Colesterolo buono cambia tutto, se HDL è molto può essere fatale

Gli esperti riuniti per il Congresso nazionale della Società italiana di medicina interna (Simi) a Roma hanno discusso dei cosiddetti oligonucleotidi antisenso, farmaci innovativi che combattono il colesterolo e trigliceridi alti come dei piccoli ‘sabotatori’ che vanno a intralciare il metabolismo dei lipidi, impedendo che i livelli nel sangue diventino eccessivi.

Colesterolo ‘buono’, ma non troppo. Uno studio americano presentato al Congresso della Società europea di cardiologia Esc, che si apre oggi a Monaco di Baviera in Germania, smonta il mito del grasso Hdl amico di cuore e arterie.

La scienza ci insegna, che specialmente nel settore medico non esistono verità assolute. Le scoperte nell’ambito scientifico sono lunghe e difficili da verificare e molte volte vengono smentite dagli stessi scienziati aprendo innumerevoli dibattiti in merito.Alzati da tavola con la panza piena all’ottanta.

Il termine Hdl si riferisce alle lipoproteine ad alta densità, considerate protettive (in opposizione a quelle Ldl, lipoproteine a bassa densità) perché hanno la funzione di trasportare il colesterolo dal sangue e dalle pareti arteriose dei vasi al fegato, dove viene poi eliminato dall’organismo.
E’ ben noto che chi presenta bassi livelli di colesterolo Hdl incorre in un rischio maggiore di aterosclerosi e patologie cardiovascolari, ma cosa accade se i livelli sono invece molto alti?

Tradizionalmente i medici hanno detto ai loro pazienti che più ce n’è meglio è. Ma i dati della nostra ricerca e di altre dicono che non è così“, ha spiegato l’autore della ricerca Marc Allard-Ratick, della Emory University School of Medicine di Atlanta.
I ricercatori hanno rilevato che livelli molto alti di Hdl fanno aumentare il rischio di attacchi cardiaci o morte per cause cardiovascolari: quando superano i 60 milligrammi per decilitro di sangue, il pericolo di infarti o decessi cresce del 50% circa rispetto a quando sono compresi fra 41 e 60 mg/dL.

Lo studio statunitense presentato all’Esc 2018, condotto nell’ambito dell’Emory Cardiovascular Biobank, ha analizzato il legame tra i livelli di colesterolo Hdl e rischio di infarto e morte in quasi 6 mila persone (5.965, età media 63 anni, 35% donne), in gran parte cardiopatiche.

I partecipanti sono stati suddivisi in 5 gruppi in base alle concentrazioni di Hdl nel sangue: meno di 30 mg/dL, 31-40 mg/dL; 41-50 mg/dL; 51-60 mg/dL, più di 60 mg/dL.
Durante un follow-up mediano di 4 anni, il 13% degli esaminati (769) ha avuto un attacco di cuore o è morto per cause cardiovascolari.

Il team di esperti ha calcolato che i pazienti con colesterolo Hdl tra 41 e 60 mg/dL erano quelli a rischio minore, mentre le probabilità di infarto/decesso risultavano aumentate sia fra chi aveva livelli bassi di Hdl (sotto ai 41 mg/dL) sia fra chi li aveva molto alti (sopra ai 60 mg/dL). In quest’ultimo gruppo, il pericolo di attacco di cuore o morte cresceva del 50% rispetto ai gruppi 41-60 mg/dL.

Secondo gli autori dello studio, i risultati confermano quanto già rilevato da numerosi studi su ampie popolazioni. Per i cardiologi “potrebbe essere il momento di cambiare la nostra visione del colesterolo buono“. “I nostri risultati sono importanti perché contribuiscono a un numero sempre crescente di prove sul fatto che concentrazioni di colesterolo Hdl molto alte nel sangue potrebbero non essere protettive,” spiega Allard-Ratick. Per lo specialista sono comunque necessarie altre ricerche per far luce sui meccanismi di questo “paradosso”: “Una possibile spiegazione è che il colesterolo Hdl estremamente elevato possa rappresentare un Hdl ‘disfunzionale’ che, invece di proteggere dalle patologie cardiovascolari, le può favorire,” conclude l’esperto.

La dieta per chi ha il colesterolo alto

Chi ha il colesterolo alto deve fare molta attenzione a ciò che mangia e deve dunque seguire alcuni accorgimenti dietetici che sono fondamentali per ridurre o tenere sotto controllo i livelli di colesterolo nel sangue. Deve inoltre tenere sotto controllo il peso. Ecco, nei dettagli, cosa mangiare e cosa, invece, evitare.

1. Bere molto: almeno un litro e mezzo di acqua al giorno.

2. Evitare il consumo di alcol, compresi vino e birra. Mangiare a intervalli regolari e programmare due piccoli spuntini, uno a metà mattina e uno a metà pomeriggio.

3. Non saltare i pasti.

4. Seguire un’alimentazione varia, non mangiare, cioè, sempre gli stessi alimenti, nemmeno quelli più dietetici. Evitare i piatti pronti e i cibi precotti, spesso troppo ricchi di grassi.

5. Non eccedere nei condimenti grassi e/o elaborati, per insaporire le pietanze utilizzare spezie (pepe, peperoncino, zafferano, noce moscata …) e aromi (prezzemolo, basilico, aglio, rosmarino, salvia, menta, alloro …).

6. Non eccedere nel consumo di zucchero e preferire gli alimenti contenenti zuccheri complessi (pasta e pane). Limitare, invece, il consumo di cibi a base di zuccheri semplici (succhi di frutta, bibite zuccherate, biscotti, torte). Per quanto riguarda biscotti e torte, è meglio preparale in casa ed evitare di mangiare quelle confezionate. I prodotti a base di farina integrale sono da preferire. Non associare i latticini con i prodotti integrali (per esempio pane integrale con formaggio).

7. Evitare il pane condito (panini al latte, con lo strutto, con l’olio). Consumare solo pane fatto con farina, acqua, lievito e sale.

8. Prendere l’abitudine di leggere le etichette delle confezioni ed evitare tutti gli alimenti che contengono più di 16 g di grassi per 100 grammi di prodotto.

9. Grassi e condimenti. Tutti i grassi vanno limitati molto. Tra tutti i condimenti quello preferibile è l’olio extravergine d’oliva, soprattutto se consumato a crudo. Da evitare assolutamente burro, margarina, olio di semi vari e strutto. Sì al sugo con pomodoro fresco o con ricotta; il ketchup, la mostarda e la maionese light possono essere usate con moderazione e saltuariamente; vanno invece evitate la maionese normale, i condimenti pronti per le insalate (condire l’insalata con aceto o limone e poco olio extravergine di oliva), le creme ai formaggi.

10. Carni. Scegliere sempre la parte più magra della carne e togliere il grasso visibile. Il pollo va mangiato solo dopo averlo privato della pelle, che va tolta prima della cottura. Da evitare le carni più grasse (oca, anatra, castrato), le frattaglie, la pancetta, zampone, wurstel, cotechino e salsiccia. Bene invece cavallo, petto di pollo e di tacchino, coniglio, vitello, manzo e la parte magra del maiale.

11. Insaccati. Vanno limitati, ma va bene consumare prosciutto crudo (privo del grasso), bresaola e speck. Da evitare, invece, mortadella, coppa e salumi grassi (salame, ventricina eccetera).

12. Prodotti caseari. Sì a latte scremato o parzialmente scremato, ricotta vaccina, scamorza, mozzarella, parmigiano, yogurt magro. No a latte intero, pecorino, asiago, provolone stagionato, gorgonzola, taleggio, caciocavallo, groviera, robiola, panna, mascarpone, yogurt intero.

13. Uova. Non consumare più di due uova a settimana, sode o alla coque. Evitare le uova fritte e le frittate.

14. Pesce. Mangiarlo almeno due volte a settimana, va bene anche quello surgelato. Sì a merluzzo, nasello, sogliola, spigola, trota, seppia, orata, dentice. Il tonno va bene, anche in scatola, a patto che sia al naturale. No, invece, a frutti di mare, molluschi, crostacei, baccalà, stoccafisso, anguilla, salmone e a tutto il pesce più grasso. Meglio evitare anche la zuppa di pesce.

15. Verdura. Consumare una porzione di verdura due volte al giorno, meglio se cruda. Le patate non sono da considerarsi verdura e vanno quindi mangiate in sostituzione del pane o della pasta, soprattutto non bisogna friggerle.

16. Frutta. Consumarne due porzioni al giorno, massimo tre. La frutta va bene e non va evitata, non bisogna però esagerare in quanto, se consumata in quantità eccessiva, fa ingrassare. Limitare il consumo di frutta secca e sciroppata, avocado, banane e uva. Evitare le arachidi.

17. Legumi. I legumi sono un ottimo sostituto della carne e possono essere consumati freddi, in insalata, o come zuppe, anche in associazione a pasta e riso.

18. Dolci. Sì al gelato alla frutta, ma con moderazione e senza aggiungere panna, sì anche ai ghiaccioli e ai budini di latte scremato. Sì, come si è già detto, alle torte fatte in casa, ma senza burro e creme. No a dolci troppi elaborati, merendine, brioche, cornetti. Sì alle marmellate, soprattutto a quelle senza zuccheri aggiunti. Sì, con moderazione, a miele, cacao in polvere e cioccolato fondente. No a crema di cioccolata, cioccolatini farciti, cioccolato con nocciole.

19. Bevande. Ricorda sempre che la risposta alla sete è l’acqua. Vanno bene, comunque, anche tè, caffé, orzo e tisane poco zuccherati (massimo un cucchiaino). No, come si è già detto, alle bibite zuccherate.

20. Metodi di cottura: ai ferri, alla brace, al vapore, alla griglia, al forno (senza grassi e con aggiunta di aromi e limone), al sale, bollito, al limone. No alle fritture e ai soffritti.

Un’altra sostanza che fa del grana padano il migliore tra i suoi competitori è senza dubbio il lattosio, infatti il formaggio, è ricco di calcio, ottimo per tutte quelle donne che si trovano in uno stato di gravidanza e che vogliono restare in forma mettendo in atto una dieta sana e con attività sportiva. Infatti, questo tipo di formaggio a lunga stagionatura e ottimo per un regime dietetico. Infatti, è carente di grassi su 100 g di grana padano i grassi sono appena 28 e oltre la metà sono grassi buoni.

I suoi effetti benefici sono stati illustrati alla XXXI riunione scientifica annuale dell’American Society of Hypertension in concomitanza della Giornata Mondiale contro l’Ipertensione arteriosa. In alternativa il rischio è quello di incappare in seri eventi cardiovascolari. “Questo vuol dire che le famiglie sono più propense a scegliere la qualità Dop rispetto al prezzo, negli esercizi invece il prezzo guida le forniture” ha detto Stefano Berni, direttore generale del Consorzio Grana Padano, a margine della presentazione delle attività dell’Associazione italiana Consorzi Indicazioni Geografiche (Aicig).

Per arrivare a tali conclusioni, i ricercatori hanno condotto lo studio, (in doppio cieco e randomizzato) su 30 adulti affetti da ipertensione. Il Crea (Centro Ricerche Alimenti e Nutrizione), a seguito di alcune analisi effettuate, ha stabilito che in 30 grammi di prodotti si trovano soltanto 32 mg di colesterolo. Assumendo regolarmente Grana Padano DOP, gli ammalati avevano visto ridursi i valori di pressione sistolica e diastolica. Nonostante questi due formaggi siano esteriormente i molto simili per quanto riguarda, geometria della forma, dimensioni e peso, caratterizzati dalla lunga stagionatura e i disciplinari di entrambi i formaggi prevedono che le vacche siano munte due volte al giorno, tra i due si riscontrano anche differenze. Su BMI (l’indice di massa corporea), livelli di lipidi e zuccheri nel sangue non sono state registrate variazioni. “L’aggiunta di un po’ di Grana Padano a una dieta sana può fornire benefici clinicamente significativi nella riduzione della pressione arteriosa”, ha commentato il dottor Crippa. Una delle virtù inaspettate è la sua totale assenza di lattosio, un alimento quindi adatto anche agli intolleranti. L’elevata presenza di calcio lo rende utile per le donne in gravidanza, quelle in menopausa e gli sportivi. Ha poi grandi quantità di un amminoacido denominato leucina, ottimo per le diete ipocaloriche. Alimento a bassissima percentuale di grassi – 28 gr su 100 – di cui oltre la metà vengono considerati buoni.

Contro il colesterolo alto l’alimentazione giusta è l’arma vincente e il Grana Padano DOP scende in campo come valido alleato. Il colesterolo è una molecola di grasso prodotta dall’organismo per svolgere numerose e indispensabili funzioni. Tuttavia, una sua concentrazione eccessiva nel sangue può aumentare il rischio cardiovascolare, mettendo a rischio la nostra salute. In questo caso si parla di colesterolo alto o ipercolesterolemia, un fenomeno che è importante tenere sotto controllo cercando di evitare gli alimenti ricchi di grassi saturi, come ad esempio i formaggi stagionati. Eppure il Grana Padano DOP non è un formaggio come gli altri, perché contiene meno sale e colesterolo di quel che si possa pensare. Scopriamo tutte le sue virtuose proprietà.

Prestate maggiore attenzione al vostro colesterolo, è questo il consiglio degli esperti. Per chi non lo sapesse, il colesterolo altro non è che una molecola presente nel sangue sotto forma di colesterolo buono, ovvero l’HDL e colesterolo cattivo, ovvero l’LDL; il colesterolo viene prodotto dal nostro corpo e svolge una funzione molto importante per il nostro organismo, ovvero quella di contribuire alla formazione ed alla riparazione delle membrane cellulari, agevolando anche in questo modo il passaggio delle sostanze necessarie per lo svolgimento dei processi fisiologici. Purtroppo, come è risaputo da sempre, avere i valori del colesterolo molto alti o comunque superiori al limite ( ipercolesterolemia) rappresenta uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari.I valori ottimali rientrano in 200 milligrammi per decilitro di sangue per il totale, fra i 100 e i 129 mg/dl per quello cattivo (anche se vengono considerati normali livelli uguali o inferiori a 160 mg/dl) mentre quello buono dovrebbe corrispondere a un valore uguale o superiore a 50 mg/dl.

Dunque, secondo quanto riferito dagli esperti, per poter mantenere dei buoni livelli di colesterolo, bisogna seguire un adeguato stile di vita, e seguire anche alcune dritte riguardo l’alimentazione. E’ preferibile, dunque, scegliere pane, pasta e riso integrali, ma anche avena, orzo, farro ed in generale alimenti ricchi di fibre; è anche importante mangiare legumi, dalle 2 alle 4 porzioni a settimana; frutta e verdura non devono mai mancare dall’alimentazione, e soprattutto nell’arco della giornata, perchè forniscono minerali, vitamine ed anche antiossidanti. Gli esperti, consigliano di limitare il consumo della carne, e di aumentare invece quello del pesce, che dovrebbe essere consumato dalle 2 alle 3 volte alla settimana, soprattutto il pesce azzurro.

Riguardo i latticini, è meglio consumare una porzione di latte e yogurt a giorno, mentre per i formaggi è meglio preferire quelli stagionati ma prodotti con latte che nel corso della lavorazione viene scremato. Vanni invece evitati, soprattutto nel caso in cui si soffra di colesterolo, gli insaccati ad elevato tenore di grassi saturi, il latte intero o condensato, le frattaglie, i grassi animali e dunque il burro, il lardo, panna e strutto, la maionese ed i superacolici.

Attenzione al colesterolo soprattutto quello cattivo ovvero l’LDL che come sappiamo può compromettere la salute dell’uomo in modo anche piuttosto grave. Sembra davvero difficile immaginare che una persona con bassi livelli di colesterolo posso andare in contro ad un attacco di cuore nonostante sia un fumatore e proprio a tal riguardo gli esperti sembrano non avere alcun dubbio, visto che il colesterolo LDL sembra essere il più importante fattore di rischio cardiovascolare.

E questo quanto sostanzialmente dichiarato dagli esperti i quali hanno ribadito il concetto nelle linee guida per il trattamento delle dislipidemia ovvero le alterazioni dei grassi nel sangue presentate al congresso della European Society of Cardiology la quale si è tenuta a Roma proprio nei giorni scorsi. Intervenuto nello specifico il presidente della società europea per lo Studio dell’aterosclerosi ovvero Alberico Catapano il quale ha dichiarato: “Le nuove linee-guida sottolineano la necessità, per i pazienti ad alto rischio cardiovascolare, di raggiungere un livello di Ldl di 100 milligrammi per decilitro, livello che si deve abbassare fino a 70 se il rischio è molto alto, come, per esempio, in pazienti che sono già andati incontro a un attacco di cuore”.

Ma cosa bisogna fare dunque per mantenere il colesterolo a dei livelli discreti per non incorrere in problemi di salute? Sicuramente le cose da fare sono innanzitutto due ovvero seguire uno stile di vita sano a partire dalla tavola e fare anche tanta attività fisica, ma questi servono fino ad un certo punto ovvero possono passare nei pazienti a medio basso rischio per cui il valore limite per le LDL e 115 milligrammi per decilitro ma per quanto riguarda gli altri pazienti bisogna ricorrere ai farmaci ovvero alle statine in primo luogo che in alcuni casi non risultano essere sufficienti soprattutto in quei malati che sono affetti da una ipercolesterolemia familiare. Bisogna dunque sostanzialmente evitare che si accumulino nel sangue troppi grassi ma anche smettere di perseguire abitudini sbagliati come ad esempio il fumare il consumare troppo alcol oppure essere troppo sedentari.

Per quanto riguarda l’alimentazione gli esperti consigliano di privilegiare alcuni alimenti che se assunti regolarmente possono tenere a bada il colesterolo; parliamo ad esempio dei cereali integrali in quali evitano i picchi glicemici grazie alla presenza di fibre in grado di ridurre l’assorbimento del colesterolo. È importante inoltre privilegiare quegli alimenti provenienti dal mondo vegetale molto ricchi di fibre e quindi frutta verdura e legumi in particolar modo gli esperti consigliano fragole avocado pomodoro mele ma anche frutta secca soprattutto i pistacchi e le noci.Infine è utile privilegiare anche quei cibi ricchi di omega 3 e non solo regolano i livelli di zucchero nel sangue ma anche del colesterolo; questi acidi grassi e sono presenti in alcuni tipi di pesce ma anche in molti alimenti vegetali come ad esempio i semi di lino e canapa.

“Le nuove linee guida sanciscono che avere un target di colesterolo entro 70-100 è fondamentale, non ci sono più controversie su questo punto – spiega il presidente della Società Italiana di Cardiologia Francesco Romeo -“.

Tradotto in parole povere, gli esperti e cardiologi italiani hanno valutato l’incidenza di patologie coronariche talmente elevata da richiedere unintervento in funzione anti-colesterolo da compiersi molto prima che le norme mediche approvate impongano maggiore attenzione, il che implica la riconversione intera del genere umano in direzione di dieta sana, acidi grassi polinsaturi e attività fisica a prescindere dagli effettivi fattori di rischio individuali. Prima però non doveva mai superare il limite di 190.

Per i casi più difficili, a cominciare da chi ha una ipercolesterolemia familiare, un difetto genetico cioè che alza i valori fin dalla nascita, sono in arrivo gli anticorpi anti PCSK9, farmaci molto costosi ma efficaci dove le altre terapie falliscono. “Nel documento si dice che più basso si va meglio è, e si chiede di dimezzare il livello del colesterolo se è eccessivo, anche andando sotto i limiti“. “L’ipercolesterolemia familiare eterozigote colpisce una persona su 300, mentre quella omozigote una su 300mila”, ha spiegato Marcello Arca, segretario della Società italiana per lo studio dell’aterosclerosi. C’è poi la forma poligenica comune, in cui fattori ambientali, l’alimentazione soprattutto, agiscono in presenza di fattori genetici predisponenti aumentando i livelli di colesterolo.

Il colesterolo è un grasso che svolge diverse funzioni importanti ed essenziali nell’organismo umano. Si tratta di un composto organico appartenente alla famiglia dei lipidi steroidei, coinvolto nella sintesi di componenti indispensabili nel processo di digestione. Il colesterolo inoltre partecipa alla produzione di Vitamina D, utile per la salute delle ossa, dei sali biliari e degli ormoni steroidei, sia maschili che femminili (testosterone ed estrogeni) e favorisce la “costruzione” della parete delle cellule, in particolare del sistema nervoso. Il colesterolo deriva sia dall’alimentazione che dalla sintesi endogena. Come vedremo meglio in seguito, gli alimenti ad alto contenuto di colesterolo sono quelli di origine animale, generalmente ricchi di grassi saturi come uova, burro, carni, salumi, formaggi ed alcuni crostacei. Circa l’80- 90% del colesterolo totale viene prodotto autonomamente dal nostro organismo, soprattutto dal fegato, dal surrene e dalle ghiandole sessuali. Ciò spiega come mai in alcuni soggetti, nonostante un’alimentazione equilibrata e un regolare programma di attività fisica, i livelli di colesterolo permangano elevati. Quando la produzione endogena è fisiologicamente elevata, come in questi casi, si parla di ipercolesterolemia familiare. Qualunque sia la sua origine, l’ipercolesterolemia è caratterizzata da una concentrazione di colesterolo nel sangue (colesterolemia) superiore al valore normale.

Ci viene detto nelle pubblicità in televisione che possiamo ridurre il colesterolo sostituendo certi cibi con altri. Ma è vero? Beh…sì e no. Questo libro spiegherà in maniera esauriente cosa significa tutto ciò. Ti mostrerà anche come puoi diminuire i tuoi livelli di colesterolo e ti dirà qual è il collegamento tra colesterolo e problemi al cuore. Hai bisogno di conoscere queste informazioni, ma da sole non sono sufficienti. Hai anche bisogno di sapere quali sono i miti tra le cose che già sai e perché, in quanto stiamo parlando proprio del tuo cuore. Se ti importa della tua salute e hai, fino ad adesso, riposto la tua fiducia nel campo medico, allora forse hai bisogno di rivedere il tuo approccio all’alimentazione ed aiutare il tuo corpo a produrre la giusta quantità di colesterolo così come mangiare cibi che interrompano la produzione in eccesso di quello che viene comunemente chiamato colesterolo “cattivo”.

Lo sapevi, per esempio, che la circolazione del colesterolo potrebbe essere ostacolata dalla mancanza di attività fisica? Hai bisogno di fare unpo’ di esercizio ogni giorno e non è sufficiente pensare che seguire una particolare dieta risolverà il problema. Le altre cose che peggiorano il livello del colesterolo sono il fumo e l’obesità. E con il mondo pieno di persone obese, è ovvio che ci sarà un incremento di persone che avranno un infarto e/o problemi al cuore come conseguenza diretta di essere sovrappeso.

 Sì, ciò potrebbe accadere per aver mangiato una quantità esagerata di cibo spazzatura, sebbene la mia ricerca dimostra che non è l’unica causa. Le persone non fanno attività fisica oppure la loro attività è troppo poca relativamente confrontata con quanto mangiano. In più fumano e questo non fa altro che peggiorare il problema del colesterolo. Ora esaminiamo il come, perché finché non sei effettivamente davanti ai fatti, puoi credere che sia tutta propaganda per provare a farti smettere di fumare.

Non c’è una cura magica. Non ci sono pillole che puoi prendere per fare andare le cose per il verso giusto. È la tua vita che è in gioco ed è ora di prenderti le tue responsabilità, come ha fatto mio padre, evitando troppi eccessi nelle tue abitudini alimentari, smettendo di fumare ed imparando a fare sufficiente esercizio fisico per mantenere il giusto flusso di sangue nelle vene e nelle arterie.
Particolarmente dannoso è l’eccesso di grasso all’altezza dei fianchi e se stai iniziando a sentirlo lì, è arrivata l’ora di fare qualcosa. Valeva la pena fumare per tutti quegli anni? Il cibo in eccesso, quello che crea peso proprio lì sui fianchi, è stato davvero così ricompensante che vuoi rinunciare alla possibilità di vivere a lungo ed in salute? Ne dubito. Ci vuole tempo per interrompere certe abitudini ma interromperle è molto meglio che dipendere dalla scienza medica per salvarti.

Bene eliminare i fattori di rischio come il fumo di sigaretta e la sedentarietà

«Se osserviamo il problema con un approccio globale ci rendiamo conto che questi fattori sono riconoscibili ed eliminabili, con l’attività fisica, con la riduzione e il controllo del peso, con un’ alimentazione equilibrata povera di grassi, soprattutto cotti e di origine animale, con l’astensione dal fumo di sigaretta, con il controllo e l’eliminazione dello stress prolungato. Ognuno di noi ha un proprio personale profilo di rischio, simile a quello di altri, ma non identico: focalizzare l’attenzione su un singolo fattore, come il colesterolo, è necessario ma può essere fuorviante: così come affidare la salute delle proprie arterie, del cuore e del cervello solo ai farmaci rischia di distogliere l’attenzione dalla necessità di correggere uno stile di vita che dipende da noi, che può essere modificato, che può cambiare in modo significativo la nostra probabilità di evitare o allontanare un infarto, un ictus, un evento da aterosclerosi e trombosi. Quanto prima, tanto meglio», conclude la specialista.

“Abbassare i livelli il più possibile” – “Le nuove linee guida sanciscono che avere un target di colesterolo entro 70-100 è fondamentale, non ci sono più controversie su questo punto”, ha osservato Romeo. Fino ad oggi il colesterolo Ldl non doveva comunque mai superare quota 190. “Nel documento presentato al congresso di Roma si dice che più basso si va meglio è, e si chiede di dimezzare il livello del colesterolo se è eccessivo, anche andando sotto i limiti”, ha sottolineato Alberico Catapano, dell’Università degli Studi di Milano. “Noi diciamo – ha aggiunto – che se hai un limite di 70, perché sei a rischio molto alto, e le tue Ldl sono 100, non ti devi accontentare di 70 ma devi diminuire almeno del 50%, quindi arrivare a 50”.

Alimentazione, statine e farmaci – Alimentazione ed esercizio fisico, spiegano gli esperti, sono il primo intervento per abbassare il colesterolo “cattivo”. In seconda battuta le statine restano una soluzione efficace per molti, mentre per i casi più difficili, a cominciare da chi ha una ipercolesterolemia familiare, un difetto genetico cioè che alza i valori fin dalla nascita, sono in arrivo gli anticorpi anti PCSK9, farmaci molto costosi ma “dalle grandi potenzialità”.

“L’ipercolesterolemia familiare eterozigote colpisce una persona su 300, mentre quella omozigote una su 300mila”, ha spiegato Marcello Arca, segretario della Società italiana per lo studio dell’aterosclerosi. “In queste persone i problemi cardiovascolari si presentano prima rispetto agli altri – ha proseguito -, per effetto dell’esposizione al colesterolo. Studi in corso stanno dimostrando che questi farmaci possono far raggiungere risultati che per ora si ottengono solo con l’aferesi, ripulendo cioè il sangue meccanicamente”.

Il colesterolo cattivo – Il colesterolo Ldl è comunemente definito “cattivo” perché rappresenta un fattore di rischio per la salute cardiovascolare. Alti livelli nel sangue di questa sostanza favoriscono infatti l’aterosclerosi, con conseguente restringimento del canale dei vasi. Il colesterolo cattivo ha un gemello “buono”, il colesterolo Hdl, chiamato lo “spazzino del sangue” perché aiuta a smaltire l’Ldl.

Sono in arrivo nuovi farmaci per il trattamento del colesterolo, e come prevedibile l’attesa per questi farmaci è piuttosto alta. Addio, dunque, ai vecchi farmaci e per eliminare la causa di infarti ed ictus basterà soltanto fare una puntura. I farmaci in questione appartengono alla famiglia di molecole Anti-PCSK9 ovvero un’intera gamma di medicinali che verranno utilizzate come alternativa alle comuni statine e presto verranno commercializzate in Italia, al prezzo più alto di un centinaio di volte.

Queste molecole, nello specifico funzionano quando falliscono le statine, che agiscono contrastando la produzione di colesterolo da parte del fegato. Il colesterolo è vero che si trova in tantissimi alimenti, come il formaggio e gli insaccati ma forse quello che non si sa è che viene prodotto anche dallo stesso organismo a volte per difetti genetici; spesso per contrastare il colesterolo prima viene fornita una dieta e poi vengono prescritte le statine e nel caso in cui i livelli di colesterolo dovessero rimanere sempre troppi alti si fa ricorso a questi nuovi farmaci, ovvero gli anti-PCSK9.

Questi farmaci, altro non sono che anticorpi monoclonali e funzionano perché bloccano un enzima che impedisce all’organismo di eliminare l’Ldl, ovvero il colesterolo cattivo e lo riducono del 50%. Questi farmaci, vengono somministrati per iniezione e non per bocca come nel caso delle statine. «Gli studi dimostrano che questi farmaci hanno un profilo di sicurezza migliore delle statine perché non hanno effetti negativi su muscoli e fegato. Sono farmaci innovativi e molto interessanti, ma ancora da studiare. Per ora non possono essere considerati un’alternativa alle statine, ma un’aggiunta», ha dichiarato Alberico Catapano ovvero il Presidente dell’European Atherosclerosis Society.

Seguire una dieta sana e ipolipidica a base di cibi naturali è la cosa più importante che puoi fare per mantenere i grassi nel sangue a livelli ottimali. L’alimentazione è la chiave della salute più di qualunque altro fattore. Se mangiassi correttamente, non avresti problemi di colesterolo. Gli integratori diventano secondari quando ti attieni a una dieta ipolipidica ricca di cereali integrali e fibre. Un’alimentazione che comprenda cereali integrali, fagioli (di ogni tipo), verdure a foglia verde, ortaggi gialli, frutta locale, zuppe, insalate e pesce (se vuoi) ti consentirà di vivere più a lungo e di avere una qualità della vita assai migliore. Il tuo consumo di grassi dovrebbe essere soltanto il 10-20 per cento del totale. Superare il 20 per cento non ti gioverà. Americani ed europei assumono più del 40 per cento di calorie grasse, soprattutto grassi saturi di origine animale. È il cibo animale che provoca alti livelli di lipidi nel sangue. Gli abitanti delle aree rurali della maggior parte dell’Asia hanno da sempre valori di colesterolo molto bassi, perché mangiano pochissimi grassi animali. Nei loro Paesi, il livello medio è di appena 150 mg/dl, mentre per l’adulto americano è di circa 240 mg/dl. È questo il motivo principale dell’estrema diffusione di CPC in America.

La scienza alla base di un’alimentazione sanaQuanti studi scientifici dimostrano che una dieta ipolipidica a base di carboidrati complessi funziona davvero? Moltissimi, e ne esamineremo brevemente alcuni. All’Istituto di scienze biomediche di Taiwan (American Journal of Clinical Nutrition, 1993,), vennero studiati giovani vegetariani d’ambo i sessi. La loro alimentazione era costituita per il 63 per cento da carboidrati complessi. Avevano livelli notevolmente più bassi di colesterolo e trigliceridi. Anche gli altri parametri ematici, come acido urico, fibrinogeno e antitrombina erano eccellenti. Ma non devi essere completamente vegetariano per ottenere questi vantaggi per la tua salute.

Un altro studio, anch’esso pubblicato nell’American Journal of Clinical Nutrition (2006,), venne condotto presso l’Università di Harvard. I ricercatori dichiararono esplicitamente: “In base all’osservazione scientifica, il consumo di cereali integrali è inversamente proporzionale al rischio di diabete e cardiopatie ischemiche”. Essi scoprirono che le persone che consumavano soprattutto cereali integrali presentavano valori più bassi di colesterolo, trigliceridi, glicemia, omocisteina, proteina C reattiva e insulina. La loro conclusione fu: “I risultati indicano un minor rischio di diabete e cardiopatie negli individui che seguono una dieta ricca di cereali integrali”. All’Università di Otago, in Nuova Zelanda (European Journal of Clinical Nutrition, 1998), vennero formati due gruppi di uomini giovani e sani: a un gruppo fu somministrata una tipica alimentazione occidentale a elevato contenuto di grassi, all’altro una dieta ipolipidica a base di carboidrati complessi forniti da cereali, verdura, legumi e frutta.

I membri del secondo gruppo persero peso e sperimentarono un calo dei livelli di colesterolo e LDL, e un aumento dei valori di HDL, tutto in appena sei settimane. Era stata loro offerta la possibilità di scegliere tra una serie di alimenti naturali. In Norvegia venne condotto uno studio, riportato nell’European Journal of Nutrition (2001,) e riguardante la mortalità per cause generali, su 33.848 persone d’ambo i sessi (di età compresa fra trentacinque e cinquantasei anni). I norvegesi hanno una tradizione alimentare a base di cereali integrali, specialmente pane, e mangiano molto più degli americani. Quanto più alto era il loro consumo di cereali integrali, tanto minore era il numero di malattie di qualunque genere di cui soffrivano e tanto più a lungo vivevano. Avevano livelli di colesterolo e pressione sanguigna più bassi, nonché un minor tasso di cardiopatie coronariche e mortalità dovuta a cancro o ad altre cause. Consumare cereali integrali significa vivere un’esistenza migliore e più lunga.

Un terzo studio pubblicato nell’European Journal of Nutrition (2003, vol. 42) rivelò che i vegetariani hanno livelli di acido urico considerevolmente più bassi. È importante evitare che aumentino. Il consumo di cibi animali, di qualunque tipo, è la vera causa dell’eccesso di acido urico. Alcuni tipi di pesce, legumi e altri alimenti sani sono ricchi di purine, ma non ne
innalzano i valori. Alti livelli di acido urico sono dovuti unicamente a cibi di origine animale. Questa è anche una delle cause di fondo dei calcoli renali, di cui finisce per soffrire il 10 per cento degli americani. Presso l’Università di Auckland (Diabetes Research, 2004), a un campione di individui venne data la possibilità di consumare tutti i cibi naturali ipolipidici che desideravano. Essi persero peso e sperimentarono valori più bassi di colesterolo, LDL, glicemia e pressione sanguigna senza fare esercizio fisico o apportare cambiamenti nel loro stile di vita. Più mangiavano quegli alimenti salutari, maggiori erano i benefici che ottenevano.

Avevano semplicemente fatto migliori scelte alimentari e consumavano meno grassi. L’Università di Harvard finanziò il Nurse’s Health Study e condusse un follow-up per molti anni. Il Journal of the American Medical Association (28 settembre 2000) riportò le quantità di cereali integrali consumate dai 75.251 partecipanti. Le donne che mangiavano appena due o tre fette di pane integrale presentavano un’incidenza di ictus ischemico (la forma più comune) inferiore anche del 40 per cento rispetto a quelle che non consumavano cereali integrali. Quanto maggiore era il consumo, tanto minore era l’incidenza di ictus. Lo studio prosegue ormai da oltre vent’anni. L’ictus costituisce la terza principale causa di morte negli Stati Uniti e colpisce uomini e donne in egual misura. Il Physician’s Health Study, condotto su 21.376 medici (Archives of Internal Medicine, 2007), scoprì che a un maggior consumo di cereali integrali nella prima colazione corrispondeva una minore incidenza di cardiopatie, ipertensioni, ictus, diabete e obesità. “I dati in nostro possesso dimostrano che un maggiore apporto di cereali integrali nella prima colazione è associato a un minore rischio di insufficienza cardiaca”.

Presso l’USDA Human Nutrition Research Center (Journal of the American College of Nutrition, 2004, vol. 23), a uomini con il colesterolo alto venne somministrata una dieta a base di cereali integrali, inclusi riso non brillato, grano e orzo. In appena due settimane, il colesterolo totale diminuì del 20 per cento, l’LDL del 24 per cento e i trigliceridi del 16 per cento, mentre l’HDL aumentò del 18 per cento. Studi come questo mostrano fino a che punto l’alimentazione riduca il contenuto di lipidi nel sangue senza altri cambiamenti nello stile di vita. Sarebbe sufficiente aggiungere qualche integratore di provata efficacia, esercizio fisico e un equilibrio ormonale naturale per ottenere risultati ancor più straordinari. Dean Ornish (Lancet, 1990, vol. 336) riuscì in meno di un anno a invertire in alcune persone il processo ostruttivo delle arterie semplicemente con una dieta vegetariana ipolipidica, un risultato ritenuto impossibile dal punto di vista medico. I pazienti avevano consumato alimenti naturali integrali senza apportare ulteriori cambiamenti allo stile di vita. Dean svolge parecchio lavoro in questo campo e ha scritto diversi libri sull’alimentazione naturale.

Le Origini

La storia narra che il formaggio grana della Pianura Padana nacque nel 1135 nell’abbazia di Chiara- valle, pochi chilometri a sud di Milano. Veniva prodotto in apposite caldaie all’interno di monasteri, che possono essere considerati i primi caseifici. I monaci lo chiamarono caseus vetus, formaggio vecchio.
Il popolo, che non aveva dimestichezza con il latino, gli diede un altro nome, derivato dalla particolarità della pasta, compatta ma granulosa. Così nacque il nome di formaggio di grana o più semplicemente grana. I grana più citati sono il lodesano o lodigiano, considerato da molti il più antico, il milanese, il parmigiano, il piacentino ed il mantovano.
La svolta
Il momento di svolta nella produzione dei formaggi è datato 1951. A Stresa, nel giugno di quell’anno, tecnici e operatori caseari europei siglarono una “Convenzione”, nella quale fissarono norme precise in tema di denominazione dei formaggi e indicazioni sulle loro caratteristiche. In quella occasione vennero distinti il formaggio “di Grana Lodigiano”, che poi è divenuto il “Grana Padano”, e il “Parmigiano-Reggiano”.
Si dovette però attendere il 10 aprile 1954, perché l’Italia stabilisse alcune norme sulla “Tutela delle Denominazioni di origine e tipiche dei formaggi”.
Il Decreto del Presidente della Repubblica
Il 30 ottobre 1955 fu emanato il Decreto del Presidente della Repubblica n.1269 sul “Riconoscimento delle denominazioni circa i metodi di lavorazione, caratteristiche merceologiche e zone di produzione dei formaggi”, compreso il Grana Padano

IL RICONOSCIMENTO DELLA DOP
Nel 1996 il GRANA PADANO ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta da parte dell’Unione Europea. A seguito del mutato regime conseguenza di detto riconoscimento, le funzioni di controllo – che consistono nella verifica della sussistenza delle condizioni stabilite dal Disciplinare di produzione affinché il prodotto abbia diritto all’apposizione del marchio a fuoco romboidale, distintivo della Denominazione di Origine Protetta GRANA PADANO – sono oggi esercitate, su designazione del Consorzio e autorizzazione del Ministero per le Politiche Agricole, dalla CSQA Certificazioni Srl, con sede in Thiene (VI).

LE FASI DI LAVORAZIONE
La ricetta del Grana Padano DOP

Il Grana Padano DOP si produce esclusivamente con latte crudo, proveniente dalla zona di produzione, parzialmente decremato per affioramento naturale, munto non più di due volte al giorno da bovine alimentate secondo regole precise e lavorato esclusivamente in caldaie in rame o con rivestimento interno in rame a forma di campana rovesciata, da ognuna delle quali si ricavano due forme.
Al latte in caldaia viene aggiunto il siero innesto naturale, viene poi riscaldato a una temperatura di 31-33 C° e addizionato di caglio di vitello per la coagulazione. Si procede con la rottura della cagliata con lo spino e alla successiva cottura sotto agitazione fino ad una temperatura di 53 – 56 C°.
La massa caseosa si deposita sul fondo della caldaia ed è lasciata riposare fino ad un massimo di 70 minuti, perché rassodi e spurghi il siero. Infine gli operatori, con una pala in legno ed un telo (“schiavino”), la sollevano all’interno della caldaia e la tagliano in due parti uguali, le “forme gemelle”. Ognuna di esse è avvolta in un telo di lino, estratta dalla caldaia e posta sullo spersore.
Marchio di riconoscimento
A questo punto ogni nuova forma è racchiusa in una “fascera”, un tempo di legno ed oggi di idoneo materiale plastico, tenuta ben stretta e leggermente pressata da un disco dello stesso materiale. Dopo circa 12 ore dalla “messa in forma”, tra la “fascera” e la parte laterale della forma (lo scalzo), è inserita un’altra fascia di plastica, ,la fascera marchiante, con in rilievo i marchi di origine: il quadrifoglio con impresso il numero di matricola del caseificio, la sigla della provincia e il mese e l’anno di produzione, e le piccole losanghe romboidali tratteggiate che riportano al loro interno alternativamente le parole “GRANA” e “PADANO”.
Stagionatura dai 9 a Oltre 20 mesi
Dopo circa 24 ore si sostituisce la fascera con una di acciaio, costellata di piccoli fori e leggermente bombata, che in un giorno circa dà al formaggio la definitiva forma caratteristica: scalzo convesso e piatti piani. A quel punto, è pronto per la salatura, immerso in una soluzione di acqua e sale per un periodo che varia dai 14 ai 30 giorni. Dopo l’asciugatura in un locale adatto detto camera calda o locale di stufatura, inizia la stagionatura, da un minimo di 9 a oltre 20 mesi, in ambienti ben coibentati, con moderni sistemi di controllo della temperatura, dell’umidità e dell’aerazione.
Durante il lungo periodo della stagionatura, il Grana Padano subisce una serie di mutamenti chimico-fisici, e microbiologici che si riflettono sulle sue caratteristiche organolettiche.
In questi mesi le forme vengono curate, pulite e girate ogni 15 giorni circa. Queste operazioni un tempo completamente manuali, oggi sono assicurate da macchine spazzolatrici e rivoltatrici robotizzate.

IL MARCHIO A FUOCO

Controlli e verifiche
Al nono mese le forme di Grana Padano sono esaminate con i tradizionali strumenti di controllo – il martelletto, l’ago e la sonda.
Se superano tutte le prove, ricevono il marchio a fuoco, che garantisce la qualità “sana, leale e mercantile” del Grana Padano DOP; ad apporlo sulle forme sono i tecnici dei caseifici, sotto l’occhio dei funzionari del Consorzio di Tutela e su disposizione dell’ente certificatore (CSQA).
La riproduzione del marchio deve comparire su tutte le confezioni di grattugiato e di porzionato, garantendo così il consumatore che il formaggio contenuto può legittimamente fregiarsi della DOP “Grana Padano”.
Senza questo marchio, il formaggio non può essere denominato né commercializzato come Grana Padano DOP.
Le forme che recano i marchi di origine “Grana Padano”, ma al controllo finale non risultano conformi ai requisiti necessari, vengono sottoposte alla cancellazione dei suddetti marchi mediante “retinatura”, cioè ricoperte da segni che mascherano rombi e quadrifoglio che identificano come Grana Padano un formaggio che non lo è diventato.

UN ALIMENTO AD ALTO VALORE NUTRIZIONALE
Tutti conoscono l’importanza nutrizionale del latte nell’alimentazione umana. Non tutti sanno però che il Grana Padano DOP è un concentrato di nutrienti del latte; infatti ne occorrono 15 litri proveniente solo dal territorio della DOP, per lo più nella Valle Padana per ottenere un chilo di questo prezioso formaggio. La maggior parte di tutti i macro e micronutrienti del latte ad esclusione del lattosio e delle siero proteine sono presenti nel Grana Padano DOP che può quindi essere inserito nella dieta delle persone intolleranti a questo zucchero.
Grassi
Il latte per fare Grana Padano DOP viene parzialmente decremato per affioramento naturale durante la lavorazione e quindi i grassi si riducono in media a 28 g su 100 di formaggio: i grassi saturi sono circa il 68% e il 32% sono insaturi, tra i quali il 28% monoinsaturi e il 4% polinsaturi che unitamente all’11% di acidi grassi saturi a corta catena rappresentano i grassi detti anche “grassi buoni”. I dati INRAN indicano che mangiando 25 g di Grana Padano (98 kcal) in scaglie o grattugiato (un cucchiaio da cucina equivale a 10 g) si assumono 27,25 mg di colesterolo, valore rispettabile considerando che la S.I.S.A. (Società Italiana Scienza Alimentazione) ha determinato che il colesterolo massimo ad esempio che può essere assunto giornalmente in una dieta di 1600 kcal è di 201 mg.
Proteine
In 100 g di Grana Padano DOP ci sono mediamente 33 g di proteine, in gran parte ad alto valore biologico, rappresentate da 8 aminoacidi essenziali di cui il 18% ramificati; sono detti essenziali perché il nostro organismo non li può sintetizzare ma solo assumere dagli alimenti. Le proteine sono indispensabili in tutte le fasi della vita; quelle del latte vaccino, come quelle presenti nel Grana Padano DOP, possono essere assunte in piccole quantità anche durante lo svezzamento: per esempio, per insaporire pappe o passati di verdura al posto del sale si può utilizzare un cucchiaino (5g) di Grana Padano DOP grattugiato, in questo modo, oltre alle proteine, il bambino assumerà anche sali minerali tra cui il calcio e le vitamine.
Minerali
Il Grana Padano DOP, essendo un concentrato del latte, è ricchissimo di minerali come il calcio, apporta ottime quantità di fosforo, zinco, rame ed è fonte di selenio, iodio e magnesio. Secondo le tabelle di composizione degli alimenti INRAN, in 100 g di Grana Padano DOP troviamo ben 1165 mg di calcio, una quantità elevata raramente riscontrabile tra tutti gli alimenti maggiormente consumati dalla popolazione italiana.
Vitamine
Le vitamine contenute nel latte e concentrate nel Grana Padano DOP sono molto importanti per la corretta alimentazione, per quantità la vitamina A e quelle del gruppo B sono le più significative.
Il Grana Padano DOP è un ottimo alimento per un’equilibrata alimentazione.
Nell’equilibrata alimentazione occorre tenere conto del rapporto tra calorie e nutrienti dell’alimento, evitando di assumere quelli che forniscono solo calorie “vuote”, come nell’alcol. Una porzione di Grana Padano DOP che l’INRAN valuta in 50 grammi come secondo, da consumare al posto di carne o 2 uova, pur apportando 196 calorie, contiene una quantità di nutrienti importanti, difficilmente riscontrabili in altri alimenti a parità di calorie. Una porzione di Grana Padano DOP fornisce una quantità e qualità di macro e micronutrienti che contribuiscono significativamente, al raggiungimento giornaliero dei LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti) della SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana). Per tutte le ragioni esposte, il formaggio Grana Padano DOP è da considerarsi un ottimo alimento da inserire in una variata, corretta ed equilibrata alimentazione quotidiana.

IL PIACERE ‘SI FA IN TRE’

Grana Padano stagionato da 9 a 16 mesi
Stagionato dai 9 ai 16 mesi, è il formaggio da pasto per eccellenza con un gusto nel complesso dolce, delicato, che ricorda il latte e con una pasta compatta di color paglierino chiaro che non presenta ancora la tipica struttura “a grana”. Ideale per accompagnare un aperitivo, a scaglie in una insalata fresca o per completare un carpaccio. Si presta per la realizzazione di salse e creme.
Questa stagionatura di Grana Padano si abbina perfettamente a vini bianchi giovani, freschi e fruttati.

Grana Padano stagionato oltre 16 mesi
Dal color paglierino leggermente più intenso, il Grana Padano stagionato oltre 16 mesi presenta già la tipica struttura granulosa della pasta, l’inizio della formazione dei “cristalli di calcio lattato” e la frattura a scaglia. Ha un gusto saporito e pronunciato, ma mai piccante. E’ un prodotto versatile, particolarmente adatto alla grattugia ma anche a un consumo da pasto. Ottimo per preparazioni calde quali flan, soufflè e tortini di verdure; per la mantecatura di paste, risotti e minestre.
Si abbina molto bene con vini rossi dalla moderata intensità e corposità, ancora giovani e freschi.

Grana Padano “Riserva” Oltre 20 mesi

Stagionato per almeno 20 mesi, il Grana Padano Riserva presenta una pasta a “grana” particolarmente evidente e un colore paglierino intenso e omogeneo. Il Grana Padano Riserva grazie alla lunga stagionatura, ha un sapore sempre più ricco e pieno, senza tuttavia risultare mai aggressivo. Protagonista assoluto della tavola, sia grattugiato che come formaggio da pasto, è perfetto anche servito con noci, frutta e mostarde.
Questo tipo di stagionatura si può abbinare a vini rossi morbidi, ma tannici, con un buon contenuto di alcool. Perfetto l’abbinamento anche con vini dolci da dessert e interessante quello con le riserve di vini prodotti con metodo classico.

Antipertensivo naturale al grana padano. Il formaggio italiano avrebbe delle proprietà antipertensive simili a quelle di alcuni farmaci. La scoperta e stata presentata questa settimana a New York nel corso del convegno annuale dell’American Society of Hypertension.

Mangiare formaggio italiano grattugiato sulla vostra pasta, non donerebbe solo più gusto e sapore a un piatto di pasta o ad altre numerose ricette della cucina nostrana, ma potrebbe ridurre la pressione sanguigna. La scoperta è stata presentata da Giuseppe Crippa, direttore dell’Unità Operativa di Ipertensione presso l’Ospedale Saliceto e dall’Università Cattolica di Piacenza. I ricercatori hanno dimostrato che mangiare 30 grammi al giorno di Grana Padano Dop aiutano a tenere sotto controllo la pressione alta. «L’effetto anti-ipertensivo è paragonabile a quello di certi farmaci, come Ace-inibitori e sartani, dice Giuseppe Crippa, direttore dell’unità operativa.
Il merito sarebbe di frammenti proteici chiamati tripeptidi che si sviluppano nella fermentazione del latte a opera del batterio Lactobacillus helveticus. «Si è visto che i tripeptidi inibiscono l’enzima di conversione dell’angiotensina, che agisce sulla pressione arteriosa», prosegue Crippa.
La massima concentrazione di tripeptidi si raggiunge quando il formaggio ha 9-12 mesi di stagionatura, età in cui il Grana Padano riceve la Denominazione di origine protetta (Dop), per poi diminuire in seguito a un ulteriore invecchiamento.
Il grana padano sembrerebbe dunque contenere alleati preziosi per la salute cardiovascolare. Ma che fare con il sale e i grassi, componenti tipici del formaggio, che non sono certo i nutrienti più raccomandati per una sana alimentazione? «Contrariamente a quanto si pensi, grana e parmigiano ne contengono pochissimo», puntualizza Crippa. «Per fare un confronto, tre grammi di sale da cucina corrispondono a 1.200 milligrammi di sodio, mentre 10 grammi di parmigiano ne contengono 45.
Quello che dà sapore è l’acido glutammico, un esaltatore del gusto». Il consiglio? Sfrutta il grana per ridurre il sale nei tuoi piatti. Per esempio, evita di salare l’acqua di cottura o le verdure, e spolvera invece un cucchiaio di formaggio grattugiato. Così fai felice il palato, senza attentare a cuore e arterie.
Poi, a differenza della maggior parte dei formaggi, grana e parmigiano sono accompagnati da pochi grassi. «Per oltre il 40% si tratta di grassi insaturi, cioè utili all’organismo», «Questo perché, nel processo di produzione, il latte fresco viene decremato, cioè scaldato a 40 gradi in modo da eliminare la componente grassa che affiora in superficie, usata poi per fare il burro».
Il Dr Giuseppe Crippa, ha presentato i suoi risultati a New York, nel corso del convegno annuale dell’American Society of Hypertension. Le conclusioni dello studio sono state esposte dopo che gli esperti della Northumbria University di Newcastle, hanno pubblicato la scorsa settimana che le persone che bevono 60 millilitri di succo concentrato di ciliegie, diluiti in acqua, si vedono abbassare la pressione del 7 per cento in sole tre ore.
Abbastanza per ridurre il rischio di infarto del 38 per cento e quello di patologie cardiache del 23 per cento. Per lo “Sportello dei Diritti” la pressione alta è uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare, problemi ai reni, infarto e demenza. Ma questo studio apre nuove prospettive per una cura naturale dell’ipertensione.