Pensione: non tutti riceveranno l’assegno il primo settembre, i dettagli

Nel mese di settembre 2018 potranno esserci dei pensionati che si vedranno accreditare il proprio assegno con qualche giorno di slittamento rispetto all’inizio della mensilità per via della legge in vigore.

Infatti, nel mese di settembre, tutti coloro che sono funzionali ai proprietari di cottura bancario, possono prendere la pensione con qualche giorno di ritardo, rispetto ai mesi precedenti. Pensionati abitati l’assegno previdenziale verrà pagato solamente nel primo del mese di settembre. Dato che il 1 settembre, pensionati dovranno aspettare qualche giorno più ritirare la propria apprensione.

Stando a una legge già in vigore, le pensioni vengono pagate il primo giorno disponibile bancabile del mese, sappiamo che questa regola non verrà messa in atto per tutti.

È ovvio che la legge non fa distinzioni tra pensionati di serie A e pensionati serie B. Ma è stato avvisato che i pensionati, perlopiù titolari di conti correnti postali che possono discorrere assegno previdenziale già nello stesso giorno in cui viene erogato cioè sabato 1 settembre.

Una buona notizia che di sicuro farà piacere a molti mentre si continua a parlare di riforma delle pensioni con il superamento della legge Fornero. Ma in cosa consiste quota 100 e come funziona? Si tratta della possibilità per i lavoratori di andare in pensione quando la somma dell’età anagrafica e degli anni di contributi versati è pari almeno a 100. Possono poi essere previsti dei paletti riguardo all’età minima di uscita e a un minimo di anni di contribuzione. Nel contratto pentaleghista c’è l’impegno a “provvedere all’abolizione degli squilibri del sistema previdenziale introdotti dalla riforma delle pensioni cd. ‘Fornero’, stanziando 5 miliardi per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie ad oggi escluse”.

Con la firma lo scorso 12 gennaio degli accordi tra ministeri Abi e Ania per la copertura finanziaria e assicurativa dell’Ape volontario o aziendale è scattato l’ultimo conto alla rovescia per l’attivazione di queste due innovative modalità di anticipo flessibile dell’uscita dal mercato del lavoro. Nelle dieci domande (e dieci risposte) che seguono le principali novità sul fronte dei trattamenti previdenziali. Ma per chi vuole saperne di più è in edicola l’instant book «Pensioni 2018: regole, aumenti, età, requisiti, uscite anticipate dal lavoro» in abbinata con Il Sole-24 Ore.

1 Quest’anno aumentano i requisiti per andare in pensione? In linea generale no. Il prossimo adeguamento dei requisiti alla variazione della speranza di vita scatterà nel 2019, anche se è già stato deciso. Dall’anno prossimo serviranno 5 mesi in più di età o di contributi (per la pensione anticipata, anche quella dei lavoratori precoci). Quest’anno, però, sono aumentati i requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia delle donne del settore privato e delle autonome in quanto sono richiesti 66 anni e 7 mesi. Un aumento dovuto al percorso di equiparazione dei requisiti tra uomini e donne iniziato nel 2010 e che si conclude ora.

2 Quando devo fare domanda per l’Ape volontario? Introdotto oltre un anno fa dalla legge di bilancio 2017, l’anticipo finanziario a garanzia pensionistica non è ancora utilizzabile in quanto non è stato completato il percorso attuativo. Ora si attende che venga fissato il tasso di interesse da applicare al prestito su cui si basa l’Ape volontario e poi l’Inps dovrà pubblicare una circolare con le istruzioni per l’uso.

3 A che età si deve avere iniziato a lavorare per essere considerato “precoce”? Non c’è un’età precisa in quanto sono considerati lavoratori precoci quelli che hanno accumulato almeno 12 mesi di contributi derivanti da attività effettiva prima di compiere i 19 anni. Questi lavoratori, se si trovano in determinate condizioni, possono ottenere la pensione anticipata con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica.

4 Cosa succede se il datore di lavoro non versa i miei contributi previdenziali? Le prestazioni pensionistiche sono erogate comunque, ma i contributi omessi non devono risalire a più di 5 o 10 anni (in caso di denuncia da parte dell’interessato) prima perché in tal caso scatta la prescrizione.

5 Per incassare la pensione integrativa si deve prima andare in pensione nel regime obbligatorio? Sì, ma ora si può utilizzare la previdenza complementare anche per ottenere la Rita, una rendita da utilizzare come scivolo verso la pensione per chi vuole smettere di lavorare (o perde l’impiego) prima di aver maturato i requisiti minimi per la pensione

6 Il sistema di calcolo contributivo si applica solo a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995? No, si applica a tutti anche se con modalità differenti, in base all’anzianità contributiva. Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 ha tutta la pensione calcolata con il sistema contributivo; per chi ha meno di 18 anni di contributi al 1995, il contributivo si applica dal 1996 in poi; per chi ha più di 18 anni di contributi al 1995 il contributivo si applica ai versamenti effettuati dal 2012

7 Cos’è l’isopensione? E’ uno scivolo verso la pensione che possono utilizzare le aziende con più di quindici addetti per gestire il personale in esubero. I dipendenti distanti non più di sette anni dalla pensione di vecchiaia o anticipata smettono di lavorare e ricevono un assegno ponte dall’azienda, chiamato isopensione, fino alla pensione vera e propria. Durante tale periodo il datore di lavoro versa anche i contributi in favore dei dipendenti

8 La pensione viene pagata sempre lo stesso giorno ogni mese? No, è messa in pagamento il primo giorno bancabile, tranne a gennaio in cui viene pagata il secondo giorno bancabile. Dato che gli uffici postali sono aperti di sabato e le banche no, i pensionati possono ricevere l’assegno in giorni diversi, in base all’istituto dove lo si riscuote

9 Ho versato contributi a una Cassa di previdenza dei professionisti. Posso chiedere la pensione in regime di cumulo? La domanda può essere presentata, ma la pensione in cumulo non è ancora operativa, in quanto Casse di previdenza e Inps devono ancora definire alcuni aspetti.

10 Da che età si può chiedere l’Ape sociale? Sono necessari almeno 63 anni. Tale requisito non cambia, anche se l’età minima per la pensione si allontana quale effetto dell’adeguamento alla speranza di vita (come accadrà nel 2019-2020 quando il trattamento di vecchiaia si raggiungerà a 67 anni invece dei 66 anni e 7 mesi sufficienti ora).

I CONTRIBUTI OBBLIGATORI Il sistema previdenziale Italiano è definito a ripartizione, vale a dire che i contributi versati dai lavoratori e dai datori di lavoro consentono di finanziare il sistema e di erogare la pensioni a chi è già pensionato. Il sistema previdenziale contributivo è a capitalizzazione figurativa, per cui la pensione che viene percepita è strettamente connessa al numero ed al valore individuale dei contributi versati durante la vita lavorativa. La contribuzione obbligatoria è costituita dalla percentuale della retribuzione che i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti a versare, sia per la parte a proprio carico sia per la parte a carico dei dipendenti ai quali viene trattenuta mensilmente dalla busta paga.

LAVORATORI DIPENDENTI PRIVATI Per i lavoratori dipendenti privati in genere, la contribuzione è pari al 33% della retribuzione imponibile previdenziale (cioè al netto dei soli trattamenti di famiglia). Questa aliquota è ripartita tra il datore di lavoro e lavoratore nella misura del 23.81% e 9.19%. Differenze notevoli, in più o in meno, sono previste in relazione al settore di attività dell’impresa, al tipo di contratto del lavoratore (es. apprendisti, incremento occupazionale).

LAVORATORI DIPENDENTI PUBBLICI Per questi lavoratori, la contribuzione è pari al 32.65% per gli iscritti alle casse ex Inpdap, CPS, CPI, CPUG, di cui il 23.80% a carico del datore di lavoro e dell’8.85% per i lavoratori. Per gli iscritti alla ex CTPS, l’aliquota è del 33% dicui il 24.20% a carico del datore di lavoro e 8.80% a carico del lavoratore.

LAVORATORI PARASUBORDINATI L’aliquota contributiva nel 2018 per i collaboratori e figure assimilate si alza al 34,23% (33% a titolo di contributo per l’assicurazione IVS, 0,72% per le prestazioni di maternità e malattia e 0,51% per il finanziamento della Dis-coll)

RECUPERO DEI VUOTI ASSICURATIVI Il lavoratore che si accorge, che in determinati periodi della sua vita lavorativa non siano stati versati i contributi non li perde automaticamente. La contribuzione obbligatoria, infatti, si prescrive nell’arco di 5 anni. Naturalmente dovrà documentare l’esistenza del rapporto di lavoro nei periodi scoperti, tanto più che eventuali dichiarazioni rilasciate dal datore “ora per allora” non hanno alcun valore. Passato questo periodo per recuperare un eventuale vuoto assicurativo non resta che utilizzare l’istituto del riscatto.