica del gas compresso. Questo problema è stato parzialmente risolto con la produzione di gas liquefatto. Le problematiche principali legate all’utilizzo sia del biometano che del metano di origine fossile sono però legate al minor contenuto energetico che si traduce in minor percorrenza con un litro di combustibile e alla rete di distribuzione che è sicuramente limitata rispetto a quelle dei combustibili liquidi tradizionali. Questo spiega come mai i principali utilizzatori di gas siano le flotte di veicoli dedicati come camion o autobus.

La disponibilità di veicoli a gas varia da paese a paese, riflettendo lo sviluppo dei singoli mercati nel paese di riferimento, ma in generale è commercializzata una vasta gamma di veicoli. Per esempio autovetture a gas sono distribuite dai varie costruttrici europee come Fiat, Opel, PSA, Ford, VW, Mercedes e Volvo. Biometano: contenuto energetico ed emissioni Il biometano è un valido combustibile e brucia in modo efficiente nei motori. In termini di emissioni dirette di CO2 il biometano emette il 20% in meno rispetto alla benzina e il 5% in meno rispetto al gasolio. Tuttavia, il vero vantaggio del biometano è evidente quando si considera l’intero ciclo di vita del combustibile, come indicato nel grafico seguente, e si prende atto che la CO2 emessa dalla combustione del biometano è rinnovabile.

Biometano: aspetti economici E’ disponibile una letteratura molto vasta sui costi di produzione e di vendita del biometano come combustibile per veicoli a motore. Forse i dati più attendibili si riferiscono alla Svezia, che vanta il mercato di biometano per trasporti più sviluppato in Europa. Nel Paese scandinavo i costi variano fra 0.65 e 0.75 €/kg escluse le tasse. Per un confronto più immediato è però necessario parlare di costo per unità di energia: in questo caso il costo di produzione scende a 0.47-0.57 €/litro di gasolio equivalente che deve essere confrontato con il costo del gasolio fossile pari a 0,75 €/l (escluse le tasse). In vari paesi la tassazione sul biogas è inferiore rispetto a quella sulla benzina e sul gasolio fossile e quindi c’è un evidente vantaggio nell’utilizzo del biometano. Tuttavia, il costo dei veicoli a biometano è più alto se paragonato ai veicoli convenzionali a causa dei differenti serbatoi e dei sistemi di gestione del gas. I costi aggiuntivi per veicolo dipendono da paese a paese a seconda dello sviluppo del mercato locale, ma presumibilmente rientrano in questi intervalli: • Automobile e veicoli leggeri: €3,000 – €6,000 • Veicoli pesanti dual-fuel (motore a ciclo Diesel): €30,000 – €40,000 • Veicoli pesanti con motore a ciclo Otto: €35,000 – €50,000 Questi extra-costi sono attualmente elevati ed anche con adeguati incentivi e detassazioni i veicoli sarebbero comunque molto costosi, anche se ci si aspetta che i prezzi scendano con l’espansione del mercato. Alcune stime indicano inolter che per diventare competitivi questi veicoli dovrebbero avere una percorrenza media annua di almeno 50.000 km o più. Biometano: sommario • Il biometano è prodotto dalla raffinazione del biogas in metano al 95% • Il biogas è prodotto dalla digestione anaerobica di reflui civili e agricoli, da rifiuti alimentari e da biomasse dedicate • Il biometano è utilizzabile nei veicoli al pari del gas naturale o metano fossile • C’è una buona disponibilità di veicoli a metano sul mercato Europeo anche se con evidenti differenze da paese a paese • I costi di investimento di questi veicoli sono superiori rispetto a quelli dei veicoli a benzina o a gasolio, ma i prezzi inferiori del combustibile potrebbero incidere positivamente nel bilancio economica • Il biometano genera emissioni di gas serra inferiori del 75% – 200% rispetto ai combustibili fossili.

Da qualche tempo a questa parte si parla sempre più spesso di come rendere migliore l’aria che respiriamo, soprattutto nei centri delle nostre città. Per raggiungere questo obiettivo, o quanto meno per avvicinarlo, sono state proposte soluzioni molto diverse tra loro, tutte valide, in maggior parte centrate su come modificare il sistema di trasporti per diminuirne l’impatto ambientale. Per questo si parla sempre più spesso di car sharing, car pooling, incentivi alle auto elettriche, ecc. Da convinti metanisti, però, non possiamo fare a meno di ribadire l’importante contributo che potrebbe essere apportato dai veicoli a metano per diminuire l’impatto ambientale dei trasporti su strada. Come? E’ molto semplice.

A parte le qualità ecologiche del metano (di cui si è ampiamente discusso e che sono ormai, si spera, di dominio comune) sarebbe opportuno agire per favorire una maggiore diffusione di soluzioni tecnologicamente all’avanguardia e particolarmente rispettose dell’ambiente ed efficienti come il biometano. Di biometano si è parlato, per l’appunto, al BioMetano Day, evento organizzato da FCA Group e tenutosi a marzo presso la sede di CNH Industrial di Torino. Una giornata con in programma un convegno informativo ed escursioni a due siti produttivi piemontesi di biometano, finalizzata a illustrare come oggi, in Italia, il biometano rappresenta una soluzione tecnicamente pronta per la produzione e la distribuzione sul mercato. Non parliamo solo di biometano, però, in questo numero di Metauto Magazine.

Parliamo anche di metano liquido e ne parliamo diffusamente. Vi raccontiamo quale è il ruolo della Spagna per la diffusione di questa soluzione particolarmente adatta alla mobilità degli autocarri pesanti; in Italia, poi, sono già partiti alcuni progetti per la realizzazione di impianti di distribuzione (progetti su cui forniamo un report), e cioè in Lombardia ed in particolare in provincia di Lecco ed in Valtellina; vi raccontiamo anche le ultime novità per ciò che riguarda i veicoli pesanti a metano liquido. Restando in Italia, un approfondimento che trovate su questo numero di Metauto riguarda il self service per i distributori di metano: un’opportunità senza dubbio importante, ma che per i soliti paletti di una normativa che non rispecchia quelle in vigore nel resto d’Europa, rischia di rappresentare l’ennesima occasione di sviluppo persa o comunque non sfruttata a dovere. Andiamo fuori dall’Italia: in Russia ed in Ucraina, ad esempio, per capire come l’evoluzione delle relazioni tra queste due nazioni possa influenzare la sicurezza energetica europea; e poi andiamo a Parigi, per scoprire quale ruolo abbiano i veicoli a metano nella riorganizzazione logistica della capitale francese; e poi, ancora, andiamo in Bolivia, per parlare di come il metano sia ritenuto un asset importante per lo sviluppo di questa nazione. Non mancano in questo numero le prove su strada: il nuovo VW Caddy e la Skoda Citigo. E infine, le consuete rubriche: metano nel mondo, metano al cinema, incentivi ed il listino prezzi.

Il surriscaldamento del Pianeta dovuto ai cambiamenti climatici impone il progressivo passaggio verso un’economia a basso uso di combustibili fossili, che sono i principali imputati dell’effetto serra. Si tratta di una transizione necessaria per ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera, transizione che coinvolge pure il settore dei trasporti, responsabile secondo l’International Energy Agency del 25% del rilascio di CO2 in Europa.

A rendere auspicabile l’adozione di  soluzioni a basso impatto ambientale contribuiscono ragioni sanitarie ed economiche. L’uso dei derivati del greggio, infatti, produce sostanze inquinanti nocive per la salute e comporta, di conseguenza, anche un consistente innalzamento della spesa pubblica per la sanità. I limiti di elettrico e idrogeno La ricerca di soluzioni alternative ai carburanti tradizionali è avviata da tempo e oggi punta soprattutto su due tecnologie “vettoriali”, quella elettrica e quella a idrogeno. Sebbene si tratti di approcci efficaci per superare i limiti insiti nei carburanti tradizionali, le due proposte presentano ancora diverse problematiche. Il sistema a batterie fornisce ancora veicoli troppo costosi e dall’autonomia sufficiente soltanto per gli spostamenti urbani.

A preoccupare è pure la possibile crescita della domanda di energia necessaria per rifornire gli accumulatori, aumento che potrebbe favorire l’impiego di fonti dannose, come il carbone, facendo peggiorare le emissioni “dalla fonte alla ruota”, ossia generate durante l’intero ciclo energetico compreso tra la produzione del “combustibile” e i gas di scarico. Per essere realmente a emissioni zero, infatti, la mobilità elettrica dovrebbe essere alimentata esclusivamente da “corrente” proveniente da fonti rinnovabili come eolico, fotovoltaico o idroelettrico. Biometano, il futuro Altro problema riguarda gli accumulato ri e, in particolare, l’impatto ambientale per l’estrazione dei minerali necessari per costruirli e lo smaltimento degli stessi a fine vita. Indentiche considerazioni, ancor più problematiche, riguardano l’idrogeno, vettore energetico che aggiunge un ulteriore limite: la necessità di realizzare una costosa infrastruttura per il rifornimento. Una soluzione di nome biometano Se elettrico e idrogeno sono le opzioni più perseguite, esistono altre soluzioni alternative al petrolio, quali i carburanti sintetici e il biometano. Al momento i primi sono ancora a livello sperimentale e richiedono ulteriori sviluppi, nonché analisi più approfondite sull’effettiva efficacia, ossia la verifica se la quantità di energia necessaria per la produzione sia sostenibile a livello energetico.

Viceversa, il “gas naturale” proveniente da fonti rinnovabili è tecnicamente pronto per la produzione e la distribuzione sul mercato. A frenarlo, al momento, è la sola legislazione che ne vieta l’immissione in rete ostacolando un prodotto con risvolti positivi su ambiente, economia e occupazione. Benefici di non poco conto, che i responsabili del Gruppo FCA hanno voluto rimarcare organizzando il BioMetano Day, evento tenutosi a marzo presso la sede di CNH Industrial di Torino. Una giornata con in programma un convegno informativo ed escursioni a due siti produttivi piemontesi di biometano che ha fornito diverse informazioni di rilievo che vi sveliamo in una serie  di tre articoli, il primo dei quali è dedicato ai vantaggi apportati dall’uso di biometano nel settore dell’auto. Biometano come elettrico A tracciare le doti del biometano è Daniele Chiari, Product Planning & Institutional Relations di FCA Emea, ricordando che il gas naturale consente risparmi sul rifornimento fino al 56% rispetto alla benzina e fino al 30% nei confronti del gasolio. Percentuali che potrebbero risultare più alte in quanto calcolate in un periodo con i prezzi dei carburanti tradizionali bassi. All’aspetto economico si aggiunge quello ecologic, poiché il metano “è il carburante più pulito oggi disponibile ed è l’unica reale alternativa alla benzina e al gasolio, con una riduzione di emissioni di CO2 del 23 per cento rispetto al funzionamento a benzina, e fino al 15 per cento in meno rispetto al funzionamento a gasolio sui mezzi pesanti, e con minime emissioni nocive: dal particolato, ridotto praticamente a zero, agli ossidi di azoto e agli idrocarburi più reattivi che causano la formazione di altri inquinanti”.

Qualità che migliorano con il biometano, soprattutto nel computo dalla fonte alla ruota. Secondo i dati forniti da Chiari, una Fiat Panda a metano ha emissioni del 31% inferiori a quelle del corrispettivo modello a benzina, valore che sale al 57% miscelando al gas naturale il 40% di biometano. Si tratta di una riduzione, di fatto, equivalente a quella ottenuta da una vettura elettrica ricaricata con l’attuale mix energetico europeo. L’abbattimento delle emissioni rispetto alla Fiat Panda a benzina considerata può raggiungere il 97% utilizzando il 100% di biometano, eguagliando il risultato conseguito da una vettura elettrica rifornita con “corrente” proveniente al 100% da fonte eolica. Pronto all’uso Fattore a favore del biometano è l’essere pronto all’uso. Compatibile con le auto a metano in commercio, non richiede di modifiche ai motori in quanto la composizione della sua molecola è del tutto assimilabile a quella del gas naturale. In verità, rispetto a quest’ultimo contiene percentuali inferiori di idrocarburi incombusti e altre impurità che rendono le emissioni allo scarico ancora più “pulite”. Di rilievo è pure l’esistenza di una rete di infrastruttura già ramificata, se si escludono alcune zone come, ad esempio, la Sardegna dove non esistono distributori. In compenso la rete, oggi costituita da oltre 1.100 stazioni di servizio, è in costante crescita e già sufficiente per assicurare un’elevata mobilità grazie pure all’autonomia dei veicoli a gas, solitamente superiore ai 300 km. Un’espansione della rete che potrebbe essere intensificata proprio dalla rimozione degli ostacoli al biometano. Semplificare le norme burocratiche per l’apertura di siti e definire le norme per la produzione e l’immissione in rete del biometano favorirebbe l’apertura di nuovi distributori in prossimità dei siti stessi e non solo. E contribuirebbe a raggiungere diversi obiettivi, come la riduzione di inquinanti e gas serra del settore trasporti e il raggiungimento degli obiettivi imposti dall’Unione europea di avere entro il 2020 almeno il 10% di biocombustili sul totale dei carburanti utilizzati.